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Business & Finanza

L'origine del signoraggio bancario

2021-08-17 08:34:18

In questo articolo la rivista money ci ricorda che 50 or sono il valore del dollaro fu svincolato da quello dell'oro. Ciò causò conseguenze finanziarie che

Ferragosto 1971: la fine della convertibilità aurea della valuta Usa. Da allora, il gap fra classe media e 1% più ricco è esploso. E dal 2007 in poi, le Banche centrali hanno preso in mano il timone...


Fast forward. Oggi, 15 agosto 2021, sono passati esattamente 50 anni da quel Ferragosto del 1971 a Camp David, quando l’allora presidente Usa, Richard Nixon, pose fine alla convertibilità del dollaro in oro e seppellì gli accordi Bretton Woods. I quali avevano fissato le regole per dare impulso a un’ordinata espansione degli scambi internazionali: il dollaro era la moneta di riferimento a cui erano legate con cambi fissi tutte le altre valute, mentre il biglietto verde era a sua volta agganciato all’oro da un peg di 35 dollari l’oncia. Di fatto, la divisa Usa era utilizzata come moneta di riserva da tutti gli altri Stati e questo permetteva al Tesoro degli Stati Uniti di stampare tutti i dollari di cui aveva bisogno, salvo poi collocarli nel resto del mondo. Implicitamente, un pass da free-agent fiscale, un regime di svincolo dalla bilancia dei pagamenti.

Ma la guerra del Vietnam con i suoi costi astronomici e il forte aumento della spesa pubblica e del debito americano segnarono la fine del sistema istituito a Bretton Woods, evento spartiacque che trovò la sua scintilla primordiale proprio nell’addio alla convertibilità aurea del dollaro: da lì a quattro mesi, l’abbandono degli accordi da parte dei membri del G10 e lo Smithsonian Agreement diedero il via al nuovo regime di fluttuazione dei cambi.
E alla svalutazione del biglietto verde. Ma perché già nel 1987, Oliver
Stone sentì il bisogno di far rampognare da uno dei protagonisti del
suo film proprio Richard Nixon per quella sua decisione? Lo mostra
questo grafico...CONTINUA SU: https://www.money.it/Nixon-dollaro-oro-debito-Qe

ED IN ITALIA E NELL'UNIONE EUROPEA ?



Le dinamiche politico/economico/finanziarie che portarono prima il divorzio della Banca d'Italia dal Ministero dell'Economia e delle finanze e poi all'adozione della moneta unica (euro) furono in parte le medesime. Come abbiamo spiegato nel libro "Dove gatto metto i soldi ? Investire con profitto malgrado i tassi negativi e la recessione" infatti:

" A tali politiche monetarie restrittive, tuttavia, non si è arrivati dall’oggi al

domani: è stato un lungo ma (ahinoi) inesorabile processo, iniziato nel lontano

1981 dall’allora presidente di Bankitalia, Carlo Azelio Ciampi e da

Beniamino Andreatta (ministro del tesoro). Con quella riforma, correlata e coeva all’adesione del nostro paese allo SME (sistema monetario europeo: l’antesignano della moneta unica), l’Italia perse il primo e forse il più importante pezzo della propria sovranità, quella monetaria, poiché lo Stato, da quel momento, non ha mai più

controllato l’istituto di emissione della moneta. OMISSIS....

Tutto, però, trae origine dalla rimozione dell’obbligo vigente da parte di Palazzo

Koch di acquistare i Titoli di Stato emessi sul mercato primario (cioè quelli

collocati mensilmente dal Tesoro), che aveva consentito fino ad allora al

nostro Paese di tenere sotto controllo il debito pubblico. Perso questo strumento di sovranità monetaria, anticipando quanto sarebbe avvenuto successivamente con l’ingresso nell’Unione Monetaria, l’Italia per finanziare la propria spesa dovette iniziare ad attingere ai mercati finanziari privati, con tassi d’interesse di tutt’altra entità rispetto a quelli garantiti in precedenza. Gli effetti furono immediati: sempre ragionando in euro, i 142 miliardi di debito del 1981 (58% del Pil) dopo tre anni erano raddoppiati; dopo quattro, triplicati (429 miliardi), superando quota 1000 nel 1994, pari al 121% del Pil.


