Benedetto Neroni

Business & Finanza

Separazione dei coniugi: bilanciare diritto alle informazioni e diritto alla riservatezza

2021-11-19 18:32:42

Premessa indispensabile: la sentenza in commento, riguarda il diritto d'accesso ai dati di un coniuge conservati presso il suo datore di lavoro, nel caso di specie una Pubblica Amministrazione. Stiamo, pertanto, parlando di una tematica - quella dell'accesso ai dati e alle informazioni in possesso della Pubblica amministrazione - molto ampia perché trasversale a tante materie, anche al di fuori del diritto amministrativo. La sentenza in commento riguarda il diritto di accesso esercitato per acquisire informazioni utili a tutelare una posizione giuridica in altro procedimento giudiziario. La fattispecie, denominata "accesso difensivo" (ossia quello "…ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici", di cui al comma 7 dell'art. 24, L. n. 241/1990 e s.m.i.), si connota come una fattispecie ostensiva autonoma, caratterizzata (dal lato attivo) da una vis espansiva capace di superare le ordinarie preclusioni che si frappongono alla conoscenza degli atti amministrativi; e connotata (sul piano degli oneri) da una stringente limitazione, ossia quella di dovere dimostrare la "necessità" della conoscenza dell'atto o la sua "stretta indispensabilità"

Nei casi in cui l'accesso riguarda dati sensibili o giudiziari, i principi di riferimento sono:


a) la sussistenza del solo nesso di necessaria strumentalità tra

l'accesso e la cura o la difesa in giudizio dei propri interessi

giuridici (v. art. 24, comma 7, della L. n. 241/1990);


b) la titolarità del diritto in capo a tutti i soggetti privati,

compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, senza alcuna

ulteriore esclusione (art. 22, comma 1, lett. d, con formula replicata dall'art. 2, comma 1, D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184);


c) la riconducibilità delle qualità dell'interesse legittimante a

quelle ipotesi che - sole - garantiscono la piena corrispondenza tra la

situazione (sostanziale) giuridicamente tutelata e i fatti (principali e

secondari) di cui la stessa fattispecie si compone (raffronto tra la

fattispecie concreta di cui la parte domanda la tutela in giudizio e

l'astratto paradigma che ne costituisce la base legale). L'interesse

legittimante all'accesso difensivo è quello che corrisponde in modo

diretto, concreto e attuale alla cura o anche difesa in giudizio di tali

predeterminate fattispecie, in chiave strettamente difensiva. Per il

legislatore, l'oggetto della situazione legittimante l'accesso

difensivo, oltre a corrispondere al contenuto dell'astratto paradigma

legale, deve essere collegato al documento al quale è chiesto l'accesso,

in modo tale da evidenziare in maniera diretta e inequivoca il nesso di

strumentalità che avvince la situazione soggettiva finale al documento

di cui viene richiesta l'ostensione, e per l'ottenimento del quale

l'accesso difensivo, in quanto situazione strumentale, fa da tramite.


Nel quadro tratteggiato, l'obbligo di motivazione dell'istanza di

accesso difensivo si pone quale elemento indispensabile per valutarne

l'ammissibilità, anche in chiave di prevalenza rispetto a interessi

contrapposti; è infatti necessario che le finalità dell'accesso siano

dedotte e rappresentate dalla parte in modo puntuale e specifico

nell'istanza di ostensione, e suffragate con idonea documentazione (ad

es. scambi di corrispondenza; diffide stragiudiziali; in caso di causa

già pendente, indicazione sintetica del relativo oggetto e dei fatti

oggetto di prova; ecc.), così da permettere alla P.A. detentrice del

documento il vaglio del nesso di strumentalità necessaria tra la

documentazione richiesta sub specie di astratta pertinenza con la

situazione "finale" controversa.


Sintetizzando gli elementi costitutivi dell'accesso difensivo (Cons. Stato, Ad. plen., sent. 18 marzo 2021, n. 4):


a) si deve escludere che sia sufficiente nell'istanza di accesso un

generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e

difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora

instaurando, poiché l'ostensione del documento richiesto passa

attraverso un rigoroso, motivato, vaglio da parte della P.A. sul nesso

di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la

situazione finale che l'istante intende curare o tutelare;


b) la P.A. detentrice del documento e il giudice amministrativo adito

nel giudizio di accesso ai sensi dell'art. 116 c.p.a. non possono (e

perciò non devono) svolgere ex ante alcuna (ultronea) valutazione

sull'ammissibilità, sull'influenza o sulla decisività del documento

richiesto nell'eventuale giudizio instaurato, poiché un simile

apprezzamento compete, se del caso, solo all'autorità giudiziaria

investita della questione e non certo alla P.A. detentrice del documento

o al giudice amministrativo nel giudizio sull'accesso, salvo il caso di

una evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le

esigenze difensive e, quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o

temerario dell'accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei

presupposti legittimanti previsti dalla L. n. 241/1990.


