Chiara Rey

Founder Senior

RACCONTO/ TERRE DI CONFINE Polesine: la storia di Gildina

2019-09-21 21:53:56

Iniziai a scrivere "Terre di confine" alcuni anni fa, ascoltando i racconti che mia mamma, nata a Porto Tolle nel 1949, mi faceva ricordando di quand'era bambina. Una fanciullezza fatta di fatiche e tanto amore ma anche di eventi traumatici, come l'alluvione del Polesine e di enormi sacrifici...

QUANDO SUGLI ARGINI A CA' VENDRAMIN 

BRILLAVA LA BRINA...

La luce piena del mattino batteva sugli argini alti, scintillanti di neve e brina ghiacciata. Era il dicembre 1953, passati appena due anni dalla prima alluvione. E Si avvicinava come ogni anno il Natale. Superata la prima grande emergenza, salvate dal nulla terre, uomini e animali, si ricominciava dopo un periodo di totale disperazione, a vivere. Leggeri fili di fumo segnavano i camini accesi. Rivoli ghiacciati spezzavano la linea dell'orizzonte limitato. Uno spettacolo per gli occhi, quello che si offriva alla piccolissima Gildina (detta Lina) e ai suoi grandi amici d'avventura: le sorelline Bruna e Graziella, l'Argentino, il Bepi e i bambini che si univano a loro man mano, tutti soli, tutti allo sbaraglio. Tutti ansiosi di sfuggire alla sorveglianza della nonna per fare una corsa sul ghiaccio ed andare a gareggiare sugli argini con lo slittino. Impavidi, nel freddo gelo invernale e vestiti di panno e ruvida lana. 

E il loro gioco più bello, ed anche una vera prova di coraggio, consisteva nello scivolare con lo slittino dall'alto dell'argine fino in fondo, frenando solo all'ultimo, per evitare di cadere nel lungo canale che scorreva ai piedi dell'argine stesso. Cosa che però ai bimbi regolarmente accadeva, soprattutto per i più piccoli. (Soprattutto a mia mamma Gildina!)

Ma ghiaccio e panni bagnati non erano sufficienti a tener lontano i bambini da quel luogo incantato e da quel "bellissimo gioco". Tornavano alla cascina fradici e intirizziti per l'ora di pranzo. E poi Lina e le sorelline, per non farsi sorprendere dalla nonna in quello stato, scalavano dal fienile la finestrella della loro cameretta, entravano alla chetichella, si spicciavano in fretta degli indumenti bagnati e si arrotolavano nel letto sotto le coperte, battendo sonoramente i denti... 

Mentre giù nel tepore della cucina, nel grande paiolo di rame, la nonna girava, col suo bastone di legno, un'enorme, fumante polenta... 

(...)


COSI' RICORDANO LE CRONACHE DELL'EPOCA

Il giugno 1957 fu un mese difficile per tutto il Nord Italia. Fin dalle prime settimane temporali violentissimi colpirono il Piemonte, in particolar modo la Val di Susa. Ci furono almeno tre vittime ed ingenti danni. Ci furono allagamenti e frane. Verso fine mese, le piogge abbondanti cadute per tutto giugno nel nord, causarono inoltre una importante piena del fiume Po, che fece rivivere a molti il dramma dell’alluvione nel Polesine, avvenuta solo 6 anni prima. Decine di migliaia di persone abbandonarono l’Isola di Ariano alluvionata.

La rottura dell’argine più grave avvenne il 21 giugno mattina, presso Cà Vendramin, sulla sponda sinistra del Po di Goro. I diciottomila ettari dell’Isola di Ariano vennero allagati. Oltre trentamila persone, secondo le cronache dell’epoca, dovettero abbandonare le proprie abitazioni. La domanda di tutti fu: perché non si è riusciti a evitare la falla? Erano passati solo 6 anni dalla terribile alluvione nel Polesine, che aveva causato circa cento vittime e decine di migliaia di senza tetto.

In quella fine di giugno 1957 il maltempo imperversò un po’ in tutta Europa, con allagamenti anche a Parigi, in Svizzera, Irlanda e Gran Bretagna. Nel sud Italia invece, proprio mentre il Polesine riviveva il dramma di sei anni prima, il caldo record faceva alcune vittime.


Per approfondire http://www.meteoweb.eu/2016/06/giugno-1957-quellonda-piena-alla-foce-del-po-6-anni-dallalluvione-nel-polesine/708905/#0deyV0lGOoHAZRsL.99