Nel rapporto con l’animale, che non può relazionarsi a noi se non in una forma asimmetrica (noi possiamo scegliere di prestargli attenzione oppure no, lui no: l’animale è istinto) si apre un mondo, quello dell’opportunità di rendere migliori le cose, di trasformare l'esistente e di renderlo, se possibile, un po’ più leggero.
Era la cagnetta che mi faceva compagnia da bambino. Abbiamo ospitato vari cani in famiglia, quando ero piccolo. Gatti mai, ma sempre abbiamo tenuto uno o più cani. Laika era una cocker spaniel dal pelo lucido e lungo, tenerissima. Ricordo che dormivo, io bambino di credo 8 anni, abbracciato con lei vicino al caminetto, disteso per terra. E’ morta per aver mangiato dei bocconi avvelenati. Ricordo l’ultima volta in cui l’ho vista, mi hanno portato i miei genitori presso la clinica per animali dove era stata ricoverata. Ricordo che ce la portarono perché volevo vederla, ma senza neppure un saluto si allontanò da noi, la coda abbassata tra le gambe, trascinandosi con le zampe anteriori. Mi colse un dolore grandissimo. Tenni il suo “ritratto” in foto come un santino davanti al letto per anni. Due anni dopo, quando fuori a cena con amici uno di questi mi ricordò di Laika parlando del più e del meno, mi ritornò in petto il dolore e scoppiai a piangere nuovamente.
I gatti spesso arrivano non si sa da dove. Non ricordo il nome che avevo dato a quel piccolo essere, presentatosi improvviso dentro all’ufficio del ristorante ai Molini, che all’epoca gestivo. Ma ricordo perfettamente il sentimento. I Molini erano un ristorante e pizzeria, con molti posti e un grande parcheggio. Il gattino mi aveva scelto: ogni giorno lo trovavo in ufficio, ogni giorno veniva ad offrirmi la sua attenzione e presenza, una carezza sulle gambe mentre scrivevo un preventivo, un vibrare di fusa mentre gli riempivo la ciotola di cibo. Accadde un giorno che non torno più a trovarmi. Lo trovai nel parcheggio, disteso sui sassi, la sua innocenza “rappresa nella morte e nel vento”. Da quel momento molte lacrime, moltissima tenerezza. E una poesia, questa.
Leo era un gattino magico, ora è nel cuore, per sempre. Uno spirito libero, dispettoso, creativo. È certamente abitato da qualche Essere Superiore quando, con la coda vibrante, si presenta nella casa mia e di Alessia, che avevamo dovuto sopportare in quel tempo un passaggio di vita molto difficile, chiedendo la nostra attenzione. Gliela abbiamo donata, con tutto il cuore. Ricordo i giochi con la cagnetta Birba, del vicino, entrambi piccoli, in mezzo ai tavoli del ristorante, spesso ripresi dal cellulare dei clienti nostri ospiti. Ricordo la sua compagnia al mattino, la ritualità del bere e del giro di perlustrazione al risveglio. Ogni mattina. Se n’è andato tra le grida, preso davanti alla casa da due cani scappati da un vicino di casa. Ricordo il sentire profondamente animale di quel momento, le corse, il terrore, il senso crudo e animale di aggressività, paradossalmente innocente: perché è solo natura. Se ne è andato magicamente come era venuto, quasi come se si recitasse un rito.
Oggi io e Alessia sappiamo di avere nel mondo dello Spirito un nume tutelare, in più. L’immagine in copertina è tratta da un bellissimo quadro di Leo, che una cara amica (Laura Vanelli) ha voluto donarci.
Tutti questi animali sono un solo animale, credo, con noi. Una sola Anima del mondo. Una sola vita. Quella che ci accorgeremo un giorno di aver vissuto, tutti assieme, animali e uomini, indossando nei nostri giorni passati perle splendenti di bellezza.