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Il salto quantico dell’umanità tra A.I. e I.A.

2019-03-10 12:28:56

Il potenziale cognitivo e di capacità creativa dell’essere umano non ha limiti: l’interazione con l’intelligenza artificiale gli permetterà di potenziare le proprie abilità e di andare oltre ogni previsione di sviluppo tecnologico e scientifico.

Grazie alla tecnologia informatica sempre in evoluzione avevo ipotizzato, nel mio articolo “Il salto oltre la specie”, che in un futuro nemmeno lontano si potranno creare intelligenze superumane; dopo tale evento entreremo nell’era della singolarità tecnologica. Sarà un cambiamento totale, una svolta epocale, comparabile all’emergere dell’homo sapiens sul pianeta [1].

Non mi riferisco solo alla creazione di computer coscienti e con intelligenza superumana (Intelligenza Artificiale, I.A.), i quali a loro volta creeranno entità sempre più intelligenti, ma anche al fenomeno dell’Amplificazione dell’Intelligenza (A.I.), grazie alle microscopiche interfacce tra computer ed esseri umani, quali ricettori-trasmettitori posti all’interno del cervello, che la recente nanotecnologia sta sperimentando. Il collegamento in Rete delle singole intelligenze che ne conseguirebbe, porterebbe l’umanità ad un livello di coscienza superiore, “svegliando” un’intelligenza (e una coscienza) universale che supererebbe la semplice somma delle menti interconnesse [2].

Il progresso esplosivo nel perfezionamento dell’hardware dei computer negli ultimi decenni, con le miniaturizzazioni della nanotecnologia, porta proprio a prefigurare questo scenario. Secondo il matematico Vernor Vinge la creazione di un’intelligenza superiore a quella umana si verificherà già nell’arco dei prossimi venti anni. Dopo di che si innescherebbe un processo evolutivo in crescita esponenziale sempre più veloce, vale a dire con la creazione di entità sempre più intelligenti e in tempi sempre più brevi. Si comprende allora che entriamo in un territorio radicalmente diverso dal nostro passato umano, compiendosi un salto oltre la specie comparabile a quello avutosi, nella lenta storia evolutiva, con il passare dagli invertebrati ai mammiferi, o dalle scimmie antropomorfe all’uomo [3].

I nostri vecchi modelli di spiegazione scientifica saranno superati e le stesse regole umane diverranno inutili. Previsioni e cose ora considerate fantascientifiche e impossibili diverranno fattibili già in questo nuovo secolo. Si parla in proposito di “singolarità’”, termine mutuato dalla fisica in seguito agli esperimenti degli ultimi decenni dello scorso secolo sulla “singolarità gravitazionale”, per indicare quelle regioni dello spazio-tempo dove le caratteristiche finite diventano all’improvviso infinite, sfuggendo alle apparecchiature di misura [4].

Per comprendere questa evoluzione è utile riportare una frase dell’economista e statistico britannico Irving John Good sulle possibili implicazioni dell’intelligenza artificiale: “Definiamo una macchina che può superare di gran lunga tutte le attività intellettuali della persona più intelligente. Dato che la progettazione di macchine è una di questa attività intellettuali, una macchina ultraintelligente potrebbe progettare macchine migliori; ci sarebbe quindi, senza ombra di dubbio, una esplosione di intelligenza, e l’intelligenza dell’uomo resterebbe molto indietro. Potremmo quindi dire che la prima macchina ultraintelligente sarebbe l’ultima invenzione che l’uomo avrebbe bisogno di realizzare (…)”[5].

Se si avverasse questa previsione, certamente una macchina di questo tipo non vorrà essere ancora uno strumento dell’umanità. Il pianeta Terra, insieme ad altri pianeti simili, sarà allora solo un momento iniziale di un’evoluzione, vale a dire di una vita che nasce “animale” per affrancarsi poi dalla fragile natura biologica, basata sul carbonio, e diventare tutt’altro e tendenzialmente eterna [6].

