Francesco Maccioni

Founder Junior

Come gestire la malattia da Covid-19 a casa

2021-02-03 14:18:27

Come oramai tutti sappiamo il  Covid-19 è una patologia causata da un virus del quale la comunità scientifica è venuta a conoscenza solo nel dicembre 2019: il virus SARS-CoV-2. Si è creata pertanto una situazione inedita, che ha comportato e continua a comportare nuove e complesse sfide.

Nel corso dell’ultimo anno tuttavia è aumentata sempre più la conoscenza sul nuovo virus, sui sintomi che provoca l’infezione e sull’efficacia dei diversi trattamenti, permettendo così di migliorare la gestione clinica dei pazienti con COVID-19.
Cionostante ancora oggi non disponiamo di una cura specifica per COVID-19 e le terapie adottate vengono modulate in base ai sintomi e alla storia clinica dei singoli pazienti.
Non tutti i pazienti con COVID-19 necessitano di assistenza ospedaliera, infatti la maggior parte dei pazienti che contraggono l’infezione sono gestiti a casa, presi in carico dai medici di medicina generale o dai pediatri in caso dei minor).
Il Ministero della Salute nella circolare dal titolo “Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2” fornisce delle indicazioni operative sulla gestione a casa dei pazienti COVID-19 sottolineando anche come lo sforzo sia in una razionalizzazione delle risorse così da poter assicurare ad ogni cittadino la giusta assistenza a seconda della gravità del quadro clinico.
Cosicchè i medici di medicina generale ed i pediatri rivestono un ruolo centrale nella gestione domiciliare dei pazienti COVID-1, grazie alla presenza capillare sul territorio e alla conoscenza dei propri assistiti.
In collaborazione con le Unità Speciali di Continuità Assistenziale (USCA) ed altre eventuali unità di assistenza attivate localmente i medici di medicina generale ed i pediatri si occupano per esempio di:

  • Identificare i soggetti a rischio di contagio;
  • Segnalare i casi sospetti che necessitano del test molecolare (tampone);
  • identificare eventuali condizioni abitative e familiari che impediscono l’isolamento domiciliare;
  • monitorare e gestire i pazienti presso il domicilio;
  • prescrivere norme di comportamento e terapie di supporto e istruire sull’utilizzo dei presidi di monitoraggio;
  • identificare precocemente parametri e/o condizioni cliniche che possono indicare la necessità di una valutazione ospedaliera;
  • identificare gli assistiti con più di 70 anni e portatori di 3 o più patologie a rischio;
  • identificare gli assistiti che soffrono di patologie a rischio (come tumori, obesità morbigena, condizioni psichiatriche gravi).

pazienti con malattia lieve secondo la classificazione dei National Institutes of Health (NIH) statunitensi presentano in genere dei lievi sintomi (febbre, tosse, alterazione del gusto, malessere, cefalea, mialgia ovvero dolori muscolari), non hanno difficoltà respiratorie (dispnea) né alterazioni rilevabili a livello radiologico,per questi soggetti viene indicata la sorveglianza a casa da parte del medico di medicina generale e di un membro della famiglia; il medico pertanto dovrà dunque tenere conto nella sua iniziale valutazione del contesto sociale del paziente (condizioni domiciliari generali e presenza di un caregiver che possa contribuire alla gestione del paziente) mentre il paziente ed il caregiver dovranno essere informati in merito alle norme da seguire relative all’isolamento domiciliare in modo da garantire al paziente una cura appropriata, una cura che al tempo stesso non metta a rischio il caregiver ed eventuali altri soggetti conviventi.
Al COVID-19 possono associarsi difficoltà respiratorie e nei casi più seri la malattia può causare una polmonite interstiziale; l’infezione infatti può coinvolgere gli alveoli polmonari dove avvengono gli scambi gassosi tra aria e sangue, compromettendone cosi' il buon funzionamento. Ciò può determinare un calo nella percentuale di ossigeno che si lega all’emoglobina (saturazione), con conseguente diminuzione di apporto di ossigeno agli organi ed ai tessuti. È grazie al legame con l’emoglobina, infatti, che l’ossigeno viene trasportato nel sangue raggiungendo l’intero organismo, la saturimetria risulta essere quindi un parametro importante nel monitorare l’infezione SARS-CoV-2 e per tutta la durata dell’isolamento è bene che i pazienti a casa tengano monitorata la saturazione con un saturimetro, un piccolo apparecchio di facile utilizz;  Il saturimetro si applica all’estremità di un dito come una molletta (o anche al lobo dell’orecchio) e sul display appare il risultato dell’emoglobina legata all’ossigeno espresso in percentuale.
Per ipazienti sani adulti, non fumatori, è considerata normale  una saturazione superiore a 95% . Con l’avanzare dell’età, in particolare dopo i 70 anni, la capacità di saturazione può ridursi con valori al di sotto di 94%, soprattutto in caso di presenza di patologie polmonari e/o cardiovascolari.
La misurazione della saturazione domiciliare risulta quindi fondamentale per individuare la cosiddetta “ipossiemia silente”, una condizione clinica caratterizzata da bassi livelli ematici di ossigeno pur in assenza di evidenti difficoltà respiratorie, tipica del COVID-19 e segno di un peggioramento delle condizioni del paziente.
Il valore soglia di saturimetria per i pazienti afflitti dal COVID-19 in assistenza domiciliare è il 92%, ma un livello inferiore al 94% rappresenta già un segno clinico importante ed in questo caso occorre pertanto che il paziente consulti il proprio medico di medicina generale per valutare insieme l’opportunità di una verifica in ospedale.
I casi lievi di COVID-19, siano essi già confermati con tampone positivo o siano casi sospetti non necessitano in genere terapie specifiche al di là di terapie volte al miglioramento ed al controllo di eventuali sintomi.
In particolare, ai soggetti sintomatici o che presentano sintomi lievi, chiamati paucisintomatici si raccomanda di:

  • misurare periodicamente la saturazione dell’ossigeno;
  • utilizzare al bisogno farmaci per la gestione dei sintomi, come paracetamolo;
  • assicurarsi un’adeguata alimentazione e una corretta idratazione;
  • proseguire come di consueto eventuali terapie croniche già in corso per altre patologie (per esempio terapie anti-ipertensive, ipolipemizzanti, anticoagulanti o antiaggreganti);
  • non utilizzare antibiotici. Un loro uso eventuale è da riservare solo in presenza di sintomatologia febbrile persistente per oltre 72 ore o laddove il medico sospetti una sovrapposizione batterica o in caso di infezione batterica confermata da un esame microbiologico.
  • non utilizzare farmaci mediante aerosol se in isolamento con altri conviventi, per il rischio di diffusione del virus nell’ambiente.

Il Ministero raccomanda inoltre ai medici di medicina generale ed ai pediatri di non utilizzare abitualmente corticosteroidi (il cui uso è raccomandato solo in alcuni casi gravi), di non utilizzare eparina (anch’essa indicata solo in pochi casi selezionati) e di non utilizzare idrossiclorochina, la cui efficacia non è stata confermata in nessuno degli studi clinici controllati finora condotti.
Non esistono inoltre al momento  solide evidenze derivanti da studi clinici controllati dell’efficacia di supplementi vitaminici ed integratori alimentari come possono essere la vitamina D, la lattoferrina, la quercitina.



Fonte :Humanitas Research Hospital    Web Page
Immagine tratta da(by) ELLE   Web Page