Fiore D'Apollonio

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Ecco chi c'è dietro Greta Thunberg

2020-01-21 04:41:45

Un'operazione mediatica architettata dall'alta finanza internazionale, con la regia di alcuni noti personaggi, è la tesi di un'inchiesta per spiegare il fenomeno Greta.

Greta Thunberg, la diciassettenne attivista svedese, diventata famosa in tutto il

mondo per le sue battaglie ambientali al punto di aver parlato all'assemblea dell'Onu e di aver rimproverato i massimi vertici della politica internazionale, a partire dal

presidente Usa, Donald Trump, per la loro disattenzione verso i problemi del clima e

del surriscaldamento globale, non sarebbe la ragazzina ingenua e spontanea che un

bel giorno è diventata per caso un fenomeno, si tratterebbe, invece, del frutto di

un'abile operazione costruita alle sue spalle. 


Così Greta sarebbe, in realtà, una marionetta manovrata dall'alta finanza mondiale, che trarrebbe un grosso profitto dalla sua opera di sensibilizzazione dei popoli sulle tematiche ambientali.


L'addio alla plastica e ai combustibili, le lotte per contrastare i cambiamenti

climatici (e, dunque, i sistemi produttivi delle grandi industrie) e per promuovere una

mentalità "green" in tutte le categorie sociali, dagli studenti agli imprenditori fino alle

casalinghe, costituirebbero una propaganda diffusa attraverso una giovane

coraggiosa e che suscita attenzione per far giungere al pubblico un messaggio diffuso da un volto innocente, ma dietro al quale sarebbero mascherati poteri forti e i loro grossi affari economici in ballo. 


Una volta instillata nei popoli la persuasione sull'importanza del clima, il risultato è raggiunto, ma l'operazione sarebbe stata creata ad arte dall'inizio, non nata dopo semplicemente sfruttando la popolarità raggiunta da Greta.


È questa la tesi sostenuta oltreoceano da un politologo americano, il 75 enne William Engdhal che ha pubblicato la sua documentata ricerca intitolata "Il capitale

finanziario si maschera di verde" - su un sito canadese, Globalresearch, ora riportata

nel nostro Paese da alcuni organi di stampa a partire dal quotidiano Italia Oggi. 


Proprio sul settore climatico si gioca una grossa partita, decisiva a livello mondiale per i colossi industriali e finanziari, per dare un'idea dell'importanza della posta in gioco, basti pensare al nuovo "piano verde" dell'Unione Europea, che prevede, per come anticipa oggi l'agenzia stampa Adnkronos, mille miliardi di investimenti nei prossimi dieci anni, di cui cento destinati alla riconversione economica delle aree più dipendenti dalle industrie inquinanti, e la destinazione per il futuro di almeno un quarto del bilancio comunitario in favore di progetti 'verdi'.


Ma sarebbero molti di più, almeno 100 trilioni di dollari, stando alla ricerca che ora

esporremo. 


La tesi "complottista" sostiene, in estrema sintesi, che la grande finanza mondiale, in combutta con le maggiori organizzazioni internazionali, dall'Onu all'Unione europea, usa Greta per creare allarmismo sul fenomeno del riscaldamento climatico globale (che, invece, secondo l'autore della ricerca sarebbe una bufala), in modo da sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema e così creare il terreno favorevole per il lucroso business del Green new deal, la rivoluzione dell'economia verde, che sarà il tema dominante dei prossimi decenni.


Si tratterebbe di un'enorme riconversione economica che andrebbe a scapito dei

settori dell'economia tradizionale, le industrie e le fabbriche che adesso inquinano

l'acqua e l'aria in tutto il mondo con emissioni nocive, scarti di lavorazione tossici e

rifiuti non biodegradabili. 


Queste imprese, spinte dal nuovo corso deciso dalla politica, a sua volta, come vedremo, manovrata dall'alta finanza, dovranno presto adeguarsi e riconvertire i loro sistemi produttivi, facendo investimenti miliardari che farebbero guadagnare soprattutto chi si è sapientemente posizionato in anticipo in questo business redditizio.


Enghdal non fornisce solo le deduzioni generali che abbiamo sintetizzato, ma arriva

anche a fare alcuni nomi precisi delle persone coinvolte nell'operazione: cita l'attuale

Governatore della banca d'Inghilterra, Mark Carney, 54 anni, e l'ex vicepresidente

degli Stati Uniti d'America, Al Gore, 71 anni, che presiede un gruppo internazionale

impegnato, guarda caso, negli investimenti produttivi sulla sostenibilità ambientale. 


La mente del progetto, sostiene Enghdal, sarebbe Carney che, qualche anno fa, aveva intrapreso iniziative per informare gli investitori finanziari sui rischi legati al clima, da qui, il finanziere Michael Bloomberg, insieme ad altri 30 istituti bancari, hanno avviato un programma di investimenti green al quale ha aderito anche il principe Carlo d'Inghilterra. 