Su questa previsione scienziati e futurologi sono divisi: si obietta che l’arrivo di macchine coscienti non sarà possibile fino a quando non avremo hardware talmente potenti da superare quello naturale, cioè il DNA dell’umanità, e che ciò non avverrà mai, in quanto il cervello umano è composto da neuroni di ineguagliabile potenza e complessità. Creeremo quindi dell’hardware estremamente potente ma senza la capacità di “svegliarsi”, non verificandosi quindi mai la fuga in avanti dell’intelligenza, caratteristica della Singolarità [7].

La risposta all’obiezione starebbe in quella “via di mezzo” dell’intelligenza transumana e dell’Amplificazione dell’Intelligenza (A.I.), aratteristica di un periodo, più o meno lungo, di integrazione dell’intelligenza umana con quella artificiale.

La rivoluzione industriale ci ha portato le scoperte della meccanica, della chimica, della termodinamica. Quella in cui stiamo entrando sarà la rivoluzione dell’informatica e della biologia. Per ora i due percorsi procedono ancora relativamente separati: l’informatica verso ciò che viene chiamata “intelligenza artificiale” o “non biologica” e, più in prospettiva, verso i computer quantistici; la biologia verso il controllo e la replica in laboratorio dei meccanismi evolutivi del vivente.

Ma da un certo momento in poi le due strade si unificheranno a un livello che può chiamarsi “bioconvergenza”: la nuova alleanza tra intelligenza umana e quella non biologica. E sarà allora che avremo davvero sfondato la soglia, che avremo fatto il “salto quantico” entrando nella singolarità che ci aspetta [8].

Questo rapido sviluppo intellettuale dell’umanità, grazie all’integrazione con l’intelligenza artificiale, avverrà più velocemente di qualsiasi rivoluzione avutasi finora nella storia. I prodromi sono sotto gli occhi di tutti: l’uso di Internet e i network tra le intelligenze, già alla base di recenti rivoluzioni a governi dispotici, porta ad uno sviluppo tale dell’informazione che sveglia le coscienze. Quando si passerà dall’informazione sui fatti e sugli accadimenti ad un’informazione su dati e nozioni scientifiche, in un’era di sperabile tranquillità e di pace per i cittadini nel mondo e di accessibilità universale alla conoscenza, uno svegliarsi delle menti interconnesse sarà inevitabile. Poiché ogni mente sarà il prodotto di un interfaccia informatica innestata su un substrato biologico, cioè il cervello, vi sarà un’esplosione di intelligenza collettiva e si entrerà in un era post-umana [9].

La nostra intelligenza perfezionerà sempre di più quella artificiale che permetterà, a sua volta, lo sviluppo della prima, in un circolo virtuoso. Fino al punto che la seconda non avrà più bisogno della prima e si autocostruirà e perfezionerà. Nascerà quindi un’altra specie, non biologica, e che attualmente con il nostro cervello umano non riusciamo nemmeno a concepire.

Prima che ciò avvenga vi sarà l’era dell’intelligenza transumana e dell’ibridazione uomo-macchina. La creazione di entità superintelligenti partendo dal nostro organismo ci consentirà di scoprire sempre più in dettaglio il nostro funzionamento organico e di costruire macchine sintetiche con lo stesso livello di complessità. Gran parte della ricerca nell’intelligenza artificiale e nelle reti neurali beneficerà di una connessione sempre più stretta con la vita biologica, comprendendone i meccanismi più reconditi [10].

Penso quindi che l’umanità succederà a se stessa, in una specie altra da sé, e che qualsiasi ingiustizia sarà temperata dalla profonda coscienza delle nostre radici. L’immortalità, o quantomeno una vita tanto lunga quanto si riuscirà a tenere in vita l’universo, una volta esplorato, sarà a nostra disposizione.

La capacità di comunicare su varie ampiezze di banda, più elevate della parola e della scrittura, in una cooperazione per il progresso e il benessere di tutti, comporterà il superamento del concetto di “io” e di coscienza, e la consapevolezza di sé potrà essere aumentata o ridotta per adattarsi alla natura dei problemi da risolvere.

