Giuseppe Andò

Founder Starter

Il leader razionale tra vision e mission

2019-10-02 08:09:43

Un C-Officer o un executive hanno il dovere di interpretare e rappresentare la vision e la mission della loro azienda. Per questi livelli gerarchici, vision e mission vanno presidiate e protette e non solo considerate un orpello ornamentale per brochure e poster da appendere al muro.

Non è infrequente trovare frasi (statements) che descrivono la vision e che, in realtà, sono inquadrabili nella mission di un’azienda e viceversa. Ma qual è la differenza tra visionmission?

La vision risponde a queste domande:

  • come ci immaginiamo l’azienda nel futuro?
  • Cosa speriamo o sogniamo di realizzare con la nostra attività?
  • Quale problema avremo risolto nel futuro, che sia di interesse generale?
  • Chi o cosa ci ispira a lavorare per portare un cambiamento?

La mission risponde alle seguenti domande:

  • perché la nostra azienda esiste?
  • Cosa facciamo?
  • Per quali clienti?
  • E come serviamo questi clienti?

La mission è l’espressione del presente, di ciò che vogliamo essere e realizzare nell’immediato. La vision è la formulazione di ciò che vogliamo diventare nel futuro. La vision è il criterio ispiratore della strategia dell’azienda. È la descrizione di dove tendono e tenderanno i nostri sforzi e il nostro lavoro. La strategia si disegna attorno alla vision, e nei momenti di smarrimento o disorientamento rimane la luce che illumina e indirizza le decisioni dell’azienda. Ma chi decide la vision aziendale? Nelle aziende familiari si tende a mantenere la vision che ha ispirato il “padre fondatore” e si ritiene un tradimento modificarla. Nelle aziende manageriali è, normalmente, l’espressione del top management che l’ha decisa in qualche prestigiosa sala riunioni degli headquarters. Insomma, la vision è, spesso, il frutto di una dinamica top-down.

Perché?

Per il solito equivoco tra missionvision, che sovrappone i due concetti, accentrandoli sui vertici aziendali. Infatti, se è naturale che sia l’imprenditore, l’azionista di riferimento o il board a decidere quale sia la mission (cosa produrre e/o vendere e a chi), la vision deve essere l’espressione, la più ampia possibile, di tutti coloro che si sentono parte attiva nella crescita dell’azienda.  È del tutto illogico non coinvolgere tutti i livelli aziendali nella costruzione dell’immagine futura dell’azienda. Significa relegarli al puro espletamento del loro lavoro routinario, in conformità con quanto previsto dalla mission. Li esclude dal momento strategico che è il più fortemente fidelizzante e produttivo.

Un leader razionale non compie quest’errore e si assicura la massima motivazione dei suoi collaboratori.

Ma, in pratica, come si può coinvolgere il numero più ampio possibile di persone, nella costruzione della vision aziendale? Attraverso dei gruppi di lavoro, che elaborino la loro visione dell’azienda nel lungo termine. Attraverso sintesi successive, si giungerà ad elaborare la versione finale della vision nella quale tutti si riconosceranno e per la realizzazione della quale lavoreranno. Sarà l’espressione trasversale di un progetto condiviso sul quale confrontarsi a tutti i livelli nei momenti di riflessione. Attraverso il meccanismo del feedback, le diverse squadre che avranno partecipato alla definizione della vision, impareranno a confrontarsi con la prospettiva di colleghi che lavorano in altri settori dell’azienda.

Nell’evoluzione del processo, i gruppi saranno sempre più ristretti, ma i manager e i dirigenti continueranno a rappresentare le istanze di chi ha contribuito nella fase iniziale.

Si aggiunga che il contributo di molte persone è auspicabile anche alla luce dell’articolazione stessa della vision. Io, francamente, non credo all’idea che la vision possa essere riassunta in una sola frase o, peggio, in uno slogan. Trovo che la formulazione sintetica sia appropriata per la mission, dove è necessario memorizzare in poche parole cosa si fa. Ma per la vision la situazione è diversa. La vision è un insieme di idee che rappresentano, attraverso un’immagine concettuale, il futuro. Si tratta di relazionarsi con l’ambiente nel quale si opera e con la sua dinamicità. Dentro la visione ci sono aspirazioni, progetti, aspettative, previsioni, è l’allungamento temporale dell’immaginazione. Restringere il tutto ad un sommario, mi sembra penalizzante. Oltretutto, per valorizzare tutti gli apporti, la sintesi non può essere estrema. La vision non è un puro esercizio retorico di elegante speculazione intellettuale. Dalla vision dipendono, mediamente, i 10 anni a seguire dell’azienda, con tutto ciò che questo comporta in termini d’investimenti, disinvestimenti, organizzazione e apprendimento. Inoltre, la vision, contrariamente alla mission, è dinamica. Cambia nel tempo, in relazione ai cambiamenti di scenario e di mercato. Quindi, articolarla al meglio non è un’opzione, ma una necessità.  Un leader razionale sa che la vision, in quanto processo e non risultato finale, richiede un continuo apporto di contributi da parte dei collaboratori. Per questo rimane aperto e disponibile all’ascolto. Con quest’impostazione l’organizzazione sarà un corpo sempre concentrato sull’apprendimento e in continua crescita. La dimensione creativa della vision richiede sia intuito, sia razionalità, in funzione delle informazioni disponibili. Per questo allargare la base di riflessione può solo portare benefici. Una vision ben concepita, risulta convincente per gli investitori, per i clienti, per i finanziatori, per i fornitori e per tutti gli stakeholder in genere. Tutto quanto detto sin ora non ha senso se non si affianca una meticolosa e puntuale politica di comunicazione. Sia all’interno dell’azienda, sia all’esterno, dev’essere chiaro dove l’azienda sta puntando la prua. In tutte le riunioni, a tutti i livelli, i leader devono costantemente ricordare alle loro squadre quale sia la vision dell’organizzazione.