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Il volto che cattura lo sguardo: come la pubblicità utilizza i volti per ottenere la nostra attenzione

2020-07-16 10:59:57

Un volto presente in un cartellone pubblicitario, in uno spot o in un post sui social ha un potere straordinario. Chi fa marketing lo sa bene...e lo sfrutta a proprio vantaggio. Che effetto ci fa un bel viso sorridente? Scopriamolo in questo articolo.

Il nonno di Facebook


Correva il 2003 quando Mark Zuckerberg creò Facemash, il progenitore di Facebook.

Zuckerberg frequentava il college di Harvard ed ebbe un’idea brillante (e pessima per altri versi): dopo aver hackerato le foto dell’annuario degli studenti del college, creò un sito che metteva 2 volti di studenti a confronto e poi chiedeva agli utenti:

“Who’s Hotter? Click to Choose.”

Che si può tradurre con “Chi è più sexy? Clicca per scegliere”.


All’epoca non esisteva ancora nulla del genere e il sito ebbe un successo enorme e tale da mandare in crash i server di Harvard. Dopo soli 10 giorni, il sito venne fatto chiudere per ragioni di sicurezza e di privacy (e Zuckerberg si beccò una sospensione di 6 mesi), ma di certo fu un forte segnale della direzione in cui in futuro si sarebbe mosso il web.


Nel 2004 nasceva Facebook.

Facemash con le celebrità (non viene forse spontaneo scegliere chi ti piace di più?)



Ma c’è una considerazione in più da fare.


Un’attrazione fatale


Noi siamo estremamente attratti dai volti: è una questione cognitiva e naturale.

Se facessimo un confronto su Instagram tra una foto di un paesaggio e la stessa foto che contenga però all’interno anche un volto sorridente, potremmo rilevare un’interessante dato.


Le immagini che contengono un volto hanno il 38% di probabilità in più di ricevere like e il 32% di probabilità in più di ricevere dei commenti.

Il nostro cervello ha un’area dedicata proprio al riconoscimento dei volti di chi incontriamo e all’interpretazione delle emozioni che si manifestano su quei volti.

Ci serve per entrare in contatto con gli altri, per comunicare e per creare empatia.


Un procedimento biologico che influenza moltissimo il nostro comportamento e che viene spesso sfruttato nell’ambito della pubblicità e del marketing.


Sapendo questo, che immagini risultano più efficaci per attrarre i consumatori?


Un sorriso spontaneo

Innanzitutto, un volto sorridente va bene, ma non sempre. Proprio perché siamo bravi a decodificare le emozioni, il sorriso deve apparire autentico, spontaneo e non forzato.

E il contesto deve rispecchiare questa emozione allegra. Non posso abbinare un volto sorridente a una situazione seria o cupa.


Un istinto naturale: i bambini

Sia uomini che donne reagiscono con più intensità davanti al volto di un bambino (probabilmente per istinto di protezione).


Le donne ricordano più facilmente il volto di altre donne, mentre gli uomini ricordano allo stesso modo sia volti maschili che femminili.


Per questo motivo se la nostra campagna pubblicitaria si rivolge alle donne, è consigliabile inserire nella foto un volto di donna e uno di bambino: in questo modo non solo otterremo più attenzione ma verremo anche ricordati più a lungo.

immagine: Manifattura Falomo


I volti che vediamo attorno a noi

Chi ha fatto un viaggio all’estero, magari fuori dall’Europa, avrà notato che i soggetti presenti negli spot pubblicitari rispecchiano quasi sempre l’etnia del Paese di appartenenza.

Per cui troveremo soggetti caucasici in Italia, indiani in India, arabi in Arabia Saudita e così via.

Questo perché le pubblicità hanno lo scopo di creare identificazione in chi le guarda: ci dobbiamo immedesimare per poter desiderare di acquistare quel determinato prodotto. 


La questione è semplice: il nostro cervello riconosce i visi della nostra stessa etnia più rapidamente, perché è abituato a vederli ogni giorno.


Lo sguardo magnetico

Tendiamo a concentrare maggiormente l’attenzione sugli occhi.

Ragion per cui, a meno che non stiamo vendendo occhiali da sole, dovremmo mettere sempre in evidenza gli occhi del soggetto presente nelle immagini pubblicitarie.

L’eye-tracking: uno studio che ci spiega dove si posa il nostro sguardo


A tutti questi dati, possiamo abbinare anche un interessante studio di eye-tracking.

Il tracciamento del movimento oculare permette di capire e misurare la direzione e la durata dello spostamento dello sguardo del soggetto studiato.


Da questo studio è emerso che se un annuncio pubblicitario è composto da un testo e dalla foto di un soggetto, chi vede l’annuncio tenderà a concentrarsi maggiormente sul volto e sugli occhi del soggetto, a discapito del messaggio del testo.


Per questo, è preferibile che il soggetto fotografato stia guardando nella direzione dell’annuncio (o della call to action):

immagine: www.neurosciencemarketing.com/blog/articles/baby-heat-maps.htm


I punti caldi rappresentano le aree in cui lo sguardo si sofferma più a lungo.


Notiamo come nella prima versione lo sguardo sia estremamente attratto dal viso del neonato.

Nella seconda opzione, invece, benché lo sguardo sia ancora molto attratto dal bambino, l’attenzione viene equamente distribuita tra il suo volto ed il testo che sta guardando.

Seguire lo sguardo degli altri è istintivo: nell’immagine qui sopra la ragazza guarda proprio il form di contatto che ci interessa venga preso in considerazione dagli utenti.


Nota extra: in occidente la lettura avviene da sinistra a destra, perciò inserire gli elementi scritti sulla sinistra aumenta la possibilità che vengano visti per primi.



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bibliografia: studiosamo.it ; articolo “Come neuromarketing e volti possono rendere più umano (e più efficace) il tuo brand online” di Andrea Saletti ; articolo “Child Labor: Put That Baby to Work!” di Roger Dooley

by Cam.TV Staff