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La leadership e l’Horror Rationis
Stento a considerare discutibile l'affermazione che noi tutti, in quanto società e individui, si possa trarre beneficio dal miglioramento dei modi con i quali ci relazioniamo e affrontiamo alcuni dei problemi più difficili della vita lato sensu.
Noi tutti, dai cittadini comuni ai leader mondiali, lottiamo per sviluppare soluzioni creative e funzionali ai problemi e alle questioni più pressanti. Non che le nostre basi biologiche limbico/emotive debbano essere ignorate o, ancora più scioccamente, disconosciute; si tratta solo di non mortificare l’altrettanto fondamentale cifra evolutiva, che caratterizza filogeneticamente gli esseri umani: la razionalità. Eppure, parlare di leadership razionale è diventato un vero e proprio tabù, qualcosa che relega ai margini del pensiero mainstream e quindi…tra gli irrazionali. Il risultato? Si moltiplicano le metodologie che dovrebbero valorizzare la componente emotivo/empatica nella leadership, ma, in pratica, nelle aziende non cambia nulla. Il massimo risultato che si è ottenuto è che un CEO non possa più fare a meno di avere un Leadership Team o un Management Team, ma, usciti dalla sala riunioni, si riprende a fare i “capi”. Ma, torniamo al tema della razionalità. Non è la mancanza di ragionamento a caratterizzare la maggior parte di questi scenari, ma piuttosto un’incompleta analisi della situazione. In genere, decisioni sbagliate o altri errori sono il risultato di un pensiero imperfetto o incompleto, non dell'assenza di pensiero. Io sostengo l’importanza di un pensiero razionale, e la frase non è una ridondanza. Contrariamente all'opinione comune, non tutto il pensiero è razionale, almeno per come lo definiamo noi.
Il pensiero razionale è la capacità di considerare le variabili rilevanti di una situazione e di selezionare, organizzare e analizzare le informazioni disponibili (ad esempio, fatti, opinioni, giudizi e dati) per arrivare a una solida conclusione. Mi scuso per la citazione che segue, ma in questo caso è fondamentale. Sternberg (Successful Intelligence 1996) definisce l’intelligenza una “mental activity directed toward purposive adaptation to, selection and shaping of, real-world environments relevant to one's life" (è l'attività mentale diretta all'adattamento mirato, alla selezione e alla trasformazione degli ambienti del mondo reale rilevanti per la propria vita). In un altro punto, Sternberg aggiunge: “Successful intelligence as I view it involves analytical, creative, and practical aspects. The analytic aspect is used to solve problems, the creative aspect to decide what problems to solve, and the practical aspect to make solutions effective.” (L'intelligenza di successo, per come la vedo io, comporta aspetti analitici, creativi e pratici. L'aspetto analitico è usato per risolvere i problemi, l'aspetto creativo per decidere quali problemi risolvere e l'aspetto pratico per rendere efficaci le soluzioni). Il libro di Stenberg era centrato su aspetti più strettamente pedagogici, ma non potrebbe riconoscersi nelle descrizioni anche l’attività di un (vero) leader? La mia attenzione non è indirizzata sugli aspetti speculativi del “pensiero” e del “pensare”, ma si concentra sulla necessità di applicare il pensiero (cioè di usare il pensiero come precursore dell'azione). Il pensiero razionale ci aiuta a giungere a una conclusione per poter fare qualcosa (cioè, intraprendere un'azione razionale).
Molto di ciò che facciamo nella vita di tutti i giorni implica un processo, una serie di passi razionali, praticabili e ripetibili che possono essere eseguiti per raggiungere l'obiettivo desiderato. Per esempio, abbiamo un processo per cuocere una torta, per scrivere un articolo e cambiare una gomma. Ogni processo richiede degli input per produrre un certo output.
