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Falstaff: tragedia e farsa ovvero la sdrammatizzazione, la sufficienza e l’indifferenza

2020-05-18 08:04:45

I problemi vissuti dagli esseri umani hanno sempre un contenuto emotivo. Simmetricamente il disagio emotivo è un (il) problema. Il termine “vissuti”, quindi, è centrale.

Però che bella fine!… Se n’è andato come un bambino appena battezzato; tra le dodici e l’una è trapassato, giusto giusto al voltar della marea… Quando l’ho visto raspar con le dita le lenzuola, giocherellar coi fiori, sorridersi alla punta delle dita, mi sono detta: “Addio, questa è la fine!” William Shakespeare, Enrico V, Atto II, Scena III, (si piange la morte di Falstaff) I problemi vissuti dagli esseri umani hanno sempre un contenuto emotivo. Simmetricamente il disagio emotivo è un (il) problema. Il termine “vissuti”, quindi, è centrale. Ad esempio la carenza di denaro può rappresentare tecnicamente un problema, ma per alcuni non averne comporta sentirsi spensierati. Insomma nel momento in cui parlo con qualcuno di qualche difficoltà posso chiedergli “Ma ci stai male?” Se mi dice di no allora potrei commentare: “Allora non è un problema.” Per converso se una persona sta male, per qualsiasi cosa, quest’ultima … ha un problema. Per un individuo il contesto che lega situazione – stato emotivo – problematicità è molto personale. Stare vicino e supportare una persona in difficoltà, per questo, è complesso e richiede cura e, in un certo senso, competenza. Uno dei pericoli più frequenti consiste nella “sdrammatizzazione” del vissuto. Si tratta in sostanza nel proporre una ristrutturazione del contenuto per la quale la situazione è soggetta ad una differente narrazione. Secondo quest’ultima il problema si ridimensiona, scompare o va eluso, dimenticato. È evidente che per una persona sofferente e che ritiene motivata la propria sofferenza, nel senso che i fatti difficilmente possono essere valutati positivamente, chi prova a sdrammatizzare si pone in un luogo altrove. La sensazione è che questa persona non abbia capito le conseguenze (nefaste) degli accadimenti, ne svaluti la portata o, ancora peggio, voglia negare l’adeguatezza dei sentimenti del sofferente. Dimostri, in sintesi, un senso di “sufficienza”. La reazione è sovente: frustrazione, senso di solitudine, aumento della tristezza e della rabbia. Quest’ultima è causata dalla presunzione che la negazione della gravità del problema sia tendenziosa. Ovviamente sdrammatizzare può avere una funzione positiva, ma a certe condizioni: a) la situazione deve presentare una ragionevole ambivalenza; b) deve essersi creato un buon rapporto [1] e una condivisione (compassione) emotiva precedentemente alla transazione sdrammatizzante; c) il sofferente deve poter considerare la descrizione della situazione ristrutturata (sdrammatizzata) come un’effettiva opportunità di soluzione del problema. Se si considera quello che è stato detto all’inizio, ciò significa che egli, fatta propria la nuova rappresentazione, deve sentirsi meglio. Veniamo al primo punto. Se scopro di avere la macchina con una ruota a terra il mio amico salutista potrà dirmi “Dai, così facciamo assieme una passeggiata che ci fa bene.” Ma non funzionerebbe se questa passeggiata comportasse un ritardo al più importante appuntamento della carriera professionale del neo podista. Per cui è da evitare accuratamente di sdrammatizzare situazioni dove i problemi (i disagi emotivi) sono dovuti a cause ben fondate. Secondo punto: prima di sdrammatizzare posso scambiare informazioni per capire se è il caso di sperimentare l’opzione “sdrammatizzare”. Una situazione effettivamente grave non rende opportuna questa possibilità. In un contesto dove delle persone vivono un problema evidentemente e sostanzialmente grave, sdrammatizzare si risolve in un atto stupido, inefficace e disagevole dal punto di vista relazionale. Quindi, soprattutto se non si è tra i coinvolti nel problema, è indispensabile creare una buona relazione, valutare le informazioni (da acquisire – tante) e poi scegliere se percorrere la strada della “diminuzione”. Corollari fondamentali: non si sdrammatizza se si è in qualche modo la fonte del danno! Qui siamo al paradosso, … al “Oltre il danno la beffa!” La gravità di un fatto non può essere sminuita dal suo autore. Diversamente la reazione più frequente è quella di sentirsi presi in giro. Dare una gomitata in un occhio e dire “Beh, non ti sei fatto niente…” non serve al proprietario dell’occhio; serve all’autoassoluzione del possessore del gomito! Altro corollario: non sdrammatizzare se sei la persona cui il sofferente chiede aiuto, almeno in prima battuta! Diversamente la persona che presenta il proprio problema vivrà la sensazione di non essere compreso, … come se fosse “… un esagerato …”, come se il suo stato emotivo negativo non fosse giustificato; in definitiva come se i suoi sentimenti non fossero degni. Partite così e il risultato sarà pressoché certo: chi vi ha chiesto aiuto si sentirà abbandonato. 


http://www.almacolle.it/falstaff-tragedia-e-farsa-ovvero-la-sdrammatizzazione-la-sufficienza-e-lindifferenza/

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