Filippo Scicchitano

Dall'Olimpo al Valhalla: l'epopea dei Variaghi a Bisanzio

2019-09-24 10:32:10

...Ecco là io vedo mio padre ecco là io vedo mia madre e le mie sorelle e i miei fratelli ecco là io vedo tutti i miei parenti defunti dal principio alla fine ecco, ora chiamano me mi invitano a prendere posto in mezzo a loro nella sala del Valhalla dove l'impavido può vivere per sempre...

Una nuova Roma con nuovi “romani”:

Dal X Secolo, sempre più stranieri entrano a fare parte dell’esercito bizantino, in primis i variaghi.

Dopo la disastrosa sconfitta di Manzikert (1071), l’Impero Romano d'Oriente, e in particolar modo la dinastia dei Comneni, tendono a ricorrere con sempre più frequenza a truppe forestiere di professionisti nell’arte della guerra provenienti da svariate etnie: europei, medio-orientali, africani e asiatici.

Con il passare del tempo, il secolare sistema tematico basato sul soldati autoctoni è sostituito da combattenti mercenari d'élite che diventano il nerbo duro delle armate bizantine, infatti l’esercito imperiale finisce con l’essere completamente basato su di essi.

From Russia with love:

L’ impiego di questi guerrieri risale all’epoca d’oro di Bisanzio, quando nel 988 un contingente della druzina variago-russa di seimila guerrieri guidato da Basilio II il Bulgaroctono infligge una pesante sconfitta a Crisopoli all’esercito ribelle di Barda Foca. I soldati russi donati dal gran principe di Kiev Vladimir I sbalordiscono l'imperatore, per questo motivo vengono premiati e nominati guardie personali del baliseus.

I Variaghi: le guardie del corpo del basileus

Il termine variaghi deriva dalla parola scandinava var che significa impegno o ubbidienza; il var è anche un antico giuramento di fedeltà principalmente in uso tra norvegesi e svedesi e altre popolazioni scandinave che consisteva nel prestare un servizio in armi al proprio signore per tutta la vita.

Etnie, le tante facce delle guardie variaghe:

La “legione straniera bizantina” variaga muta sul piano dell’etnia che la costituisce e negli armamenti: ai primi provenienti dalla Norvegia, Finlandia, Svezia e Danimarca subentrano reparti di guerrieri Rus, poi seguono gli angli, germani e infine normanni.

Equipaggiamento, la panoplia variaga:

La guardia imperiale d’élite chiamati “i portatori d’ascia” sono equipaggiati con armamenti estremamente curati: per la loro protezione vestono cotte di maglia, e corazze con placche metalliche e di corno, rinforzate con innesti in cuoio e cotone.

Sono inoltre dotati di gambali e protezioni per gli avambracci, solitamente se non sono in battaglia, non portano elmi metallici foderati in cuoio, ma semplici stoffe colorate ricoprono i loro crani, mentre in guerra adottano gli elmi della loro cultura guerriera estremamente resistenti agli urti dei nemici.

Per quel che riguarda lo scudo, i variaghi sono forniti di schermi molto lunghi a forma di mandorla completamente ferrati, e due sono i tipi di asce in loro possesso: una lunga equipaggiata con una sola grande lama di origine norvegese che viene brandita a due mani, l’altra con il taglio bipenne più corta di origine probabilmente germanica, che è impugnata con una sola mano e spesso usata come arma da lancio.

Questi valenti combattenti mercenari portano con sé anche lunghe lance molto pesanti identiche a quelle scandinave per la caccia all’orso, e non manca mai, portata a tracolla sul fianco sinistro, la spada a taglio singolo, chiamata ramphoia.

I variaghi inoltre possono sempre munirsi di tutto il materiale bellico degli arsenali imperiali.

Esercito variopinto:

I combattenti assoldati non sono solo i variaghi, altri reparti delle forze armate bizantine sono costituiti da curdi, armeni e georgiani, assegnati ai contingenti montani; germani del Baltico, arcieri e cavalieri uzi, bulgari, serbi, ungheresi, turchi, peceneghi e cumani sono impiegati nei battaglioni mobili per il controllo e la tutela dei confini imperiali.

