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Le forze economiche

2020-06-03 07:56:36

Ecco la parte finale dell'approfondimento sulla Quarta Rivoluzione Industriale

Negli ultimi 25 anni, in Italia, abbiamo assistito ad una progressiva ed inesorabile precarizzazione del lavoro, in generale, e del lavoro dipendente, in particolare. 


Tutto questo è stato causato da varie “forze” in atto sui mercati, come quelle tecnologiche e sociali che abbiamo citato prima, ma anche dal fatto che molte grandi aziende, che un tempo erano aziende di Stato o parastatali, sono state privatizzate. 

A livello europeo sono stati incoraggiati il libero mercato e la competizione, le aziende in difficoltà non possono più ricorrere a sussidi statali e lo Stato non può più intervenire per salvarle e rilanciarle. 


Questo ha determinato il fallimento, la svendita, l’accorpamento e lo smembramento di migliaia di medie e grandi aziende e, nella maggior parte dei casi, la perdita di centinaia se non migliaia di posti di lavoro. 


Pensiamo, ad esempio, ad aziende come Alitalia che fino a 30 anni fa era una delle più grandi e migliori compagnie aeree del mondo e che adesso fatica a trovare investitori che vogliano rilanciarla. Pensiamo al fallimento di diverse Banche italiane medio-grandi negli ultimi 10 anni. Cito solo alcuni dei casi più eclatanti: Monte dei Paschi di Siena, Carige, Banca Etruria, Banca Marche, Cassa di Risparmio di Ferrara, Carichieti, Banca Popolare di Vicenza, Veneto Banca. 

Nei 160 anni della storia della Repubblica Italiana non si è mai verificato un collasso del sistema bancario di queste proporzioni e in un arco di tempo così breve. 


Addirittura, un’azienda come la Telecom, che opera in un settore strategico e fondamentale come quello delle telecomunicazioni, attualmente è profondamente in crisi. 


In linea generale, la maggior parte delle imprese italiane ha anche dovuto combattere contro l’agguerrita competizione operata principalmente dalla Cina e da altri paesi del Sud-Est asiatico, con un conseguente e generale peggioramento delle condizioni di lavoro dei dipendenti e una progressiva riduzione sia degli stipendi che dei diritti dei lavoratori. 


Come se non bastasse, nel 2008-2009 è arrivata la “crisi finanziaria americana” che ha stravolto l’Europa e l’Italia negli anni 2011-2013 e ha portato al fallimento di decine di migliaia di piccole e medie imprese e la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro. 

Ma l’esempio più eclatante, che dimostra che al giorno d’oggi anche un'azienda leader sul mercato mondiale, con fatturati stratosferici in settori in forte espansione, può miseramente fallire in pochissimo tempo, è quello dell’azienda finlandese Nokia.

Nei primi mesi del 2011 NOKIA era ancora la principale azienda sul mercato dei telefoni cellulari. Da sola vendeva circa la metà dei cellulari di tutto il mondo. Dieci anni fa il brand aveva la competitività di Apple e Samsung messe insieme. Chi voleva un cellulare, voleva un Nokia perché c’era la scelta più ampia, il miglior design e si trattava del marchio più famoso sul mercato della telefonia mobile. L’azienda aveva 35 mila dipendenti che lavoravano in tutto il mondo. 


Com’è potuto succedere che la migliore azienda produttrice di telefoni cellulari non sia riuscita a mantenere la sua posizione anche con la produzione di smartphone? Com’è possibile che sia passata da leader incontestato del mercato a una delle ultime in classifica, in soli 4 anni? 


La verità è che il grande successo dell’azienda è stato anche il motivo del suo fallimento. 


Essendo rimasta per tanti anni in una posizione di leader del settore, quando si sono affacciati sul mercato i primi smartphone (2007/2008), ha sottovalutato l’impatto che avrebbe avuto questo nuovo prodotto e non ha saputo prevedere la necessità di fare un cambiamento di rotta drastico ed immediato per rimanere competitiva. 

In quel momento è mancata la volontà di reinventarsi e di tuffarsi in una nuova avventura. Le idee c’erano, ma furono commessi gravi errori di valutazione da parte della direzione e dei manager aziendali. 


Oggi se chiedessimo ad un adolescente se conosce la NOKIA probabilmente ci risponderebbe che non sa nemmeno di cosa stiamo parlando. 


Se avessimo chiesto ad un dipendente della Nokia nel gennaio del 2011 dove avrebbe pensato di lavorare 4 anni dopo, nel 99% dei casi ci avrebbe risposto: “Alla Nokia naturalmente. Siamo i numeri 1 al mondo”. Ora la Nokia esiste ancora, ma è solo il fantasma di quello che era nel 2010. La quasi totalità di quei 35 mila dipendenti ha dovuto cercarsi un’altra azienda per la quale lavorare. 


Cosa ci insegna questa storia?


Ci insegna che anche se sei un dipendente di un’azienda di successo, di livello internazionale e multimiliardaria, in un settore in grande espansione, non c’è alcuna sicurezza e garanzia che fra qualche anno avrai ancora quel posto di lavoro. Basta un solo grave errore da parte di chi gestisce l’azienda per distruggerla e causare la perdita di migliaia di posti di lavoro.


Se ti sei perso le parti precedenti:


Tratto dal capitolo 3 del libro di Gabriele Visintini “Internet Crea Indipendenza”

by Cam.TV Staff