Avv. Giovanni Bonomo

Amicus Plato, magis amica Veritas.

Avv. Giovanni Bonomo

Amicus Plato, magis amica Veritas.

Intervista di fine anno all'avv. Giovanni Bonomo, new media lawyer, esperto in diritto dell’informazione e dell’informatica.

2019-12-27 16:28:24

Avvocato e consulente di imprese editoriali e televisive (www.bonomonline.it), consulente in diritto dell'informazione e dell'informatica, promotore culturale (www.candide.it, www.divinidiversi.it), pubblicista e saggista, attivo sulle tematiche ambientali e di social economy.

      Avvocato Bonomo, lei scrive spesso, anche su questa rivista [n.d.r. IlSole24Ore-Diritto24], del continuo sviluppo della tecnologia digitale e dell’evoluzione di Internet, che niente sarà più come prima, potrebbe spiegarci meglio?

 

     Si tratta dell’evoluzione di Internet e dei servizi diffusi, che già coinvolgono dispositivi, persone, processi e dati. Per questo parlo di Internet of Everything, parafrasando la più nota espressione di Internet of Things. Voglio dire che Internet sta diventando un sistema operativo sociale ad accesso universale e tendenzialmente wireless. Come tale richiede una regolamentazione che assicuri una qualità di servizio garantita a tutti tramite le più efficienti risorse frequenziali. E la priorità deve essere non solo la velocità della trasmissione dei dati, ma anche la permanenza, la pervasività e la sicurezza. In futuro il sistema Internet cederà il passo alle nuove piattaforme digitali di condivisione per la già iniziata interazione tra infrastrutture tecnologiche e Intelligenza Artificiale.

 

      Lei ha promosso convegni e scritto sul tema dei media audiovisivi e della evoluzione della radiodiffusione circolare nella televisione digitale terrestre e satellitare. Qual è ora la situazione della teleradioffusione con gli sviluppi della tecnologia digitale? 

 

       Ormai si parla, quale esito del processo di convergenza di telecomunicazioni, informatica e media, di unificazione dei servizi. Lo sviluppo delle reti di telecomunicazioni in fibra ottica e della tecnologia digitale hanno consentito il superamento della tecnologia di radiodiffusione circolare e un notevole incremento dei canali televisivi. Non essendoci più un gestore di un servizio pubblico televisivo e radiofonico, tutti gli operatori del settore svolgono un servizio di interesse generale assicurato da quote di informazione giornalistica nei programmi di intrattenimento. Decisive della nascita e dello sviluppo della cosiddetta New economy incentrata sull’ICT Internet Communication Technology sono state poi le tre grandi rivoluzioni tecnologiche degli anni successivi al 2000, quali gli smartphone, la Rete con il Web 3.0 e i sistemi GPS Global Positioning System.  Le infrastrutture di telecomunicazioni sono diventate una risorsa strategica in ogni parte del mondo. Da noi è stato decisivo il passaggio storico, nei settori delle telecomunicazioni, dell’informazione e dell’informatica, dalle forme di monopolio statale alla privatizzazione e alla successiva liberalizzazione.   

 

     Lei parla di unificazione dei servizi, può spiegarci meglio? 

 

      Si sta procedendo verso una sostanziale unità funzionale dei servizi, che induce a ripensare lo stesso concetto di medium audiovisivo nell’affrontare gli aspetti regolatori dell’integrazione tra TV digitale, Internet e reti radiomobili. Dall’intrattenimento all’informazione, fino all’automazione dei servizi, stiamo entrando in un futuro ancora inesplorato, ma già iniziato, basato sulle nuove risorse frequenziali del 5G, sulle nuove infrastrutture tecnologiche DLT Distributed Ledger Technology, sulle nuove interazioni e transazioni veloci consentite dagli smart contracts. Tutto ciò prelude ad una nuova civiltà fondata sulla condivisione del sapere. Mi spiego meglio. Con le applicazioni non monetarie della blockchain e con le applicazioni dell’Intelligenza Artificiale, si sta realizzando un completo ecosistema digitale dove la disintermediazione e decentralizzazione di ogni servizio consentono una sicurezza maggiore dei flussi di dati rispetto a quella offerta dai sistemi tradizionali basati su gestioni centralizzate. La DLT Distributed Ledger Technology, che si traduce in “tecnologia di registro distribuito”, in particolare, ha caratteristiche uniche di non duplicabilità, incorruttibilità, immutabilità e trasparenza di un registro, appunto, distribuito o decentrato: in esso tutti sono partecipi degli scambi, della cronologia, degli aggiornamenti di ogni transazione, ciascuno con la propria copia digitale dello stesso registro.