Ma cosa spinse Andreatta a questa scellerata decisione? Come raccontò lui stesso

dieci anni dopo in una lettera pubblicata sul Sole 24 Ore, questo stravolgimento strutturale era necessario per salvaguardare i rapporti tra Unione Europea e Italia. Ad essere in pericolo era infatti la partecipazione del nostro Paese all’interno dello Sme, ossia l’accordo precursore del sistema Euro, basato sulla parità di cambio prefissata tra i Paesi europei aderenti, seppur con una possibilità di fluttuazione minima: “L’imperativo – spiegò l’ex ministro – era cambiare il regime della politica economica e lo dovevo fare in una compagine ministeriale in cui non avevo alleati, ma colleghi

ossessionati dall’ ideologia della crescita a ogni costo, sostenuta da bassi

tassi di interesse reali e da un cambio debole". Pare dunque evidente che sia Andreatta che Ciampi abbiano agito non nel rispetto dei principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale, bensì eseguendo ordini sovranazionali di innegabile ed indicibile matrice privata (ossia bancaria). OMISSIS...


Il colpo di grazia sarà l’introduzione dell’Euro: senza una banca centrale che funga da prestatrice illimitata di ultima istanza – la BCE per suo statuto, non lo è - l’Italia si sottomise ai diktat di Bruxelles, che impongono autisticamente una folle politica di austerity fatta di tagli alle voci di spesa pubblica più sensibili (sanità, istruzione e

pensioni), aumento della tassazione e inasprimento dei sistemi di accertamento

fiscale. Secondo molti economisti l’euro fu costruito sulla base di due principi: la stabilità dei prezzi che assieme all’equilibrio di bilancio avrebbe dovuto favorire la

crescita economica e l’ idea che l’adozione di una moneta unica avrebbe contribuito alla convergenza della crescita nei diversi Paesi che l’ avessero adottata e del reddito pro capite. CONTINUA...



Al di là delle evidenti similitudini, rispetto agli Stati Uniti , nell'Unione Europea c'è una differenza molto importante e peggiorativa: l'impossibilità, per gli Stati membri, di stampare moneta. Quindi: in entrambi i sistemi monetari le valute di rifeimento (Dollaro ed Euro) sono svincolate da un valore reale - quello dell'oro - ma mentre gli Stati Uniti possono creare moneta come e quando vogliono, preoccupandosi soltanto del rischio inflazione (che certo non è poco !), gli stati europei non possono emettere euro: sono condannati da un sistema di cambio fisso (in italia fu: 1 € = 1936 lire) e per far fronte a crisi occupazionali e di produttività (recessione, calo del PIL ecc.) sono costretti ad aumentare le tasse e a tagliare la spesa pubblica. Cosa c'entra tutto questo con la finanza personale ?
Semplice: per compensare la mancata emissione di moneta, la BCE a partire dalla crisi finanziaria del 2008 ha acquistato in modo sempre più massivo ed imponente i titoli di debito dei vari Stati membri (i vari bot, bund tedesco, bonos spagnolo ecc.), facendone crollare i rendimenti...che ora (veramente è così da alcuni anni) sono addirittura negativi. Un bene rifugio popolare come i titoli di stato, adatto (apparentemente) anche al risparmiatore più sprovveduto, è diventato inutile ed inutilizzabile.
Si è posta così una sfida inedita per milioni di cittadini/risparmiatori/investitori non professionisti: quella di investire CON PROFITTO il proprio denaro in strumenti finanziari più rischiosi (es. azioni) o sconosciuti (es. criptovalute).


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Dove gatto metto i soldi ?
In uno scenario economico gravemente recessivo come quello attuale, l’educazione finanziaria è indispensabile già solo per la sopravvivenza economica e a maggior ragione, se si vuole conseguire il benessere finanziario attraverso una corretta gestione del risparmio e degli investimenti e del trading