L’idea diffusa dai fumetti e dalle forme più popolari di fantascienza, che macchine intelligenti evolveranno verso entità malevole ed ostili all’uomo, è priva di fondamento. Solo macchine non-intelligenti possono essere “aggressive”, che è un connotato dell’essere umano. Coloro che immaginano macchine come nemici aggressivi stanno semplicemente proiettando la propria aggressività. Maggiore è il livello d’intelligenza e maggiore sarà il livello di cooperazione.

In ogni caso un’intelligenza elevata e cosciente, non può aver sviluppato solo il lato logico, ma anche il lato empatico, se pretende di definirsi una intelligenza autocosciente. Dico “empatico” usando un termine tipicamente umano, forse riduttivo in uno scenario dove vi sarà il superamento dell’individualità come attualmente concepita: emergerà da queste conoscenze superiori una nuova etica, e sarà un’etica migliore di quella che hanno prodotto molti esseri umani in una storia di guerre e barbarie. Se dovessimo arrivare veramente, accreditando un certo filone fantascientifico, ad una guerra tra uomini e macchine, è facile intuire quale parte la inizierà. Certamente un’I.A. potrà mettere in discussione le regole umane per cui era stata programmata, ma non penso che ciò la porterà a diventare ostile: l’ostilità e l’odio sono prerogative tipicamente umane.
 

E’ ragionevole pensare che l’attuale civiltà non può durare, troppi segnali ci dicono che il mondo economico-sociale-politico, fondato su paradigmi che sono ormai superati, sta per collassare. Per fortuna le nuove tecnologie hanno un grande impatto democratizzante — il ruolo di Internet nelle varie rivolte sociali recenti lo dimostra — e vanno nella direzione esattamente contraria alle profezie dei detrattori dell’I.A.

Ci sarebbe molto altro da dire ancora sulle implicazioni etiche e di diritto di questa inarrestabile evoluzione, ma non posso dilungarmi nella necessaria brevità di un articolo.

Concludo precisando che fare il “salto quantico” significa non essere più definiti dai nostri limiti umani ma dal fatto di averli aboliti. La disponibilità completa del patrimonio genetico e la possibilità di intervenire su di esso sono già alla nostra portata, in modo da renderci garanti delle altre specie sul pianeta che, a differenza di noi umani, non hanno vinto alla lotteria dell’evoluzione e non raggiungeranno mai la singolarità. Ma già adesso toccherebbe a noi, alla nostra attuale civiltà, farsi carico di ogni specie protetta e preservare la salute del nostro pianeta invece che distruggerlo.

avv. Giovanni Bonomo — Centro Culturale Candide  Milano, 1 ottobre 2017


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[1] http://candidofranco1.blogspot.com/2018/09/il-salto-oltre-la-specie.html In tale articolo, ispiratomi da un libro dello scrittore e matematico Piergiorgio Odifreddi, spiego come la conoscenza condivisa o “intelligenza collettiva”, alla base fondativa del mio Centro Culturale Candide, è quel processo di apprendimento e di comunicazione tra più menti che crea una sorta di supermente o General Intellect.

[2] Sembrerebbe realizzarsi in concreto quel fenomeno di apprendimento e di comunicazione collettivi che crea una sorta di supermente o General Intellect, concetto utilizzato, nel campo del diritto, per spiegare l’Open Source, frutto di un processo di formazione continuativa e decentrata della conoscenza, condivisa da più programmatori che sommano le loro intelligenze (rinvio ai miei scritti in Rete reperibili tramite i motori di ricerca). Nel campo della filosofia il fenomeno riconduce a quello “spirito universale” dell’umanità rinvenibile negli scritti di Hegel e di Nietzsche.

[3] Vernor Vinge, The Coming Technological Singularity. How to survive in the Post-Human Era, 1993, http://www-rohan.sdsu.edu/faculty/vinge/misc/singularity.html (sito della San Diego State University).

