Sono un Counselor Professionista Avanzato. ConTeSto è un “modo di essere” con e tra le persone in questo tempo di solitudini, dei “senza” scrive Galimberti, per l’evidente crisi di relazioni umane.
ConTeSto: educare la cura dell’Altro al tempo dei legami fragili
Solitudine e individualismo sono, senza ombra di dubbio, due dei tratti più rilevanti della società nella quale ci ritroviamo e che, in qualche modo, abbiamo contribuito a costruire. Due tratti ai quali fanno eco anche quelli rilevati dal Censis negli ultimi anni: italiani “rancorosi” nel 2017, “cattivi” nel 2018.
I principi di solidarietà e sussidiarietà che avevano caratterizzato l’Italia del dopoguerra e del boom economico, che per lungo tempo hanno consentito condizioni di prevalente benessere e vicinanza, sembrano smarriti: ciascuno vive per sé, per i propri interessi, per i propri bisogni, accrescendo il senso di solitudine e smarrimento dei soggetti più vulnerabili.
Bauman scrive in proposito: “Possiamo mettere assieme tanti strumenti, ma costruire la nostra vita completamente da soli, senza affidarci ad altri esseri umani, è praticamente impossibile, con l’eccezione di pochi individui con molto talento. Comunque ciò è impensabile per la gran parte delle persone. Proprio per questo, dunque, abbiamo la crisi del terzo valore (dopo quella dell’autorevolezza e della fiducia) che è la crisi della solidarietà, vale a dire il senso di trovarsi tutti in questa situazione. Dunque quel che dovremmo fare è metterci assieme, riflettere, aprirci agli altri, ascoltare le esperienze, le aspettative, i sogni; se ci metteremo insieme, il risultato sarà maggiore della somma delle parti”.
Da Lo spirito e il clic. La società contemporanea tra frenesia e bisogno di speranza, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi), 2013. Introduzione di Riccardo Mazzeo (Quaderni del Festival biblico).
Se la realtà odierna, il tempo della comunicazione a portata di mano, dell’essere sempre connessi, dei click “mi piace”, dei diari visibili a innumerevoli amici, ha accorciato le distanze, ampliato i contesti, e gli effetti sono quelli descritti in precedenza (quello della solitudine e dell’individualismo in particolare), è ragionevole dedurre, senza interpretazione alcuna, che la crisi dei legami che coinvolge tutti noi ha bisogno di essere supportata e incoraggiata da un nuovo atteggiamento.
È l’atteggiamento generativo dell’incontro, del ConTeSto, dell’uscire da sé per andare verso l’Altro. Del superamento dell’individualismo e della frammentazione sociale per un passaggio dall’Io al Noi capace di dare un senso all’esistenza di ogni Io. Pensare e agire ancora con l’idea di bastare a se stessi, restando intrappolati nel proprio narcisismo, rischia di perpetuare gli scenari in atto. Rischia l’incattivamento della persona (la “durezza del cuore”) e la sconfitta di ogni relazione. L’inasprimento dell’invidia e della violenza: della concorrenza interpersonale.
L’Altro, prima che una persona concreta è presente dentro di noi nel bisogno che abbiamo per vivere. Veniamo al mondo da un Altro. È una necessità strutturale, funzionale all’accrescimento e all’autorealizzazione di ciascuno nel bisogno di “completarsi con ...” l’Altro: nella sua diversità, nel suo essere eteros, in quella distanza funzionale utile a non “confondermi con ...” mantenendo, ciascuno, la propria differente originalità. È la ricchezza della differenza contro ogni uniformità. Contro la tendenza a rendere tutti uguali. E non uso la preposizione o l’avverbio “contro” a caso.
Fatta eccezione del tempo in cui si è bambini o, più avanti con l’età, nella fase dell’innamoramento, in cui ci si “con-fonde” con l’Altro, tutto il resto della vita è un “relazionarsi a ...” che non può che essere intenzionale: un atto voluto, determinato, sempre consapevole, non affidato al caso, nel bisogno di non percepirsi soli. Quell’aspetto di me che si “in-tenziona a ...”, che “fa riferimento a ...” funzionale alla stessa sopravvivenza nel bisogno di oltrepassarmi “in vista di ...”.
In contrapposizione alla realtà descritta, di questo tempo “liquido” che abbraccia il modo di “stare con ...” l’altro, dividendo il mondo tra “noi” e gli “altri” (con tutto ciò che questo comporta e, in particolare, l’oggettualità dell’altro), l’essere agenti costruttori di “comunità di destino” prima e di “cura” dopo è il prendere consapevolezza che tale agire è insito dentro Noi. Dentro ogni contesto da Noi vissuto, qui inteso come il luogo, lo spazio fisico in cui si intessono relazioni utili alla soddisfazione dei bisogni e dei desideri di ciascuno. Si tratta di bisogni e desideri che abbiamo individuato, che conosciamo, e che, più sono chiari a noi stessi e – attraverso la comunicazione – anche agli altri, meglio possono essere soddisfatti.