Candide C.C.

Arte & Intrattenimento

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I quanti di luce di Patrizia Parravicini (7. 2.2008)

2019-04-12 08:27:35

Nel nitido e limpido fraseggio cromatico della Parravicini, artista schietta e limpida come l’acqua sorgiva, intravedo i quanti di luce nell’urto primordiale del big bang, quando dalla tenebra si sprigionò la luce, gli atomi si aggregarono in materia, e si creò la vita e il pensiero.

Nel nitido e limpido fraseggio cromatico di Patrizia Parravicini, artista schietta e limpida come l’acqua sorgiva, intravedo i quanti di luce nell’urto primordiale del big bang, quando dalla tenebra si sprigionò la luce, gli atomi si aggregarono in materia, e si creò la vita e il pensiero degli esseri coscienti, attraverso i quali l’Universo prende coscienza


E coscienza e consapevolezza sono il pensiero dell’Universo che osserva se stesso attraverso le combinazioni di suoni e colori. Sia nelle sculture che nei dipinti vedo la nostalgia del principio, che forse è solo la consapevolezza dell’unione della materia con lo spirito. “A Patrizia che trasporta la realtà nel sogno, e il sogno nella pittura” (Vittorio Sgarbi) dedico allora questo mio terzo vernissage privato. Perchè le opere di Patrizia Parravicini – che è stata anche cantante e compositrice – esprimono vibrazioni non solo plastiche e di colore, ma anche sonore.


Il fraseggio limpido e nitido della Parravicini, protagonista di questo mio terzo vernissage, mi offre lo spunto per ripercorrere alcune mie osservazioni scritte nell’articolo “Se questa è arte”, pubblicato sul sito del nostro [Circolo della Libertà Orfeo]. 


Le nuove tecnologie applicate all’arte portano alla deriva e alla sparizione della pittura, del disegno, della scultura, dell’incisione. Nella corsa verso l’immagine efficace, spettacolare, attraverso la proiezione, i fasci di luce, l’alta definizione, il digitale, gli effetti ottici computerizzati, troviamo una sorta di interdizione della pittura. Non a caso nelle gallerie d'arte di New York si vedono ormai quasi unicamente videoinstallazioni e fotografie. Il museo globale, otticamente corretto, partecipa a questa divinizzazione della tecnoscienza, che diventa tecnocoscienza dell’artista. L'essere umano, soggetto e oggetto da sempre di ogni autentica ispirazione artistica, scompare oggi per lasciare spazio ad una sua proiezione olografica e digitale, come se al cogito ergo sum cartesiano si sostituisse una sorta di digito ergo sum.  


Se si toglie il riferimento all'essere, alla rappresentazione della natura e dell'uomo, si esce dal campo estetico e si entra in quello di una rappresentazione 'postumana' e tecnologica, o meccanica, che richiama piuttosto il concetto di produzione seriale (di film, di foto, di video). Si getta via l'uomo perché è un prodotto della natura, non essendo ancora un artefatto, e come conclusione scompare l'estetica. Ma di fronte al virtuale o al 'tecnologicamente spettacolare', l’umana e vera arte dovrebbe prendere le distanze, per non consegnarsi alla pubblicità, come ci aveva avvertito Andy Warhol con le sue rappresentazioni seriali. 


Il mercato dell'arte, al pari di quello dei calciatori o delle star del cinema, fa sognare solo ricchezza. Ma se vi sono persone che hanno soldi propri da buttare, vi sono anche altre che hanno soldi pubblici, sempre da buttare: i curatori e i direttori di musei, di biennali, triennali, etc. E con la stessa logica e le stesse conseguenze: nessun contatto con il pubblico, che comunque viene, non importa che ci sia Michelangelo, Picasso o Burri, perché è l'istituzione, la ricorrenza, che contano e attirano. Mentre gli artisti postmoderni sono convinti che la storia sia finita, che l'arte sia finita, ridotta a stereòtipi che si possono soltanto rievocare, noi invece sosteniamo che la vita è ricchissima, fluida, imprevedibile proprio negli eventi più semplici e quotidiani. Patrizia Parravicini lo testimonia – come già lo ha testimoniato Amira - con la sua ispirazione assolutamente umana, e che esige per questo i mezzi tradizionali della pittura e della scultura. 


Grazie Patrizia, le tue opere ci fanno sognare, a cominciare dall’universo e dalle galassie che ruotano, come in un viaggio dall’infinitamente grande verso l’infinitamente piccolo, atterrando su mari infiniti, luminosi paesaggi, figure autentiche, passioni solide e corpi eterei, valori antichi ma eterni di un’umanità vera, di un pianeta che si chiama Terra. Non dimentichiamolo. Perché l’arte figurativa e della rappresentazione della natura non è affatto finita.   


Giovanni Bonomo - Candide C.C., 7 febbraio 2008


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