POESIA/ "La pioggia nel pineto" di Gabriele D'annunzio
Chiara Rey
Founder Senior
POESIA/ "La pioggia nel pineto" di Gabriele D'annunzio
2019-10-24 20:56:47
Bellissima questa lirica di D'Annunzio, forse una delle sue più famose, scritta nell'estate del 1902 nella sua residenza in Versilia. Il poeta celebra l'amore per la bellissima Eleonora Duse, da lui frequentata per una decina d'anni, e qui indicata come "Ermione", personaggio della mitologia greca.
LA PIOGGIA NEL PINETO
(Dalla raccolta Alcyone, che fa parte dell’opera più grande delle Laudi)
Taci. Su le soglie del bosco non odo parole che dici umane; ma odo parole più nuove che parlano gocciole e foglie lontane. Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove su le tamerici salmastre ed arse, piove su i pini scagliosi ed irti, piove su i mirti divini, su le ginestre fulgenti di fiori accolti, su i ginepri folti di coccole aulenti, piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggieri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella, su la favola bella che ieri t'illuse, che oggi m'illude, o Ermione.
Odi? La pioggia cade su la solitaria verdura con un crepitío che dura e varia nell'aria secondo le fronde più rade, men rade. Ascolta. Risponde al pianto il canto delle cicale che il pianto australe non impaura, nè il ciel cinerino. E il pino ha un suono, e il mirto altro suono, e il ginepro altro ancóra, stromenti diversi sotto innumerevoli dita. E immersi noi siam nello spirto silvestre, d'arborea vita viventi; e il tuo volto ebro è molle di pioggia come una foglia, e le tue chiome auliscono come le chiare ginestre, o creatura terrestre che hai nome Ermione.
Ascolta, ascolta. L'accordo delle aeree cicale a poco a poco più sordo si fa sotto il pianto che cresce; ma un canto vi si mesce più roco che di laggiù sale, dall'umida ombra remota. Più sordo e più fioco s'allenta, si spegne. Sola una nota ancor trema, si spegne, risorge, trema, si spegne. Non s'ode voce del mare. Or s'ode su tutta la fronda crosciare l'argentea pioggia che monda, il croscio che varia secondo la fronda più folta, men folta. Ascolta. La figlia dell'aria è muta; ma la figlia del limo lontana, la rana, canta nell'ombra più fonda, chi sa dove, chi sa dove! E piove su le tue ciglia, Ermione.
Piove su le tue ciglia nere sìche par tu pianga ma di piacere; non bianca ma quasi fatta virente, par da scorza tu esca. E tutta la vita è in noi fresca aulente, il cuor nel petto è come pesca intatta, tra le pàlpebre gli occhi son come polle tra l'erbe, i denti negli alvéoli son come mandorle acerbe. E andiam di fratta in fratta, or congiunti or disciolti (e il verde vigor rude ci allaccia i mallèoli c'intrica i ginocchi) chi sa dove, chi sa dove! E piove su i nostri vólti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggieri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella, su la favola bella che ieri m'illuse, che oggi t'illude, o Ermione.
L'amore di Gabriele D'Annunzio per Eleonora Duse
Ritenuta la più grande attrice teatrale della Belle Époque, Eleonora Duse è stata un mito del teatro italiano a cavallo tra fine Ottocento e i primi del Novecento. La leggenda narra di un romantico incontro nelle calli di Venezia tra lei e lo scrittore più celebre del tempo, il “poeta vate” Gabriele d’Annunzio. La città lagunare, del resto, è stata la cornice della loro tormentata storia d’amore, quella che lo stesso D’Annunzio ha raccontato nella sua opera Il Fuoco.
Ma D’Annunzio e la Duse si conoscevano già prima che sbocciasse l’amore a Venezia. Si erano incontrati a Roma molti anni prima, probabilmente affascinati e attratti l’uno dall’altra fin dal primo sguardo. Dieci anni dopo il loro primo incontro, nel giugno 1892, D’Annunzio le scrisse una dedica (Alla divina Eleonora Duse) su un esemplare delle sue Elegie romane. La Divina desiderò così conoscerlo.
Nonostante le turbolente difficoltà, trascorsero insieme una decina di anni, anni di passione e rotture, liti e tradimenti, ma anche di reciproca ispirazione artistica. Nel maggio del 1902 furono insieme a Trieste, mentre sempre insieme trascorsero l'estate nella villa La Versiliana. Ed è proprio il litorale della Versilia che fa da sfondo all'incanto amoroso de "La pioggia nel pineto".
Qui la donna amata accompagna il poeta durante una passeggiata estiva in campagna, finché un temporale non li sorprende, lasciandoli soli e intimi nel pineto, sotto l’acqua che cade e che crea un’atmosfera surreale. La donna viene chiamata “Ermione”, un nome che ricorda un personaggio della mitologia greca, sposata e abbandonata da Oreste. D'Annunzio è come Oreste che torna a lei e alla Natura dopo aver dimenticato di contemplare questo mondo incontaminato, perso nella vita caotica e mondana della città. Ermione/Eleonora rappresenta allora non solo una figura reale, ma un concetto, e cioè un amore dimenticato e puro a cui tornare.