Alfonso Cataldi

Sul ruolo del poeta nel 21° secolo

2019-02-18 15:39:23

Quando ho conosciuto l'editore Ipazia Books e gli ho proposto il mio progetto "Ci vuole un occhio lucido", mi ha posto quattro domande fondamentali, che dovrebbe porsi chiunque aspiri a scrivere ancora poesia nel 21° secolo.

1) Cos’è la Poesia per Alfonso Cataldi? Qual è il suo ruolo in una società così “veloce” come quella contemporanea?


La Poesia è la mia condizione esistenziale, è urgenza, pensiero costante: attraversa le 24 ore della mia giornata, perché poi diventa anche ossessione che sconfina nel notturno. E’ consapevolezza irrinunciabile, che, per quanto ci si sforzi, attraverso le parole non sia possibile giungere a nessuna verità. Abitare il mondo in modo poetico, vuol dire perdersi e ritrovarsi continuamente, accogliere le parole su una lama sottile, illusoria. Ciò che ha sedimentato dentro di noi nel tempo, può essere solamente evocato, attraverso riflessi, e suoni. Vivendo in modo frenetico, lasciamo dietro di noi detriti sparsi, frammenti, simili alla spazzatura che vaga nell’atmosfera terrestre, che sono allo stesso tempo unità di verità e di contraddittorietà, ed è compito del poeta fare una cernita, rimetterli insieme, ricostruire con il linguaggio l’accaduto.

2) Quando hai scritto la tua prima poesia? Perché?

Ho scritto la prima “forma-poesia” nel 1996. Prima di allora scrivevo pensieri più o meno diaristici. Il mio primo lavoro mi concedeva del tempo libero e una connessione internet per quei tempi molto performante. Scoprii i newsgroup della rete Usenet, in particolare il gruppo it.arti.poesia. Lì c’era un gran fermento, una grande dialettica, si sperimentava, si rompevano regole precostituite, ho scoperto la bellezza del suono delle parole, che in modo autonomo, veicola conoscenza. Si scriveva poesia che non avevo mai letto e che mi fulminò. Volevo assolutamente farne parte.

3) Cosa vuole raccontare il progetto “Ci vuole un occhio lucido” sia a livello intimistico che sotto macroprospettiva storica e sociale?


La silloge “Ci vuole un occhio lucido” copre un arco abbastanza ampio, circa quindici anni, di mia attività poetica. Per forza di cose, non può essere omogena. Ho dovuto selezionare molto, e non sono sicuro di averlo fatto al meglio. La domanda è molto pertinente. Le tre sezioni pongono lo sguardo rispettivamente sull’uomo, sulla società che lo circonda, e sul poeta stesso. Ma gli guardi sfumano inevitabilmente uno nell’altro. Ne esce un quadro di desolazione, una figura umana problematica, conflittuale, piena di dubbi e paure, che si aggira tra le rovine di una società in pieno appannamento storico. Dubbi e paure che partono dal nucleo familiare, e dal quale necessariamente bisogna ripartire, cercando la scintilla che faccia ritrovare la direzione per l’equilibrio. E’ una raccolta che si affida alle immagini, molteplici, e al ritmo, che spesso, da musicale, si spezza, collassa, ed entra in crisi.

4) Come immagini il lavoro del “Poeta” che sarà, dell’Alfonso Cataldi poeta così come di un Poeta ideale e futuristico? La Poesia sarà in grado di sopravviverci, di salvarci, o morirà con noi? È già morta?

La poesia sta benissimo, e continuerà a vivere. La domanda ricorrente che leggiamo oggi sul suo stato di salute, dipende al contrario da una critica poetica morta e sepolta, che non sa più discernere, dare indicazioni. Ogni tanto viene pubblicata un’antologia di poesia contemporanea con un nucleo di poeti che nessuno sa in base a quale criterio siano stati selezionati. La poesia che oggi ha preso piena coscienza del mondo reale, gode di ottima salute. E’ la poesia che sa interpretare, e riprodurre esteticamente, la società “veloce” di cui si chiede conto al primo punto, una società frammentata, straniata e post ideologica, che non ha più una verità da descrivere. Il poeta, di oggi e di domani, deve allora lasciare che la realtà “accada”, “emerga" tra le parole, tra le fenditure in cui si annida, renderla visibile, come continuamente succede in fisica, per le particelle subatomiche, che ci dicono essere sempre più piccole. Frantumare le immagini del reale, quindi, destrutturarle, per evidenziare diacronie e tensioni interiori. Il Poeta di oggi e di domani, ha il compito della ricerca, della curiosità intellettuale, deve abbandonare gli stilemi del 900, una certa tradizione lirica (mi riferisco soprattutto a quella italiana), per intenderci, non più sufficiente, con le sue parole “pesanti”, a rappresentare la contemporaneità caleidoscopica sempre in cerca di una nuova rappresentazione, per la quale è necessaria una forma-poesia multi temporale e multi spaziale, fatta di parole di sabbia. Tutto questo è faticoso, lo provo sulla mia pelle, che provo a cambiare: scrivo molte parole, e molte parole le butto, perché c’è sempre il pericolo di appoggiarsi a stampelle comode.