Non definirmi: sto cambiando
Non dimenticarti di ridere
Sono giorni, settimane, difficili: mio marito non sta bene e si oppone a qualunque cosa che lo possa aiutare.
Ostinato: è l’unico termine che mi viene in mente in questi giorni. Eppure conosce bene la testardaggine: tra i parenti di mia madre la testardaggine dei Focacci ha un aspetto proverbiale, e io l’ho ereditata tutta.
È grazie alla testardaggine, mia e di mia madre, che sono nata, con una gravidanza non facile. Ed è stata sempre la testardaggine che mi ha permesso di laurearmi e dispetto delle convinzioni di mio padre.
Nel mio coniuge, però, c’è una forma di ostinazione che gli impedisce di seguire ogni indicazione che possa far migliorare la sua salute. In pratica, fa di tutto per stare peggio e ogni mio consiglio, incitazione, commento, gli dà terribilmente fastidio.
Lui si sente malato, più di quello che è in realtà, e ogni cosa che possa smuoverlo da quella che, ormai, è una fissazione, lo disturba.
Rischio di entrare in un grigio mondo, degno di un paesaggio phantasy di distruzione e catastrofe.
E reagisco, a modo mio: Carla, non dimenticarti di ridere!
Mi bastano i cani o i bambini per strada, un video di cuccioli, un pensiero felice.
Metto la mia cocciutaggine al servizio di un istante felice, di una risata, di un sorriso vero. E poco importa se tutto questo è inframmezzato da ansia, timori, tanto sonno e qualche lacrima. Non posso cambiare ciò che accade, soprattutto perché coinvolge un’altra persona. Non posso eliminare la preoccupazione, o le tante emozioni spiacevoli che mi assalgono, ma posso aggiungere qualche sprazzo di gioia, giusto per ricordarmi che esiste.
E questo non può portarmelo via nessuno, niente può cancellarlo totalmente, neanche nei periodi più bui.