Football e Dintorni

Finchè sei zero a zero puoi vincere

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IL MIGLIOR PREMIO È CONTINUARE IL CAMMINO

2019-10-14 13:13:53

C'e' un paese,un piccolo paese,di poco piu' di 3 milioni di abitanti che pero' e' grande, immenso se si osserva il rapporto della sua popolazione con il talento e le vittorie nel calcio.Questo paese e' l'Uruguay.

Questa storia parte nel sedicesimo secolo quando al confine col Rio della Plata viveva una popolazione di qualche migliaia di persone,la prima di cui si ha notizie in quella zona,i Charrùas.

I Charruas lottarono strenuamente per tre secoli contro le potenze  colonialiste giunte dall 'Europa prima di essere sterminati definitivamente nel genocidio  di Salsipuedes.

Da allora questi sentimenti di resilienza,di combattere le avversita',di risorgere dal fondo hanno caratterizzato la storia dell'Uruguay e del loro calcio,la famosa "Garra Charrua",che ritornera' piu' volte col susseguirsi degli anni fino ai giorni nostri.

Proprio il calcio come diceva il grande scrittore Eduardo Galeano aveva strappato questo piccolo paese all'ombra dell'anonimato.

Due Olimpiadi,due mondiali,tanti trofei per Club ma anche tante storie affascinanti e personaggi che diventano leggenda,partendo proprio dall'inizio del ventesimo secolo. 

Abdon Porte era una colonna e capitano nel Nacional di Montevideo di inizio secolo,con cui crea una grande storia d'amore che finisce nella maniera piu' tragica.Nel 1918,ormai trentasettenne Abdon Porte venne messo praticamente fuori squadra,lui non accetta la fine della sua carriera e si suicida.Venne trovato una mattina nel cerchio di centrocampo del Parque Central,lo stadio storico del Nacional,dove si sparo'.Accanto a lui una lettera d'amore nei confronti della propria squadra del cuore dal quale non si separera' mai.

I primi trionfi,le 2 Olimpiadi e il mondiale del 1930 furono caratterizzati dalla nascita della prima stella del  calcio Celeste,la Maravilla Negra,Jose' Leandro Andrade,il primo giocatore di colore che l'Europa vide.Ma non solo.

Nella finale del 1930 quella che diede il primo mondiale alla Celeste un goal venne segnato da Hector Castro,il giocatore senza un braccio per via di un incidente sul lavoro.

Per il quarto titolo occorre aspettare 20 anni e la partita piu' famosa della storia dei mondiali,il Maracanazo.Tutti ne conoscono la storia e la tragicita' contenuta in quei 90 minuti giocati al Maracana' davanti a 200.000 persone pronte a festeggiare il successo verdeoro.Ma solo alcuni minuti,forse 10 di quei 90 ne cambiarono il destino.La Garra Charrua riaffioro' nelle sembianze di Obdulio Varela.

Al secondo minuto del secondo tempo il Brasile ando' in vantaggio con Friaca, mandando in delirio gli oltre 200,000 del Maracana',pronti a iniziare la festa.

Obdulio Varela,il capitano prende la palla e si dirige verso l'arbitro e inizia a protestare,chiede l'annullamento del goal.Passano diversi minuti,Varela non si placa,addirittura si chiede l'intervento di un interprete.Il goal viene convalidato,ma l'entusiasmo dei brasiliani per il vantaggio si e' placato,anzi questa lunga protesta di Varela li ha innervositi,Obdulio e' li che voleva andare.Il resto della partita lo conosciamo tutti.

Quello che non tutti conoscono e' la storia di Eliseo Alvarez,che ai mondiali del '62 gioco contro l'Unione Sovietica con un perone fratturato,saltellando su una gamba sola e sfiorando addirittura il goal,perche' un capitano non abbandona mai la sua squadra.

D'altro canto le prime parole dell'inno dell'Uruguay sono"O patria o muerte"e una persona che le conosce bene e' un grande condottiero che di abdicare nonostante gravi problemi di salute proprio non ne vuol sapere,Oscar Washington Tabarez.

Sulla panchina della Celeste dal 2006,affetto da un paio di anni da neuropatia cronica continua ad allenare sorreggendosi sulle sue stampelle.Ha riportato l'Uruguay al quarto posto nel 2010,a chi gli chiede quando smettera' lui risponde:"Il cammino e' la ricompensa,il miglior premio per chi ama questo sport".

Perche' se si viene da Montevideo o giu' di li' l'imperativo e' non fermarsi,andare avanti fino alla fine,proprio come fecero i Charruas..