Filippo Scicchitano

Perché chiamiamo i ragni aracnidi? La Mitologia Classica ne svela il motivo

2019-10-14 07:00:02

Una Zoologia fuori dagli schemi convenzionali, Il tema del racconto che spiega come mai chiamiamo i ragni aracnidi è l'arroganza, il Mito prevede la "solita" crudele punizione olimpica!!! "L' invidia è proprio una brutta bestia"...

La fitta trama del Mito: 

(mai termine fu più appropriato)

Il Mito che vi racconto ha origini complesse, non si tratta di un racconto Made in Ellade, sembra che la sua diffusione sia partita dall'Asia Minore, terra cara ai Greci, basti pensare all'Iliade, Ilio (Troia) è la città più potente e fiorente di questa zona geografica.

La protagonista della storia vive in Lidia, più precisamente nella città di Cofalone, questa zona è nota, perché fa parte dei territori colonizzati dai Greci, precisamente quelli di stampo ionico. Molti autori dell'antichità citano questo Mito, Ovidio, Virgilio. La storia era nota anche nel Medioevo come dimostrano le citazioni di Dante e quelle di Boccaccio.

Punti di vista:

1) Il racconto greco

In quello di stampo ellenico, la protagonista è una giovane tessitrice Aracne che lavora nella bottega del padre Idmone un tintore insieme a lei lavora anche una sorella Falange, pare che la giovane lavoratrice abbia sfidato la dea Atena, ritenendosi superiore a lei nell'arte della tessitura, durante la prova la ragazza si dimostra realmente superiore alla divinità, ma l'ira di Atena non tarda a giungere, prima ferisce la tessitrice e poi la porta al suicidio, la dea non è ancora soddisfatta e per punire la sua arroganza la riporta in vita, trasformandola in un ragno costretta a filare la sua tela per tutta la vita.

2) Il racconto romano

Nella versione latina, Aracne è molto più vittima che artefice della sua punizione, infatti la storia inizia alla corte di un Re (il nome non è precisato) nella città di Ipepa (Lidia) la giovane Aracne è una umile tessitrice, dal talento geniale incaricata dalla principessa di preparare per il suo matrimonio il clamide più leggero mai esistito, Aracne lavora per un anno alla veste e il suo capolavoro fa nascere l'invidia di tutti, così la giovane viene provocata dalle cortigiane, che mettono in dubbio la natura umana di tale vestito; “solo Minerva sarebbe capace di fare un lavoro così perfetto”... Esclamano le gelose dame della corte. La tessitrice rossa in volto risponde: “sfido io davanti a voi tutte la dea a fare un opera pari alla mia”, ecco fatto alea iacta est Minerva discesa dal Regno degli dei, tramutata in una vecchietta sfida Aracne nel fare un arazzo in onore di Marte e Nettuno e consegnarlo al Re per abbellire il suo Palazzo.

Il giorno prefissato della gara Aracne e Minerva, sempre nelle false vesti dell'anziana si presentano a corte per vedere chi vincerà la sfida, ovviamente come ogni Mito che si rispetta, la dea viene sconfitta, il lavoro di Aracne è impareggiabile, la vecchia sparisce nel nulla e la tessitrice viene acclamata vincitrice assoluta.

Troppo presto però per cantar vittoria, infatti tornata a casa la “campionessa” trova nella sua stanza Minerva in persona, la scena si fa violenta, la dea distrugge il telaio e tutti gli attrezzi da lavoro della ragazza, la divinità inizia a percuotere con la spola la povera indifesa, che moribonda si rannicchia nell'angolo più scuro della stanza. Lentamente Aracne si sente più leggera. Le braccia e le gambe sono diventate otto, improvvisamente si ritrova a camminare sul muro... Minerva l'ha trasformata in un ragno, condannata a tessere per sempre la sua tela.

L' arroganza costava cara nei millenni passati:

In entrambi i miti, Aracne pecca d'arroganza, certo in quello greco la protagonista è più vittima che in quello romano, ma resta l'inconfutabile fatto che per gli antichi, sfidare gli dei porta sempre a conseguenze terribili, la tessitrice incarna anche la superbia e la sfrontatezza giovanile, che nel mondo antico avevano una pessima fama, molto peggiore rispetto ai giorni nostri, per i ragazzi e le ragazze dei millenni passati, il monito era sempre lo stesso:

MAI FARE ADIRARE LE IRASCIBILI DIVINITA', FACENDOLO SI RISCHIANO ORRIBILI PUNIZIONI ETERNE...