Daniele Ventola

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#day217

2019-04-15 21:07:21

Si allontanava Edirne alla mia vista, ma i sui minareti ancora cercavano il cielo. Strade d'asfalto un caldo sole.

Si allontanava Edirne alla mia vista, ma i sui minareti ancora cercavano il cielo. Strade d'asfalto un caldo sole. Sulla statale un gruppo di giovani militari in marcia mi ferma. Dicendo di essere italiano esultano con un <<Haide! Haide!>>...Non credevo  che anche qui usassero quest'esultazione sentita prima in Bulgaria.
La primavera inzia a dare i suoi effetti. L'asfalto si rinfrange nell'etere mentre gocce di sudore pendono dalla fronte. Tanto tempo che non provavo questa sensazione. Cedo la strada ai trattori e ai carri trainati dai cavalli perdendomi nei sterminati campi che iniziano a germinare. Catturano il mio sguardo.

Il silenzio del cammino viene spezzato dalle macchine che salutano col clackson in allegria. Due cose sono vere di quello che pensiamo della Turchia. Una che la loro ospitalita' e' incommensurabile; due che fumano tantissimo.

Vedo il mio turco progredire sempre di giorno in giorno, ma non e' una lingua facile. Molto mi ricorda l'ungherese. Entrando in piccoli villaggi per fare provviste e vengo immediatamente fermato dalle persone incuriosite del bagalgio che mi porto sulle spalle.

Paesi colorati, alti minareti nel centro. Incroci di sguardi, alte mani. Saluti all'errante <<prendi cerimonia con noi! Prendiamo un chai>>. Bazar e market, giovani che vendono singole cozze da mangiare con una spruzzata di limone <<italiano, sei mio ospite!>>

Sulla statale un gruppo di lavoratori capitanati da Fatih mi fanno entrare nella zona lavoro. Parliamo un po', sempre grazie ad un traduttore, che rende tutto piu' semplice. Parliamo  delle cose semplici: della vita, del sole, del viaggio, del loro sogno di visitare l'Italia; basta avere la volonta' di incontrarsi. Siamo molto simili sopratutto con la fisionomia e questa e' una cosa che mi sorprende sempre di piu'.

Chilometri e chilometri su una statale che taglia gli infiniti campi i quali salgono e scendono su valli gentili dove il sole lentamente si abbassa. Il cielo notturno della Turchia e' la firma di Dio sulla volta celeste. Sotto la cintura di Orione vengono cullati i miei sogni che trasportano indietro nel tempo. Al mattino ogni filo d'erba ospita la brina, il sacco a pelo e' coperto di sottili strati di ghiaccio e un sole ancora molto freddo mi saluta. Cielo turchese, terra verde e rossa, ma e' la strada a farmi conoscere Ali' il quale mi porta al lavoro con lui.  Scarichiamo bidoni pieni di stovaglie sporche, incartiamo pasti, li trasportiamo in macchina verso ospedali in paesi sperduti. E dopo un intera giornata di lavoro ci sediamo al tavolo di un bar per un caffe' turco.  <<Sappi che qui' avrai sempre un amico.>> mi saluta Ali' alla porta dell'albergo piu' economico della citta'.

Quando sto per entrare in doccia bussano alla porta, apro. E' di nuovo Ali', mi dice di prendere il traduttore. <<Mia moglie e mia figlia sono giu' che ti vogliono conoscere>> <<aspetta Ali' non posso scendere con solo l'asciugamano.

Una donna con in braccio una bambina di 7 annni mi attendono giu'. Dopo pochi minuti di presentazioni se ne vanno dopo che le nostre mani si sono strette e le tempie toccate a destra e sinistra. E' cosi' che salutano in Turchia. La Fiat bianca si allontana e con lei il mio amico e parte della sua famiglia.

Dietro ogni angolo una sorpresa che neanche la memoria riesce a trattenere tanto che fluiscono questi istanti. I volti e la dolcezza di queste persone mi scaldano e mi sorprendono, ma qualcosa mi dice che il cuore della Turchia ancora deve arrivare.

Sara' il mare di Istanbul a dividere definitivamente l'Occidente dall'Oriente?

Daniele Ventola, antropologo e viaggiatore

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