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STORIA D'ITALIA

2020-05-11 14:25:17

Prima parte del secondo capitolo delle guerre puniche dove vedremo la discesa di Annibale in Italia e delle sonore sconfitte romane precedenti a quella di Canne.

LA SECONDA GUERRA PUNICA

Dopo il primo conflitto tra le due potenze antiche, la situazione era rimasta ancora incerta in quanto Cartagine si era ripresa e rinforzata su molti fronti.
Abbandonò la Corsica e la Sardegna in mano ai mercenari e la Sicilia ai Romani però tornando all'attacco in Spagna, terra ricca di risorse.
Proprio questa regione europea sarà luogo di scontro diplomatico che porterà al trattato dell'Ebro, un accordo per la suddivisione dei luoghi di influenza senza doversi affrontare precocemente sul campo.
Nel 221 però la situazione mutò e i cartaginesi passarono all'offensiva con Annibale, capo militare in Spagna, che conquistò Sagunto(219), sotto protezione romana.
Allora Roma intervenne, sotto pressione interna e anche da parte di città come Marsiglia, prima a livello diplomatico e poi a livello militare, sancendo l'inizio del nuovo capitolo delle guerre puniche.
Il console Sempronio Longo fu mandato in Africa, seguendo lo stesso piano del precedente scontro, e Cornelio Scipione in Spagna, per tamponare le armate spagnole in direzione della provincia romana in Francia.
Annibale sapeva bene di poter battere i Romani solo a determinate condizioni e capiva la necessità di agire alla svelta.
Così decise di avanzare e nel 218 aC arrivò in Italia dopo aver varcato le montagne ed essere sbucato in Piemonte, saltando di netto il blocco romano a Marsiglia.
La situazione sfuggì pian piano di mano e Roma si trovò ad affrontare una situazione molto difficile.
Il periodo che va fino al 216 aC fu totalmente negativo per il morale romano in quanto l'esercito legionario venne più volte sconfitto da Annibale.

LA BATTAGLIA DELLA TREBBIA(218 aC)

Questa prima importante battaglia si può considerare come biglietto da visita lasciato da Annibale ai romani, sicuri di non aver problemi a fronteggiare il nemico africano, sottovalutandone l'intelligenza tattica.
I tre contendenti in questa battaglia furono i due consoli: Scipione, padre del più famoso Africano, e Longo; mentre dall'altro lato abbiamo Annibale, situato su una collina per difendersi da eventuali attacchi.
Già dalle prime mosse si capiva il problema del fronte nemico in quanto i due consoli non erano dello stesso parere bellico su come affrontare la situazione.
Il primo, già testimone della potenza cartaginese, spingeva per una tattica difensiva, volendo costringere i cartaginesi ad attaccare mentre Longo voleva sorprendere le fila nemiche con un attacco su larga scale.
Annibale, mentre i romani discutevano, studiò il territorio e pianificò un brillante piano d'attacco.
Dopo aver staccato un paio di reparti guidati da Magone, nascondendoli in una boscaglia pronti ad un assalto mentre la cavalleria numidica stuzzicava i romani facendo finti attacchi per distrarre il nemico.
L'esca fu subito presa al volo da Longo che fece uscire la cavalleria romana e i velites, i quali inseguirono ed attaccarono il nemico senza però fare nessun danno.
Annibale così riuscì a far stancare il nemico che rimase di guardia senza poter riposare.
Il console Longo, non temendo il nemico, fece uscire tutto il suo esercito per attaccare l'accampamento nemico e per porre fine a questa crisi.
Ovviamente anche il generale cartaginese, anticipando le mosse avversarie, aveva fatto preparare l'esercito alla battaglia, tenendo conto anche del clima freddo della zona.
L'esercito romano, uscito di fretta invece non era pronto ad una lunga battaglia e questa mancanza sarà alla base della sconfitta.
Il più grande errore però fu l'attraversamento della Trebbia che stancherà gli uomini, arrivando allo scontro già fisicamente provati mentre la controparte africana era pronta e in piena forma.
L'assetto romano era il classico del tempo con le ali della formazione formate dalla cavalleria, il centro formato dai legionari e da reparti di alleati italici mentre i velites pronti in prima linea per un rapido attacco di giavellotti, arrivando a circa 36000 uomini e 4000 cavalieri.
Annibale invece fece disporre i suoi uomini per ribattere i romani, disponendo la fanteria libica e iberica al centro per compattare i reparti di fanteria pesante.
Ai lati, oltre la cavalleria numidica, farà disporre gli elefanti mentre in prima linea anche lui utilizzerà una fanteria leggiera per rispondere al fuoco nemico dei velites.
I cartaginesi potevano contare su circa 20000 uomini di fanteria, 10000 cavalieri e 37 elefanti, numeri diversi da quelli romani ma con un piano ben studiato e senza spaccature al comando.