       La tutela della proprietà intellettuale e la lotta alla contraffazione possono essere rinforzate da tale tecnologia?

 

     Proprio la blockchain e la TLD, nell’attuale scenario di diffusione globale di prodotti e servizi, consentirà quel rafforzamento dei controlli – senza sostituirsi inizialmente a quelli già in essere ma potenziandoli – dato dalla marcatura temporale dei prodotti, monitorando in modo sicuro ogni cambiamento di stato che ogni tipo di merce potrebbe subire. Il processo criptografico di tracciamento tramite l’impronta digitale del file e la marcatura temporale consentono di certificare le titolarità, i passaggi e le relative date di un determinato prodotto, documento o transazione. La tecnologia DLT viene già utilizzata per tracciare i prodotti all’interno della filiera agroalimentare e dei medicinali, ma potrà operare a breve anche contro la contraffazione di prodotti tecnologici, di beni di lusso e di ogni altra merce. In un futuro nemmeno lontano vi sarà un’unica infrastruttura intelligente collegata al prodotto fisico registrato sulla blockchain, che consentirà l’immediata verifica della sua autenticità tramite l’invio di informazioni ai titolari dei diritti di proprietà industriale o intellettuale non appena fosse rilevato un tentativo di contraffazione.

 

     Avvocato Bonomo, Lei, oltre ad essere promotore culturale con il suo Candide C.C., è titolare di vari blog tra cui Ultime-Notizie.net con il quale aggiorna la cittadinanza sulle novità della Rete e del Digital Marketing

 

      La fermo subito, per non esorbitare dall’ambito di quest’intervista, ma Le confermo che coltivo in me una missione: informare ed aiutare a comprendere la rivoluzione digitale che siamo vivendo, la quale, con le recenti applicazioni non monetarie della blockchain, è paragonabile a quella avvenuta con la stessa Internet negli anni 90 del secolo scorso. Siamo solo agli inizi di una nuova era di informazione globale e di maggior consapevolezza per l’umanità in tutti i campi del sapere.

 

      Potrebbe spiegarci meglio che cosa intende con maggior consapevolezza?

 

      Di questa rivoluzione tecnologica basata sulla condivisione e sulla disintermediazione, sulla sicurezza e trasparenza delle transazioni grazie alla DLT Distributed Ledger Technology siamo tutti spettatori, ma ne dobbiamo essere anche consapevolmente partecipi. Inizia infatti una nuova era nel modo di vivere e di lavorare grazie ai nuovi modelli di organizzazione produttiva fondati su automazione e interconnettività. Il segreto del successo di talune nuove imprese è l’aver cavalcato l’onda, al momento giusto, di tali nuovi modelli di economia condivisa o sharing economy, l’aver compreso che condividere è il verbo del futuro già iniziato, che contraddistingue i primi decenni del Terzo Millennio. Voglio dire che l’economia collaborativa è un concetto rivoluzionario che solo oggi, grazie ai progressi della tecnologia digitale, all’utilizzo della blockchain e dell’Intelligenza Artificiale, può pienamente realizzarsi. Quando parlo, nei miei articoli, di rendite passive ed entrate automatiche, intendo proprio questo, potendo tutti noi ora utilizzare il nostro talento e le nostre personali ablità per ottenere tali rendite aiutando nel contempo gli altri a migliorare la qualità della vita. Tutto questo in modo trasparente, affidabile, meritocratico e produttivo. Pensiamo alla tecnologia WebRTC, ad esempio, che consente di comunicare privatamente in videochiamata criptata, garantendo la privatezza delle comunicazioni e mettendo in contatto live le persone tramite videocall ad alta definizione, pensiamo ai nuovi modelli di crowdfunding sempre più diffusi, pensiamo alle ICO Initial Coin Offering delle nuove imprese e alle nuove forme di partecipazione agli utili consentite a tutti tramite con investimenti minimi consentiti dai token.  

