Dr.ssa Napolitano

Adolescenti: istruzioni per l'uso.

Dr.ssa Napolitano

Adolescenti: istruzioni per l'uso.

"Va tutto bene"

2025-12-02 20:59:29

Ma siamo poi sicuri che davvero così? Cosa si nasconde dietro?

“Va tutto bene.”

📘 La forza che nasconde la fatica

1. Quando “va tutto bene” diventa una maschera

Quante volte un genitore chiede al figlio adolescente: “Come stai?” e riceve come risposta un rapido “Va tutto bene”?

È una frase che rassicura in superficie, ma che spesso lascia un retrogusto di dubbio. Perché quel “va tutto bene” può essere sincero, ma può anche essere una maschera. Una scorciatoia per non aprire un dialogo, un modo per proteggere sé stessi, un tentativo di non pesare sugli altri.

Gli adolescenti vivono un periodo di trasformazione intensa: corpo che cambia, emozioni nuove, relazioni che si complicano. In questo vortice, dire “va tutto bene” diventa un modo per gestire la complessità. È come se dicessero: “Non voglio aggiungere peso alle tue preoccupazioni. Non voglio sembrare fragile. Non voglio che tu mi giudichi.”

Il rischio, per il genitore, è prendere quella frase alla lettera e smettere di osservare. Ma dietro il silenzio ci possono essere paure, ansie, insicurezze. E il compito del genitore non è smascherare con forza, ma imparare a leggere tra le righe.

Esempio concreto

Un ragazzo torna da scuola, appare stanco, ma quando la madre gli chiede come sia andata la giornata risponde: “Va tutto bene.” In realtà ha litigato con un amico, si sente escluso, ma non vuole parlarne. Non perché non abbia bisogno di sostegno, ma perché teme di essere giudicato o di sembrare debole.

2. La forza che nasconde la fatica

Dire “va tutto bene” è un atto di forza apparente. L’adolescente vuole mostrarsi autonomo, capace di gestire la propria vita. È un modo per dire: “Non ti preoccupare per me, ce la faccio da solo.”

Ma quella forza può nascondere fatica. Può nascondere il timore di fallire, la paura di non essere all’altezza, il bisogno di sentirsi accolto senza doverlo chiedere.

Molti ragazzi minimizzano le difficoltà perché temono di deludere. Non vogliono essere percepiti come un problema. Così indossano la maschera della resilienza, anche quando dentro si sentono fragili.

Il genitore che si ferma al “va tutto bene” rischia di perdere l’occasione di entrare in contatto con quel mondo interiore.

Approfondimento psicologico

Il “va tutto bene” è spesso un meccanismo di difesa. Freud parlava di “rimozione” e “negazione”: l’adolescente nega la difficoltà per non sentirne il peso. Ma la psicologia contemporanea ci ricorda che dietro la negazione c’è sempre un bisogno di protezione. Il ragazzo non vuole essere invisibile, vuole essere visto senza sentirsi giudicato.

Accogliere questa ambivalenza significa riconoscere che la resilienza non è assenza di fragilità. È la capacità di affrontarla con qualcuno accanto. E il genitore che resta presente, anche quando il figlio minimizza, diventa la base sicura da cui ripartire.

3. Il genitore che legge tra le righe

Il vero compito del genitore non è smascherare con durezza, ma leggere tra le righe.

Non rispondere con frasi che chiudono (“Allora smettila di lamentarti”), ma con parole che aprono: “Se vuoi parlarne, io ci sono. Anche se va tutto bene.”

Questa disponibilità non forza, non invade, non pretende. È un invito gentile, che lascia spazio e tempo.

Mostra che l’amore non dipende dalle parole dette, ma dalla presenza costante.

E quando il figlio sentirà di poter parlare senza rischi, lo farà. Perché saprà che il genitore non si è fermato alla superficie, ma ha visto oltre.

Esempio pratico

Un padre nota che la figlia dice sempre “va tutto bene” dopo gli allenamenti di pallavolo. Ma il suo corpo appare teso, lo sguardo basso. Invece di insistere con domande, le dice: “Se vuoi parlarne, io ci sono. Anche se va tutto bene.” Dopo qualche giorno, la figlia confessa di sentirsi esclusa dal gruppo. La frase del padre ha aperto uno spazio sicuro.

Conclusione – Consigli pratici per genitori

👂 Non fermarti al “va tutto bene”: osserva i segnali non verbali (sguardo, tono di voce, gesti)

🧭 Offri disponibilità senza pressione: “Quando vuoi, io ci sono”

💬 Evita frasi che chiudono: sostituiscile con parole che aprono

🧡 Mostra con gesti quotidiani che la tua presenza è stabile (un pasto pronto, un sorriso, un abbraccio)

📌 Ricorda: “va tutto bene” può significare “ho bisogno di sapere che ci sei, anche ora”

📩 Tuo figlio ti dice “va tutto bene”?

Forse non è indifferenza. Forse è una richiesta silenziosa di ascolto.

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📘 Perché dietro un “va tutto bene” può esserci un mondo che aspetta di essere ascoltato.

👉 Terry, questo è lo scheletro già esteso. Per arrivare a 3000 parole effettive, posso ampliare ogni sezione con:

  • Storie di vita quotidiana (es. scuola, sport, amicizie, social media).
  • Approfondimenti psicologici (meccanismi di difesa, bisogno di autonomia, paura del giudizio).
  • Esercizi pratici per genitori (scrivere frasi alternative, osservare segnali non verbali, praticare ascolto attivo).
  • Mini-dialoghi realistici tra genitore e figlio.


by dr.ssa Maria Teresa Napolitano