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STORIA D'ITALIA

2020-07-02 12:37:09

Articolo dove vedremo la figura di Cesare confrontarsi con Roma e con i Galli, irreducibili popoli.

CICERONE E CESARE

Se il primo stava portando il limes romano fino alle coste estreme della Gallia, il secondo si era ormai affermato come istituzione a Roma, riuscendo a crearsi un solido gruppo senatoriale.
Cesare doveva solidificare i suoi successi con varie opere a Roma, mostrandosi come benefattore e conquistatore.
Un esempio lampante è la Basilica Giulia e il Campo Marzio per i comizi.
Per questo motivo le strade dei due personaggi si dovette incontrare molto spesso e non sempre era un intreccio positivo.
Tuttavia il generale romano sapeva come trattare gli uomini, riuscendo a corrompere sia Cicerone sia molti senatori per ottenere una importante massa di sostenitori.
Nel 54 e 55 la sua capacità politica gli permise di decidere l'elezione di qualsiasi carica pubblica, ponendo uomini fidati ovunque.
Il tutto però ebbe una brusca (seppur momentanea) frenata quando accaddero due avvenimenti importanti.
Il primo ostacolo fu la morte di Giulia, moglie di Pompeo e figlia di Cesare, che era anche uno dei più importanti punti di incontro tra i due politici.
Con la sua morte infatti si creerà una importante frattura nel loro rapporto.
Il secondo problema fu invece di carattere militare.
Gli Eburonnel 54 riuscirono ad eliminare ben 15 coorti e assediarono il legato Quinto Cicerone (fratello del più famoso Cicerone), mettendo alle strette Cesare che dovette scendere direttamente in campo.
Solo nel 53 i focolai di rivolta si placarono grazie al secondo attraversamento del Reno.

DISORDINI NELLA CAPITALE

Il 52 fu un anno di svolta nella città romana e questo si nota anche dal mutamento totale tra i sostenitori di Cesare e quelli di Pompeo.
Infatti la caduta di Crasso a Carre ruppe il delicato equilibrio politico e mise in competizione i due.
I disordini arrivarono addirittura a compromettere le elezioni consolari, obbligando il Senato a nominare Pompeo come unico console.
Sceso a Ravenna Cesare e il nuovo console discussero sul nuovo assetto da adottare ma le due parti rimarranno sempre distanti, compromettendo inevitabilmente la stabilità della Repubblica.

Se a Roma il pericolo era rappresentato da Pompeo, in Gallia la situazione precipitò totalmente.
Un fronte unito di tribù barbare guidate da Vercingetorige, re degli Arverni, mise a soqquadro l'intero scacchiere gallico.
Cesare provò più volte a portarsi allo scontro decisivo ma, tranne alcune vittorie, il suo prestigio venne meno con la grave sconfitta di Gergovia, obbligando al proconsole alla ritirata.

ALESIA

Vercingetorige optò per una tattica di logoramento, facendo terra bruciata e mirando alle linee di rifornimento romane.
I suoi piani erano ben studiati e il tutto avveniva tramite piccoli gruppi scelti che avevano l'obbligo di evitare conflitti campali contro i romani.
Cesare si trovò ad un passo dalla totale sconfitta ma il destino aveva iniziato a fare il suo corso.
Il generale riuscì a riorganizzarsi e, con azioni fulminee e precise, devasto totalmente il piano gallico, obbligando il re barbaro ad arroccarsi ad Alesia, città ritenuta imprendibile.
Il genio inizierà ora a mostrarsi con una serie di mosse audaci seppur azzardate.

LA BATTAGLIA

Come vedete Alesia si trovava in una posizione di vantaggio rispetto al sua assediante ma questo non comportò molti problemi per Cesare.
Infatti fece costruire un fossato ed una palizzata fortificata lungo tutto il perimetro della città, isolando di fatto Vercingetorige.
L'obiettivo sarà quello di obbligare il re gallico a cedere alla fame o allo scontro campale.
Un fattore però che forse non aveva considerato era la possibilità di essere preso alle spalle da un secondo esercito nemico.
Durante le opere di assedio, alcuni messaggeri riuscirono a sfuggire ai romani, portando la richiesta d'aiuto a tutti gli alleati di Vercingetorige.
Lo scenario era preoccupante ma una ennesima ritirata avrebbe compromesso la sua vita politica oltre che quella militare.
Fece perciò innalzare un secondo muro difensivo alle sue spalle per resistere ai suoi assalitori ma mettendosi in una situazione molto delicata (NB: questa tecinca non la inventò lui, infatti venne utilizzata nell'assedio di Siracusa secoli prima).


Per resistere all'assedio tutta la popolazione celtica venne espulsa, ad eccezione ovviamente per i soldati, ma ben presto questa mossa di Vercingetorige non fece altro che azzerare il morale delle truppe.
Infatti gli esodati rimasero nella terra di nessuno in balia della fame e della sete, morendo lentamente sotto gli occhi dei soldati.


Il primo attacco avverrà di giorno e la cavalleria gallica caricherà l'esercito romano però senza riuscire a sfondare la sua controparte.
Il tutto mentre Cesare, avendo pianificato il tutto, faceva uscire la cavalleria ausiliaria germanica per compiere una carica laterale, spaccando il fronte nemico e obbligando i celti alla ritirata.


La seconda battaglia invece avverrà in notturna e la linea gallica avvolgerà tutta fortificazione romana affacciata sull'accampamento.
Nonostante questo sorprese i romani, le prime luci dell'alba permisero agli arceri di colpire fatalmente i reparti galli, respingendo l'ennesimo assalto.



L'ultima battaglia, quella decisiva, avverrà in maniera diversa dal quelle precedenti.
I galli infatti fecero alcuni sopraluoghi per scoprire un punto debole, trovandolo sul versante del Monte Rea, difeso ma in maniera discontinua a causa della presenza di un fiume.
Il piano ormai era deciso e delle truppe scelte vennero fatte riposare in un secondo accampamento dietro al monte.
La cavalleria gallica aveva il compito di distrarre il nemico con varie azioni di carica in vari punti delle fortificazioni, cercando di distogliere l'attenzione di Cesare.
Oltre a ciò, Vercingetorige tentò un ultimo assalto dalla città, ponendo il Generale in una situazione critica.
I tre fronti misero alle strette anche gli stessi soldati romani che, nonostante tutto, riuscirono a reggere il ritmo avversario.

Quando ormai tutto sembra perduto, Cesare prese una decisione drastica ma coraggiosa.


Si armò lui stesso e scese in campo vicino ai suoi uomini, spronandoli e facendo una trionfale marcia lungo tutto il muro romano.
Dal monte Flavigny arrivò fino al monte Rea e caricò la fanteria scelta gallica, unendosi ai rinforzi di Tito Labieno, suo braccio destro.
Sbaragliate le forze nemiche, anche questa battaglia si può dire conclusa e lo stesso Vercingetorige si arrenderà.
Secondo la tradizione fu lui stesso a presentarsi dinanzi a Cesare per farsi fare prigioniero.
L'unica cosa certa è che questo stravolgerà definitivamente l'ambiente gallico, ormai sotto bandiera romana e porterà nuovamente in auge la figura di Cesare, venerato ormai a Roma come grande condottiero.