Inoltre molti cavalieri pesanti “franchi” e balestrieri in prevalenza italiani infoltiscono le truppe di Bisanzio, e non mancano fanti pesanti provenienti da tutta Europa: questi reggimenti sono chiamati maniacitiperché furono istituti dal generale Maniacenella prima metà del secolo XI.

Cronaca della battaglia, i Variaghi scendo in campo:

In Grandezza e catastrofe di Bisanzio lo Storico bizantino Niceta Coniata scrive dettagliatamente un combattimento dove i variaghi sono minuziosamente descritti. La battaglia si svolge in Tracia nel luogo strategico della pianura di Berea (1122) lo scontro è epico: Giovanni II guida le truppe imperiali, mentre al suo fianco sventolava il vessillo della Santa Vergine; gli sciiti (termine usato dai bizantini per chiamare i peceneghi) oppongono una lunga  ed estenuante resistenza, asserragliandosi  con una loro classica e rodata formazione difensiva, composta dai propri carri disposti come una "fortezza mobile" e limitandosi a sortite e ripiegamenti verso il loro “castello”; il basileus mette in campo la sua guardia variaga, che fa giungere davanti ai carri peceneghi, nella formazione a muro di scudi per evitare le frecce sciite.

Una volta arrivati davanti al campo pecenego, i variaghi ricevono l’ordine di devastare i carri con le loro asce da una sola lama e, quando non rimane altro che frammenti di legno sul campo, il basileus mobilita tutti gli altri contingenti: i fanti pesanti e leggeri, gli arcieri di Trebisonda e i devastanti catafratti.

Il massacro dura a lungo e dopo questo scontro i peceneghi non sono mai più una minaccia per Bisanzio. Per commemorare questo trionfo, Giovanni istituì la “festa pecenega”.

Il Re vichingo che servì Bisanzio:

Harald III Sigurdsson detto il sanguinario è l'esempio del perfetto eroe vichingo, le sue epiche gesta sono intrise di sangue e coraggio: tutto inizia come nelle migliore saghe scandinave dall'esilio, Harld è costretto a fuggire dalla madre patria la Norvegia il suo casato i bella chioma sono in guerra con il Re Canuto I che sconfigge il vichingo e lo costringe alla fuga. 

Harald non si scoraggia e dopo avere raccolto un folto gruppo di fedelissimi, esuli come lui si dirige verso nuove avventure. 

La prima tappa è Kiev dove si offre come mercenario, il servizio reso è eccellente e il nome di Sigurdsson giunge fino alle orecchie dell'Impero Romano d'Oriente

Costantinopoli lo attente a braccia aperte e qui resta per otto anni, con la nomina di capo della guardia variaga. Harald viene mandato in missione con i variaghi in Asia Minore, Sicilia, Medio Oriente, Balcani. La trama si infittisce il Vichingo è coinvolto nelle oscure trame di palazzo, viene fatto imprigionare, ma riesce a fuggire, gli eventi lo costringono a scappare anche dall'antica città fondata da Costantino I

L'eroe ancora una volta non si da per vinto e ritenendo i tempi maturi decide di tornare in Norvegia per reclamarne in trono. Harald ha accumulato molte ricchezze e tornato a casa scopre che suo nipote Magnus I è il Re di Norvegia. I due evitano lo scontro e optano per una diarchia, entrambi governano il regno a pari livello. I tesori di Harald danno uno slancio di crescita prezioso per la Norvegia. 

Sigurdsson da buon guerriero parte nuovamente per la guerra, questa volta la missione è invadere l'Inghilterra. Nel 1066 muore, colpito da una freccia nella gola durante la battaglia di Stamford Bridge.

Conclusione:

E così... Termina la saga dei prescelti di Odino, il Valhalla accoglie i guerrieri variaghi e le loro epiche gesta impreziosiscono la Storia universale.