Il diritto di accesso difensivo prevale, nella comparazione degli

opposti interessi, sulla tutela della posizione dei controinteressati

all'esibizione documentale (Cons. Stato, Sez. V, sent. 18 ottobre 2021,

n. 6964). Infatti, ai fini del bilanciamento tra il diritto di accesso

difensivo, preordinato all'esercizio del diritto alla tutela

giurisdizionale in senso lato, e la tutela della riservatezza, secondo

la previsione dell'art. 24, comma 7, della L. n. 241/1990, non trova

applicazione il criterio della stretta indispensabilità (riferito ai

dati cc.dd. sensibili e giudiziari), né il criterio

dell'indispensabilità e della parità di rango (riferito ai dati cc.dd.

supersensibili), ma il criterio generale della "necessità" ai fini della

"cura" e della "difesa" di un proprio interesse giuridico, ritenuto dal

legislatore tendenzialmente prevalente sulla tutela della riservatezza,

a condizione del riscontro della sussistenza dei presupposti generali

dell'accesso documentale difensivo (Cons. Stato, sent. 28 maggio 2021,

n. 4114).


L'istanza di accesso, anche quando difensivo, deve avere a oggetto

documentazione specifica in possesso della P.A. e non può riguardare

dati ed informazioni che, per essere forniti, richiedono un'attività di

indagine e di elaborazione da parte della stessa (Cons. Stato, Sez. IV,

sent. 29 settembre 2021, n. 6546). Per evidenti ragioni di buon senso,

l'istanza non può riguardare documenti non più esistenti o mai formati

e, laddove infatti l'esistenza del documento sia incerta o solo

eventuale o ancora di là da venire, l'azione di accesso agli atti non

può essere ritenuta ammissibile (Cons. Stato, Sez. V, sent. 7 ottobre

2021, n. 6713).


Secondo la sentenza del TAR Toscana, in genere i dati inerenti la

presenza in servizio di un dipendente pubblico non sono sensibili né

riservati e comunque la P.A. datrice di lavoro, in relazione alla

funzione e servizio svolti dal dipendete interessato e alle esigenze di

bilanciamento degli interessi, può (e perciò deve) adottare

l'oscuramento di specifiche indicazioni di luoghi delle eventuali

riunioni, missioni ecc. e delle motivazioni sottese, dovendo documentare

le date richieste coincidenti con impegni di servizio, ferie, permessi,

dando così prevalenza all'accesso. I tabulati di presenza del

dipendente pubblico possono essere forniti al coniuge separato che li

chieda per esigenze difensive.


I dati inerenti eventuali istanze di congedo parentale o altro tipo

di congedo, oppure quelle di aspettativa (retribuita o non retribuita),

di permessi retribuiti ai sensi dell'art. 33 della L. 5 febbraio 1992,

n. 104 e s.m.i. o di part-time e gli eventuali provvedimenti di

accoglimento invece non possono essere forniti. Tali documenti infatti,

ove contengano dati sensibili e attinenti alla sfera della salute, non

possono essere considerati, in alcun modo, necessari o indispensabili

alla difesa del ricorrente nei contenziosi civili e con riferimento ai

quali la pretesa all'ostensione dei documenti risulta assolutamente

recessiva nel (necessario) giudizio di comparazione di cui all'art. 24,

comma 7 della L. n. 241/1990.


Per quanto attiene infine ai profili processuali, il giudizio in

materia di accesso è rivolto ad accertare la sussistenza o meno del

titolo all'accesso nella specifica situazione, alla luce dei parametri

normativi e indipendentemente dalla maggiore o minore correttezza delle

ragioni addotte dalla P.A. per giustificare il diniego, configurandosi

dunque come giudizio sul rapporto (come si evince dal comma 4 dell'art.

116 c.p.a.). Ciò non toglie, tuttavia, che il giudizio è modellato sullo

schema impugnatorio classico, in quanto rivolto avverso il

provvedimento di diniego o avverso il silenzio - rigetto formatosi sulla

istanza di disclosure documentale. Dalla natura impugnatoria del

giudizio in materia di accesso conseguono:


a) il carattere decadenziale del termine previsto per l'impugnazione del diniego espresso dalla P.A.;


b) l'impossibilità di reiterare l'istanza di accesso, salvo che essa

non si fondi su fatti non rappresentati nell'originaria domanda,

sopravvenuti o meno, ovvero su una diversa prospettazione dell'interesse

giuridicamente rilevante;


c) l'onere di impugnazione di eventuali atti di diniego sopravvenuti,

ove non meramente confermativi del primo diniego. (Cons. Stato, Sez.

III, sent. 6 ottobre 2021, n. 6656)


FONTE: WWW.ALTALEX.COM


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