 

      Vorrebbe spiegarci meglio che cosa sono le ICO e i token

 

      Nell’attuale vuoto legislativo, la recente apertura da parte della Consob verso tale fenomeno fa ben sperare in una prossima regolamentazione, condivisa a livello europeo, delle offerte iniziali di crypto-assets, dette anche ICOs Initial Coin Offerings. Alla base dell’auspicata regolamentazione è proprio la tecnologia blockchain, che ha già ottenuto un primo riconoscimento normativo con il “Decreto Semplificazioni” d.l. 14.12.2018 n. 135 convertito in legge 11. 2.2019 n. 12 nella definizione di “Tecnologie basate su registri distribuiti” (art. 8-ter) dopo aver definito le “Piattaforme digitali” (art. 8).

      La pubblica consultazione Consob del 19 marzo 2019 è sfociata nella puntuazione dei temi principali affrontati poi in un apposito convegno il 21 maggio all’Università Bocconi di Milano. Lo stimolo verso tale pubblica consultazione, in vista di una precisa regolamentazione, è avvenuto a causa degli episodi di abuso, che hanno avuto il picco nell’anno 2017, per il mancato rispetto delle prescrizioni TUF Testo Unico Finanziario ad iniziare dalla omessa pubblicazione di un prospetto informativo approvato dalla Consob a tutela degli investitori, con la conseguente ondata di provvedimenti di sospensione cautelare e di divieto, tra la fine del 2018 e i primi mesi del 2019, di svariate offerte iniziali di crypro-assets.

        La Consob ha ritenuto in sostanza che i token, corrispondenti alle tradizionali partecipazioni azionarie, emessi nelle ICOs e oggetto dei provvedimenti di sospensione e divieto, fossero da considerarsi quali “prodotti finanziari”, categoria che comprende (ex art. 1 comma 1 lett. u) del TUF) sia le figure tipizzate degli “strumenti finanziari” sia “ogni altra forma di investimento di natura finanziaria”.

      Nel mio articolo sulla tecnofinanza ho accennato alla Direttiva MiFID  Markets in financial instruments directive (2004/39/EC) e alle problematiche connesse all’applicazione della disciplina sui servizi finanziari ai crypto-assets nell’ottica di migliorare la protezione dei consumatori. Anche l’ESMA European Securities and Markets Authority ha pubblicato il 9 gennaio 2019 un advice chiedendo alla Commissione europea di chiarire i vari dubbi interpretativi, al fine di modificare la definizione degli “strumenti finanziari” con lo scopo di renderla idonea a ricomprendere le nuove categorie di crypto-assets.

      In sostanza resta da stabilire se sia meglio ricomprendere i crypto-assets in categorie già esistenti di prodotti e strumenti finanziari oppure creare – come sembra essere orientata la nostra Consob – una nuova categoria, alla quale applicare una normativa di favore e meno rigida rispetto a quella prevista dal TUF.

       Nel frattempo la situazione all’estero ha visto la Francia, il Regno Unito, Malta, la Germania, la Svizzera il Liechtestein come le nazioni più propositive in materia di regolamentazione. In particolare, Malta ha già una propria normativa organica, avendo già un’apposita autorità garante indipendente   (Malta Digital Innovation Authority) e avendo definito anche gli “utility tokens” come strumenti a sé stanti al di fuori della regolamentazione del mercato finanziario; la Svizzera ha già un progetto di legge e linee guida ufficiali sulla disciplina delle criptovalute già approvato dal Consiglio Federale; la Germania ha già autorizzato l’emissione dei security token tramite il lancio di una Security Token Offering STO mentre è in corso la discussione parlamentare su una normativa organica.

