Friûl

Storia & Antichità

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6 di mai dal 1976, ricuars di un frut (6 maggio 1976, ricordi di un bambino)

2019-05-05 22:09:35

Ore 20.59...

La giornata era stata particolarmente calda, sembrava fosse piena estate.

La curiosità, mi portava ogni notte a guardare il cielo. Il firmamento è sempre stato lo spettacolo che preferisco.

In quelle sere, di primavera inoltrata, c’era una luna di colore rosso arancione. Era più grande del solito e nella mia testa da bambino di sei anni, pensai che si fosse avvicinata alla terra e si fosse scottata col sole.

Erano circa le nove di sera. 

Io aspettavo mio papà seduto sul divano, nella cucina dei nonni e guardavo la televisione. Una tv in bianco e nero con quattro tasti per cambiare canale e pochi altri per le regolazioni.

Sentii muovere violentemente il divano.

Preso dal panico, schizzai fuori dalla porta d’ingresso.

La mamma era andata a chiudere il portone.

La raggiunsi in mezzo al cortile, poco dopo arrivò anche mio papà.

Cercavamo di rimanere in piedi, ma era impossibile.

Le fronde del fico sbattevano sul terreno e ritornavano in dietro come fossero mosse da un forte vento.

Udii un forte boato e rumore di sassi che rotolavano.

La terra sembrava un tappeto volante che ondeggiava nell’aria.

L’aria si riempì di polvere.

Non c’era più la luce dei lampioni che illuminava la strada e il buio avvolgeva tutte le cose.

Furono momenti interminabili.

Quando la terra smise di tremare sentii mio padre gridare. Lo vidi davanti ai fari accesi dell’auto, lanciare sassi contro la finestra della camera del nonno

“papà, papà scendi”, gridava a squarciagola.

Dopo qualche minuto, uscì il nonno. Dietro a lui, cadde dal tetto, il camino. Lo mancò di pochi centimetri.

Era andato a dormire molto presto, come ogni sera, stanco della giornata e triste per la perdita della nonna avvenuta qualche mese prima. Se ne andò proprio il giorno del loro quarantesimo anniversario di matrimonio.

Io piangevo.

Piansi  per tutta la notte.

Seduto con mia madre nell’auto, una A112 blu con cappotta bianca, sentivo la gente parlare e vedevo di tanto in tanto il papà e il nonno che si avvicinavano a guardare dentro.

La notte passò lentamente.

Alle prime luci dell’alba, ci si accorse di quello che era successo.

Io smisi di piangere.

Le case intorno a noi, come la nostra, erano fortemente danneggiate e le macerie ricoprivano le strade.

Le travi dei tetti, distrutti, aggrovigliate tra loro, sembravano tante croci piantate nelle rovine.

Ricordo che il nostro fienile stava in piedi solo su mezzo mattone. La colonna che sorreggeva il tetto sembrava il collo di una clessidra, dove in mezzo c’era solo quel mezzo mattone. Bastò poco per farlo crollare.

Il cane era impazzito dalla paura e non si lasciava avvicinare da nessuno. Digrignava i denti e aveva la bava. Fu soppresso il mio Dick, un meticcio di piccola taglia di colore marrone chiaro.

I giorni successivi non furono difficoltosi, almeno per noi bambini. Sembrava quasi un gioco.

Le prime notti dormimmo in macchina, poi arrivarono le tende.

Ricordo una notte, piovve  così tanto, che l’acqua sembrava un ruscello sotto la nostra schiena.

Il papà, comprò due box in lamiera. Passammo un inverno lì dentro.

Nel giardino, qualche tempo più tardi, trovarono posto due baracche, una per noi, una per la zia e le cugine. Ci ospitarono per molti anni.

Sono passati quarantatré anni e in quel giardino non ci sono più le baracche, ma due splendidi ulivi.

Questi ricordi, si mescolano ai pensieri per le persone che in quella notte persero al vita e ad un profondo sentimento di gratitudine per tutte quelle persone che ci hanno aiutato a rialzarci. Su qualche muro rimasto in piedi si poteva leggere questa scritta “ IL FRIULI RINGRAZIA E NON DIMENTICA”