Giuseppe Andò

Founder Starter

Come un leader può razionalizzare i propri pregiudizi

2019-07-02 15:52:40

Un leader razionale deve lavorare per vincere i propri pregiudizi, in particolare quelli che ha maturato nei confronti dei suoi collaboratori. Come è a tutti noto, i pregiudizi lavorano, in buona parte, a livello inconscio, ma ri-conoscerli permette di aumentarne il controllo.

Fattori come lo stress, la stanchezza o gli impegni su più fronti contribuiscono ad indebolire la nostra resistenza ai pregiudizi, e non è difficile comprenderne il perché. Più siamo deboli, più tendiamo ad adottare scorciatoie comode, che non ci costringono a formulare faticosi pensieri logici e razionali. La tecnica migliore è quella di implementare un processo d’analisi dei propri pensieri e giudizi riguardo alle persone del nostro team. Createvi un set di domande e di considerazioni da sviluppare, a cui risponderete per iscritto. Per esempio:

1. Sono in grado di elencare le caratteristiche (non professionali o lavorative) che reputo certamente vere per ogni singolo componente del team? 

Dovete sforzarvi d’individuare quelle caratteristiche (positive o negative che siano) che, senza dubbio, pensate che riscontrerebbe anche una persona che incontri per la prima volta i vostri collaboratori. Quando una caratteristica non vi convince, la saltate. Non preoccupatevi di quali caratteristiche state prendendo in esame, andate a ruota libera. Potete passare dall'intelligenza alla cultura, dalla simpatia all'aspetto esteriore. L’importante è che per voi si tratti di caratteristiche che salterebbero agli occhi di chiunque conosca per la prima volta quella determinata persona. Se doveste accorgervi che per uno o più soggetti non riuscite ad individuare nessuna caratteristica eclatante, non scrivete nulla.

2. Sono in grado di elencare le caratteristiche (esclusivamente professionali o lavorative) che reputo certamente vere per ogni singolo componente del team?

Stesso discorso del punto precedente, ma con riferimento alle qualità lavorative. 

3. Che episodi o aneddoti mi vengono in mente a supporto delle caratteristiche che ho elencato al punto 1. e 2.? 

In modo molto sintetico, elencate tutte le situazioni che vi hanno suggerito o ispirato quel determinato giudizio e che vi hanno portato ad attribuire quella determinata caratteristica. Per ognuno dei vostri collaboratori avrete l’elenco delle caratteristiche e quello delle situazioni che ricordate e che le giustificano. Ancora una volta, tenete a mente che il criterio da usare è lo stesso, ossia dovete essere certi che descrivendo quella determinata situazione ad una persona terza, anche questa trarrebbe (certamente) le vostre stesse conclusioni. Se non siete sicuri che un certo episodio susciterebbe lo stesso giudizio in una persona terza, vuol dire che non potete utilizzarlo. Se non ci sono episodi che reggano questa condizione, dovrete tornare agli elenchi precedenti e cancellare quella caratteristica che avevate attribuito al vostro collaboratore.

4. Se dovessi lasciare l’azienda nella quale lavoro, chi cercherei di portare con me? E perché? 

Qualcuno potrebbe pensare che questa domanda sia inutile, in quanto i giudizi positivi o negativi espressi nel primo e nel secondo elenco e supportati dal terzo dovrebbero portare naturalmente a scegliere le persone con le caratteristiche positive. Questo, però, non è vero. Lavorare bene con qualcuno significa trovare un’intesa che non necessariamente coincide con quella personale. Così come vale il contrario, posso trovare una persona estremamente interessante sul piano personale, ma inadeguata su quello lavorativo. L’esercizio va condotto chiedendosi le seguenti domande: se portassi con me questa determinata persona, sono certo che farei una bella figura nel nuovo posto di lavoro? Sono certo che mi aiuterebbe a raggiungere i miei obiettivi?

5. In relazione ai miei interessi personali e lavorativi, quale dei miei collaboratori mi torna più utile? 

Siate laidi e spietati. Elencate tutti i vantaggi che potreste trarre dalle persone che collaborano con voi. Non trascurate nulla, neppure il politicamente scorretto. Ricordate che dovete elencare benefici lavorativi e personali.

Quando avrete finito quest’esercizio, probabilmente non saprete nulla di più dei vostri collaboratori, ma avrete un’immagine molto più nitida del vostro rapporto con loro. Razionalizzare significa anche oggettivizzare i nostri (pre)giudizi. La razionalità è uno strumento valido perché (si suppone) universale, ossia uguale per tutti.  Nel momento in cui cercate di trovare la definizione compiuta di un vostro stato interiore, tale che possa essere letta e compresa da chiunque, state operando un processo che, per definizione, è neutrale rispetto alle sensazioni e alle opinioni vostre e di chi giudica. Trattandosi di stati psicologici ed emozionali, l’operazione non è mai perfetta, tuttavia permette miglioramenti straordinari. L’esercizio sopra descritto è il tentativo di spostare dal pensiero veloce (intuito) al pensiero lento (razionalità) il corredo di pregiudizi che vi accompagnano, in quanto leader, nella vostra vita lavorativa. Per un/a leader, l’uso della corteccia cerebrale non è un opzione, è l’unica possibilità che ha. Contro tutte le mode new age in vigore, rimango convinto che leadership e logica saranno sempre più accostate, pur senza mai arrivare alla conclusione che la leadership sia espressione di un’attività esclusivamente razionale.

#giuseppeando #marshallgoldsmithitalia 

51