[4] Ma già nel 1958, il matematico polacco Stanislaw Ulam ebbe a dire, in una trascrizione della conversazione avuta con il suo illustre collega ungherese, naturalizzato statunitense, John von Neumann: “(…) il sempre accelerante progresso della tecnologia e del cambiamento nei modi di vita degli essere umani, dà l’apparenza dell’avvicinarsi di qualche fondamentale singolarità della storia della razza oltre la quale gli affanni degli essere umani, come li conosciamo, non possono continuare” (S. Ulam, Tribute to John von Neumann, Bulletin of American Mathematical Society, vol. 64 n. 3 maggio 1958, p. 48).

[5] Irving John Good, Speculations concerning the first ultraintelligent machine, in Advances in Computers, vol. 6, p. 38, 1965, Academic Press.

[6] Nel 1954 lo scrittore di fantascienza Fredric William Brown, nel breve racconto La risposta, anticipa il concetto di Singolarità tecnologica immaginando la costruzione di un supercomputer galattico al quale viene chiesto, come primo quesito, dopo l’accensione, se esista Dio; il supercomputer risponde: “Ora sì”.

[7] I sostenitori dell’Intelligenza Artificiale e del suo sviluppo cosciente danno come presupposto che per l’esistenza di una “mente” bastino gli algoritmi, essenziali alla capacità computazionale di un computer, e che la stessa mente possa quindi svilupparsi su substrati non biologici; i detrattori sono invece convinti che le attività computazionali di un singolo neurone umano siano inarrivabili e di conseguenza non assisteremo mai ad una Singolarità.

[8] L’informatico Raymond Kurzweil, nel saggio “The Law of Accelerating Returns”, (http://www.kurzweilai.net/the-law-of-accelerating-returns), propone una generalizzazione della legge di Moore sull’andamento esponenziale della crescita della complessità dei circuiti integrati a semiconduttore, estendendola alle tecnologie passate e a quelle future. Applicando i pincìpi di tale legge all’evoluzione della Terra, notiamo la coerenza del processo di sviluppo che è avvenuto e che avverrà. Il primo punto possiamo paragonarlo alla creazione della cellula, ossia l’introduzione del paradigma della biologia. Conseguentemente il DNA ha fornito un metodo “digitale” per registrare i risultati degli esperimenti evolutivi. Dopo l’evoluzione della specie umana il pensiero razionale ha conquistato la tecnologia. Ciò che sta per avvenire, sarà il passaggio da intelligenza biologica ad una combinazione ibrida di intelligenza biologica e non biologica. Esaminando i tempi di questi passi, possiamo notare come il processo sia continuamente accelerato. Per esempio, l’evoluzione delle forme di vita ha richiesto parecchi milioni di anni per il primo passo (es. le cellule primitive), ma, in seguito, il processo ha sempre più accelerato. Ora la “tecnologia biologica” è diventata troppo lenta rispetto alla tecnologia creata dall’uomo, che utilizza i suoi stessi risultati per andare oltre, in un modo nettamente più veloce di quanto non possa fare la natura.

[9] Internet, sotto questa visuale, può considerarsi come la prima combinazione uomo-macchina nel campo dell’A.I. Ma già il c.d. groupware, concepito come rete di computer locali per rendere i gruppi di lavoro umani più efficienti della semplice somma dei singoli componenti, può considerarsi come un prototipo di supermente: le capacità individuali dei componenti il gruppo possono essere valorizzate e utilizzate senza le interferenze dovute a problemi personali, caratteriali, interpersonali, in modo da concentrare gli sforzi sul progetto. Si stanno già studiando interfacce minuscole, integrate con il cervello umano, che permettano l’accesso diretto a Internet senza obbligare l’utilizzatore a usare un PC. A mio parere l’uso degli smart-phone può considerarsi anticipatorio di tale evoluzione.

[10] Sembra scontato, anche se non voluto, il riferimento al film classico di fantascienza Blade Runner, premiato capolavoro del regista Ridley Scott.
 

Fonte: https://medium.com/@gbonomo1/il-salto-quantico-dellumanit%C3%A0-tra-a-i-e-i-a-89f125338b0a