Già dall'inizio si capiva la difficolta romana di reggere il ritmo avversario in quanto i velites furono decimati dalla loro controparte africana per poi lasciare il campo allo scontro frontale tra i due blocchi di fanteria.
Se i legionari, nonostante i vari handicap, riuscirono a reggere l'urto nemico tenendo il campo, la cavalleria romana non poté nulla sia in termini numerici sia di qualità.
Messa in rotta, i reparti romani abbandonarono la battaglia, lasciando isolati i reparti di fanteria, segnando la sorte di questo scontro.
Così i cartaginesi, con i reparti d'assalto di Magone, presero alle spalle il blocco romano, iniziando una strage.
Annibale, sorpreso dalla resistenza dei legionari e con la volontà di non compiere uno sterminio totale, diede la possibilità ai rimanenti uomini di lasciare il campo per raggiungere Placentia.
Tuttavia i romani iniziarono a temere il generale africano e il suo genio militare, che ripeterà lo show anche sul Lago Trasimeno, entrando di diritto nella Storia.

LA BATTAGLIA DEL LAGO TRASIMENO(217 aC)

Ripresi dalla sconfitta precedente, Roma scese nuovamente in campo convinta della sua superiorità.
Questa volta la situazione è diversa e gli eserciti vengono dati a Gaio Flaminio Nepote e Gneo Servilio Gemino i quali dovevano monitorare la discesa di Annibale e bloccarlo.
Flaminio venne spedito in Etruria stanziando il suo centro logistico ad Arezzo mentre la sua controparte era ferma a Rimini.
Annibale, venuto a sapere di questo pericoloso assemblamento di forze, decise di attuare un piano audace e molto rischioso, tentando le paludi della zona.
L'esercito, oltre ad affaticarsi molto, perse molti uomini e animali mentre lo stesso Annibale perse un occhio a causa di una infezione ma ottenendo un grande vantaggio tattico per il futuro.
Prima di tutto ci furono delle semplici scaramucce per attirare Flaminio e Servilio fuori dalle loro postazioni e per farsi inseguire nelle terre dell'Italia Centrale.
La previsione era giusta e i due consoli partirono all'inseguimento per monitorare la sua discesa.
Annibale, dando dimostrazione del suo genio, riuscì a studiare la zona vicino al Lago per pianificare una grande imboscata ai danni dei romani i quali caddero nella trappola.
La disposizione dell'esercito africano scelta da Annibale fu ben studiata e dispose 17000 uomini di fanteria pesante in una zona pianeggiante per renderlo ben visibile al nemico.
Nella boscaglia ai piedi delle montagne e delle colline invece vennero posizionati gruppi di soldati celti e reparti di cavalleria mentre la fanteria leggera venne nascosta nella zona boschiva alle spalle dei reparti pesanti.
Senza rendersi conto dei nemici imboscati, Flaminio conduceva l'esercito nella valle, compiendo numerosi errori, come quello di non mandare esploratori.
Quando la fanteria pesante entrò in contatto con l'assetto legionario, tutte le truppe disposte nei boschi assaltarono contemporaneamente i lati romani, senza dare il tempo di farli preparare.
Accerchiato su tutti i fronti, l'esercito romano durò circa 3 ore prima di cedere sotto le armi nemiche, morendo nel combattimento e solo 6000 uomini riuscirono a bucare il fronte nemico, fuggendo per riferire a Roma la sonora sconfitta.

LE CONSEGUENZE


Il Senato romano allora nominò un dittatore, tale Fabio Massimo, concedendo poteri assoluti per 6 mesi il quale applicò una tattica di attesa per spegnere il morale delle truppe di Annibale.
Tuttavia questa tattica non fu molto apprezzata e nel 216 ci furono nuove elezioni, eleggendo i consoli Emilio Paolo e Terenzio Varrone che decisero di affrontare nuovamente Annibale a Canne.