Una conclusione sensata (output) richiede input di alta qualità (ad esempio, informazioni accurate e la possibilità di accedere alle persone giuste) e un processo di pensiero in grado di garantire un elevato livello di accuratezza. Concentrarsi sugli input non è sufficiente a garantire il successo; dobbiamo dare la stessa attenzione al processo o a ciò che facciamo con gli input (come li raccogliamo, li organizziamo e li analizziamo).
È necessario un processo di pensiero razionale. Ma quando abbiamo imparato a pensare razionalmente? La maggior parte delle persone non può citare un momento preciso. In genere, si impara attraverso l'osmosi o l'esperienza. Se si chiede alla maggior parte delle persone quali siano i passi che compiono mentre pensano, non sono in grado di esprimerli. Conseguentemente, non sono in grado di giudicare il proprio processo di pensiero e non sono in grado di insegnarlo agli altri. Myers in “Analytical Thought Experiments” del 1986 usa un'analogia per mostrare questa difficoltà:
“When we see a juggler effortlessly tossing oranges in the air, we fail to appreciate the first stumbling efforts and the hours of practice that laid the groundwork for that proficiency. The same holds true for expert critical thinkers. All experts started as novices—struggling with basic concepts, questions, and issues—as they developed the thought processes that would help them make sense of things. The problem is that by the time they have achieved their expertise, many of those thought processes have become so automatic, internalized, and implicit that the experts have difficulty explaining explicitly how they think.”
(Quando vediamo un giocoliere che lancia in aria senza sforzo le arance, non riusciamo ad apprezzare i primi goffi sforzi e le ore di pratica che hanno gettato le basi per questa abilità. Lo stesso vale per gli esperti pensatori critici. Tutti gli esperti hanno iniziato come novizi - lottando con i concetti di base, le domande e i problemi - mentre sviluppavano i processi di pensiero che li aiutavano a dare un senso alle cose. Il problema è che quando hanno raggiunto la loro competenza, molti di questi processi di pensiero sono diventati così automatici, interiorizzati e impliciti che gli esperti hanno difficoltà a spiegare esplicitamente come pensano.) Se consideriamo il pensiero razionale come un processo - una serie di passi definibili, attuabili e ripetibili, che producono una conclusione sensata - possiamo trarne molti benefici anche e soprattutto nello studio della leadership.
Ecco alcuni di questi:
Rendere “visibile” il pensiero. A meno che non sappiamo come qualcuno sia arrivato a una conclusione, possiamo criticare solo la sua conclusione. Ma, se spezziamo il processo di pensiero in singole fasi e lo rendiamo “visibile”, siamo in grado di criticare meglio sia il nostro processo di pensiero che quello degli altri. Se tutto ciò che conta è la risposta (l’esito finale), il lavoro (o il processo) è irrilevante. Questo è uno dei cardini del valore di un lavoro di squadra. Se un leader vuole ottenere il massimo dai propri processi razionali deve condividerli con gli altri, deve rendere razionale il percorso razionale che ha compiuto, per sottoporlo alla critica razionale dei suoi collaboratori.
Aiutare se stessi e gli altri ad apprendere una nuova abilità. Un esempio di apprendimento di una nuova abilità potrebbe essere imparare a servire una pallina da tennis (ogni riferimento a Gallwey non è casuale). Quando gli allenatori insegnano a qualcuno come servire, di solito suddividono il processo in una serie di passaggi che riguardano elementi come il posizionamento dei piedi, il lancio della palla e lo spostamento della racchetta. Ognuna di queste abilità può essere esaminata e praticata indipendentemente dalle altre, successivamente in combinazione. Quando ogni elemento è applicato correttamente in concerto con gli altri, il processo di servire una pallina da tennis è completo. Lo stesso processo vale per il pensiero. Come nell'apprendimento di un'abilità, possiamo suddividere la soluzione dei problemi in singoli passi che mettiamo in pratica. In questo modo, ogni leader può migliorare il proprio modo di pensare e aiutare gli altri a migliorare il loro.
