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Risparmiare senza investire ? Un suicidio finanziario

2020-10-23 09:46:57

Negli ultimi mesi la crescita del denaro fermo sui conti correnti è stata costante, con 10 miliardi in più da agosto e ben 24 miliardi depositati nel mese di luglio. I motivi alla base di questa crescita sono diversi, a partire dall’aumento del denaro sui conti correnti delle imprese...

Storicamente gli italiani sono un popolo di grandi risparmiatori, e l’emergenza Covid-19 ha dato ulteriore spinta a questa tendenza. Secondo i dati mensili Abi (Associazione Bancaria Italiana) a settembre sui conti correnti di famiglie e imprese ci sono 1.681,9 miliardi euro, 125 miliardi in più rispetto allo stesso mese del 2019 (+8%). Una cifra complessiva molto importante, se si pensa che il Pil italiano del 2019 è stato di 1.787 miliardi di euro.

AUMENTO COSTANTE

Negli ultimi mesi la crescita del denaro fermo sui conti correnti è stata costante, con 10 miliardi in più da agosto e ben 24 miliardi depositati nel mese di luglio. I motivi alla base di questa crescita sono diversi, a partire dall’aumento del denaro sui conti correnti delle imprese. Un incremento di 56,5 miliardi di euro rispetto a febbraio (quindi al pre-pandemia) dovuto principalmente ai prestiti ricevuti dalle aziende durante la fase di emergenza.

CRESCE IL RISPARMIO DELLE FAMIGLIE

L’altro aspetto riguarda le famiglie, la cui ricchezza depositata sui conti correnti è cresciuta, tra febbraio e agosto, di 22,7 miliardi di euro oltre altri 8 miliardi di euro riconducibili alle piccole imprese familiari. In questo caso, l’aumento è spiegabile con una riduzione dei consumi nel secondo trimestre 2020 e con la crescita dei timori per il futuro. In periodi di incertezza, si sa, i consumi e gli investimenti si riducono e gli italiani hanno preferito lasciare i propri soldi sui conti correnti. Non a caso, nei giorni, scorsi il governatore di Bankitalia Ignazio Visco ha invocato una maggiore velocità da parte del governo “per ottenerne pieni benefici”.

TORRIERO (ABI): SERVONO CERTEZZE

Tuttavia, per il sistema Paese avere troppi soldi “fermi” sui conti correnti non è la soluzione migliore per favorire il rilancio dell’economia: “Il risparmio non è di per sé negativo – ha detto Gianfranco Torriero, vice direttore generale dell’Abi – è chiaro che si sono comportamenti cautelativi che inducano a creare dei buffer di risorse per fare fronte a eventuali criticità. Per questo bisogna ricreare condizioni di certezza e proseguire con le politiche economiche di governi e Unione europea, perché se la crescita dei depositi a causa dell’incertezza diventa un comportamento strutturale, fa venire meno delle risorse aggregate per l’economia”.

Il costo delle giacenze ferme

Supponete di avere 10.000 euro sul conto corrente. Nel giro di 12 mesi, pagherete 34 euro di bollo e altri quasi 22 euro di canone.
Oltre 55 euro se vanno in spese “vive”, qualcosa come più di mezzo punto percentuale. Ma il vero costo, peraltro imponderabile a priori, è dato dall’inflazione. La perdita di potere di acquisto fa sì che una somma di denaro non ci consenta di acquistare lo stesso paniere di beni e servizi a distanza di tempo. Se i prezzi mediamente crescessero del 2% all’anno, dopo 10 anni i 10.000 euro di cui sopra perderebbero circa il 22% del loro potere di acquisto e dopo 20 anni quasi il 50%.
Di fatto, l’inflazione è una tassa occulta sui risparmi. Per questo, quando s’investe sui mercati si punta, anzitutto, a spuntare un rendimento almeno pari al tasso d’inflazione atteso per il periodo dell’investimento, così da preservare il potere di acquisto del capitale. Negli ultimi anni, l’inflazione in Italia, così come nel resto delle economie mature, non è più un grosso problema, essendosi abbassato il suo tasso medio sotto i target fissati dalle rispettive banche centrali. Nel nostro Paese, ad esempio, nel decennio scorso i prezzi al consumo sono cresciuti in media di poco oltre l’1% all’anno.
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Per quanto bassa sia, l’inflazione erode ugualmente la liquidata ferma sui conti correnti. Anche solo stimandola all’1% annuo per la media del prossimo decennio, avremmo un 10% abbondante di perdite accusate. Sommando questo costo agli altri sopra citati, avremmo che ogni anno perderemmo non meno dell’1,5% della somma in giacenza per il solo fatto che essa non sia stata investita in un prodotto remunerativo. In assenza di movimentazioni, nel giro di 10 anni ci ritroveremmo con una giacenza ridottasi a circa 9.445 euro, dato che l’imposta di bollo e il canone verrebbero prelevati dalle somme disponibili. E queste a loro volta avrebbero lo stesso potere di acquisto di 8.500 euro oggi. In pratica, abbiamo “perso” per strada 1.500 euro, quasi un sesto dei nostri sudori.
FONTE:https://www.financialounge.com/news/2020/10/22/corsa-italiani-risparmiare/?utm_source=fb&utm_medium=post&utm_campaign=facebook_post&refresh_CE

Insomma, per farla breve: RISPARMIARE SENZA INVESTIRE E’ UN SUICIDIO FINANZIARIO.

Così come è un suicidio finanziario INVESTIRE DELEGANDO CIECAMENTE AL PROMOTORE FINANZIARIO/DIRETTORE DI BANCA/IMPIEGATO POSTALE DI FIDUCIA – tali soggetti ne sanno quasi sempre meno di voi e a volte sono in mala fede, come abbiamo dimostrato nel libro “Dove gatto metto i soldi ?” - o al contrario, affidarsi al fai da te, improvvisandosi investitori e/o traders senza la minima conoscenza dei mercati.

La buona notizia è che la soluzione esiste ! Proprio per consentire a chiunque di apprendere le conoscenze e le competenze minime indispensabili per investire con profitto, Enrico Gei ed io, dopo aver scritto “Dove gatto metto i soldi ?”, abbiamo creato “La newsletter del gatto investitore”, che vi tiene in costante aggiornamento in base alle condizioni dei mercati, alle nuove opportunità di investimento offerte dal web e dalla nuova congiuntura economica che ci apprestiamo a vivere, in base alle nuove strategie di trading che appronteremo.

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