Così sarebbero nati i Green Bonds, titoli speculativi per indirizzare i risparmi dei cittadini, come i piani pensionistici e i fondi di investimento, verso questi

nuovi progetti verdi.

In sostanza, quasi tutti i maggiori operatori finanziari del mondo sarebbero coinvolti

nell'operazione, che, però, per la sua riuscita, richiedeva il coinvolgimento mediatico

da parte di qualcuno in grado di attirare l'attenzione delle masse: appunto Greta.


Per cui non sarebbe affatto casuale la sua protesta, quando nel settembre 2018, dopo un'estate caldissima in Svezia, smise di andare a scuola, fondò un movimento

studentesco ed andò a sedersi sui gradini del Parlamento europeo, fino a quando fu

"scoperta" dai riflettori ed è balzata all'attenzione mondiale, crescendo di successo in successo fino ad arrivare a dialogare con i potenti della terra e conquistare la scena con le sue dirompenti dichiarazioni di allarme e i suoi appelli a reagire, pena la

catastrofe.


Il report di Enghdal sostiene che attraverso Greta e il suo attivismo questi poteri finanziari forti cercano di «raggiungere obiettivi arbitrari come le emissioni zero di gas serra usando la paura di uno scenario da fine di mondo».


In effetti, la ricostruzione dell'analista americano parte da un principio possibile, ma

non verificato né verificabile se non attraverso indizi (il potere enorme e in contrastato dell'alta finanza mondiale riunita in una sorta di "cabina di regia") e da qui mette insieme alcuni fatti noti - l'inquinamento ambientale, da un lato, e l'entità degli investimenti necessari per la riconversione green dei processi produttivi,  dall'altro, con fenomeni ancora alquanto contrastati perché non sono ancora ben noti gli effetti a lungo termine, in particolare il surriscaldamento globale del pianeta, che è stato misurato solo a livello di tendenza e su cui gli scienziati non hanno raggiunto una posizione univoca, a questa miscela già instabile, Enghdal aggiunge, per renderla esplosiva, una circostanza effettivamente sorprendente, cioè una ragazza comune e sconosciuta che arriva alla ribalta mondiale e suscita l'attenzione di tutti i popoli e dei loro governanti.


A questo punto, una volta accostati tali elementi, non è difficile credere che si tratti di qualcosa di artificiale anziché spontaneo e che dunque ci sia qualcuno dietro Greta, molto più abile e sapiente di lei e anche molto meno disinteressato. 


Dunque, tutti questi ingredienti vengono utilizzati per dedurre la conclusione che dietro Greta ci siano sapienti mani che hanno orchestrato l'operazione dall'inizio e la portano avanti a fini di profitto. 


Una costruzione che regge, forse, da un punto di vista logico, ma non è suffragata da prove concrete e, dunque, rimane nel campo delle ipotesi.


Intanto, Greta continua a parlare e a girare il mondo con le sue iniziative.


Ai vertici dell'Onu nel 2018 aveva dichiarato: «Siamo di fronte a una minaccia esistenziale. Questa è la crisi più grave che l'umanità abbia mai subito. 

Noi dobbiamo anzitutto prenderne coscienza e fare qualcosa il più in fretta possibile per fermare le emissioni e cercare di salvare quello che possiamo». 


Rivolta ai governanti aveva detto: 

«Voi parlate soltanto di un'eterna crescita dell'economia verde poiché avete

troppa paura di essere impopolari. La biosfera è sacrificata perché alcuni possano

vivere in maniera lussuosa. La sofferenza di molte persone paga il lusso di pochi. 

Se è impossibile trovare soluzioni all'interno di questo sistema, allora dobbiamo

cambiare sistema, non siamo venuti qui per supplicare i leader di agire.                     Ci avete ignorato in passato, e ci ignorerete ancora. Voi avete finito le scuse, e noi stiamo finendo il tempo. Il vero potere appartiene al popolo». 


E l'anno scorso intervenendo ancora sul tema aveva aggiunto: 

«Il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o no».


Poi, l'ultimo vertice di Madrid sul clima a dicembre scorso, che si è unanimemente

concluso in un fallimento, perché i leader non hanno raggiunto alcun accordo sulla

riduzione delle emissioni dannose per il clima, in quei giorni, c'è stata anche, quasi in

contemporanea, la diffusione dello studio di Global Research che abbiamo analizzato.


Una coincidenza strana, ma anche significativa, ragionando a parti ribaltate,

potrebbe voler dire che proprio in occasione del flop sull'ambiente si è deciso di

delegittimare Greta per far perdere credibilità a lei oltre che alle sue idee, già

"bocciate" dai leader internazionali (se ne riparlerà soltanto fra un anno, è stato

stabilito). E a quel punto, senza Greta di mezzo a sollevare proteste e questioni sul

clima, ci guadagnerebbero altri, diversi da quelli indicati nello studio.



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