Ridurre la fiducia nell'esperienza o nell’istinto. Questo è il punto sul quale, di solito, raccolgo i maggiori dissensi. L'esperienza è un insegnante potente, ma in un mondo in rapido cambiamento ha i suoi limiti. Ciò che già conosciamo diventa troppo presto obsoleto per affidarci solo alla conoscenza o all'esperienza. Spesso pensiamo di aver già visto una particolare situazione in precedenza e, quindi, arriviamo a una conclusione simile. Ma, un esame più attento può rivelare più differenze tra le situazioni di quanto non ci fossimo inizialmente resi conto. Le vecchie soluzioni non sempre si applicano alle nuove situazioni. In assenza di un modo più convincente per giungere a una conclusione, a volte torniamo a "sentire l'istinto". I leader e le loro squadre sono spesso chiamati a lavorare insieme per trovare una soluzione o raggiungere una decisione. Non tutti, tuttavia, hanno avuto le stesse esperienze. Le fasi del processo di pensiero razionale aiutano a chiarire le diverse opinioni e a considerare le variabili e le informazioni rilevanti per decidere.
Applicare il processo in situazioni nuove o sconosciute. Se abbiamo un processo per pensare, siamo in grado di ripetere questo processo in altre situazioni. Se non siamo consapevoli di ciò che facciamo o di come lo facciamo, abbiamo meno probabilità di replicare i nostri successi. Ma, se siamo consapevoli di un processo di pensiero razionale, possiamo massimizzare le nostre possibilità apportando consapevolmente gli aggiustamenti necessari per mettere sempre meglio a punto gli elementi chiave del nostro pensiero razionale. Poiché il processo di pensiero razionale rimane lo stesso - indipendente dal contenuto che una situazione richiede - possiamo applicare il processo a qualsiasi situazione, anche se il contenuto della situazione può essere totalmente diverso o nuovo. Il pensiero razionale ci permette di prendere decisioni in situazioni nuove o sconosciute, fornendo i passaggi che ci aiutano a raccogliere ed elaborare le informazioni necessarie.
Inquadrare il pensiero razionale come un processo ha altri vantaggi. Uno di questi vantaggi diventa evidente quando le persone devono lavorare insieme in una situazione problematica. I leader raramente si trovano di fronte a un problema per il quale solo loro hanno tutte le informazioni e le risposte necessarie, essi devono imparare a lavorare con gli altri su questioni e problemi che possono solo essere risolti da un lavoro di squadra. Anche se una situazione o una circostanza non richiede il coinvolgimento dei propri collaboratori, è fondamentale coinvolgerli.
- In primo luogo, il coinvolgimento effettivo di altre persone aumenta di solito la qualità dell'output o della della decisione che si raggiunge. Se si sollecita l'input (le idee e le critiche degli altri), di solito si produce un risultato finale che è migliore di quello che si ottiene lavorando da soli.
- In secondo luogo, di solito si crea un maggiore impegno collettivo per la soluzione. Questo impegno è particolarmente importante quando il successo dell'implementazione dipende dagli tutti (change management, ecc.). In un’organizzazione raramente si prende una decisione che non influisce sugli altri. un leader che coinvolga efficacemente i propri collaboratori nella soluzione del problema, aumentano la loro accettazione della soluzione e la loro disponibilità ad implementarla.
I leader, in teoria riconoscono il valore del coinvolgimento degli altri nel processo decisionale e nella risoluzione dei problemi, ma, spesso, si sottraggono a tale coinvolgimento perché hanno paura dei potenziali conflitti o delle derive emotive, che rallenterebbero il processo decisionale. Un processo di pensiero razionale aiuta a canalizzare quell'emozione e ad usarla in modo più efficace. L'uso di un processo razionale evita che le discussioni diventino sempre più astratte, per potersi concentrare sui punti in questione, permettendo ai membri del team di sapere esattamente dove si trovano, cosa hanno realizzato, su cosa stanno lavorando e cosa dovrebbero fare in seguito.