       Questo almeno per restare in ambito europeo. L’iniziativa della Germania sta portando l’attenzione ad un numero crescente di investitori sulle STOs, proprio perché, essendo ancorate ad una normativa certa, offrono maggiori garanzie rispetto alle ICOs. 

       Senza addentrarmi nel documento Consob possiamo già cogliere l’esigenza di una definizione più puntuale di “cripto-attività”, in modo da distinguere in essa i token di investimento, assimilati ai prodotti finanziari, e i token non finanziari.

 

      Secondo lei questa “tokenizzazione dell’economia” sarà un passo decisivo della sharing economy?

 

        Penso proprio di sì. Consideriamo che l’anno 2019 è stato quello della resa dei conti e della messa in sicurezza delle transazioni con le STO Security Token Offers: si esce dal sistema chiuso della piattaforma che attribuisce un valore inventato ai propri token per attribuire a questi un valore effettivo, pubblico e di mercato, in risposta alle tante istanze di investitori interessati ad un reale ROI Return on Investment grazie all’aumento di valore dei token.

      Ecco allora la trasformazione di un utility token in security token, titolo reale assoggettato alle leggi e ai regolamenti che regolano i prodotti finanziari. Le nuove imprese, che escono con una ICO per finanziare un progetto, dichiareranno ora i loro token come titoli, uniformandosi alla normativa statale di riferimento. Questo prelude ad un’economia interamente “tokenizzata” con una corsa delle new companies a rendere sicuri e trasparenti i propri titoli, rintracciabili sulla blockchain con un valore, pur soggetto alle fluttuazioni di mercato, almeno inizialmente certo.

      L’investitore potrà leggere il white paper relativo al progetto e valutare ogni aspetto della STO. Le offerte di token di sicurezza non sostituiranno subito le offerte ICO. Molte nuove imprese usciranno ancora con una ICO per ottenere finanziamenti, magari sotto diverso acronimo, ma il fenomeno scemerà fino a cedere totalmente il passo agli STO, i quali possono essere trattati sotto forma di frazioni, anche infinitesimali, di proprietà di un bene per poter essere commercializzati su di un global security token exchange.

      Consideriamo poi che un token è, essenzialmente, un insieme di informazioni digitali che, all’interno di una blockchain, conferisce un diritto di privativa ad un soggetto. Che cosa collega il bene esistente nella realtà con il bene esistente nel virtuale e registrato in tale registro decentrato e condiviso?  Lo smart contract.  Il neologismo “tokenizzare” significa proprio generare un token e collegarlo a un bene mediante questo tipo di contratto intelligente.

      Essendo “tokenizzabile” praticamente qualsiasi cosa, dai beni ai servizi, la rivoluzione toccherà non solo l’economia ma anche i servizi pubblici e civili: ogni cosa avrà una sua registrazione in apposite piattaforme digitali, più sicure di qualsiasi registro notarile, e avrà un proprio valore, pubblico e di mercato, per ogni tipo di scambio e servizio. Sarà il primo passo verso quell’Internet of Everything che avevo previsto nei miei articoli e verso quel “salto oltre la specie” che, grazie all’interconnettività tra cose, dati e persone e all’interazione con l’Intelligenza Artificiale, compirà l’umanità.

 

Avv. Giovanni Bonomo – Diritto 24

@ Intervista a cura di Claudio Bonato @

Fonte: https://www.diritto24.ilsole24ore.com/art/avvocatoAffari/intervistaAvvocato/2020-01-15/diritto24-intervista-giovanni-bonomo-avvocato-esperto-diritto-informazione-e-informatica-managing-partner-dipartimento-diritto-d-autore-assistenza-legale-premium-154248.php