Alex Tolloi

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Per chi suona il buco nero. Quel "rintocco" gravitazionale che ci svela l'identikit dei mostri cosmici

2019-09-16 17:46:28

Raffigurazione artistica dello scontro e fusione fra buchi neri, al termine del quale si forma un nuovo buco nero che si assesta emettendo onde gravitazionali (fase di ringdown)

Due nuovi studi fanno luce sulle onde gravitazionali emesse dai buchi neri, confermando le previsioni della relatività generale e aiutandoci a misurare le proprietà di questi misteriosi corpi celesti

QUANDO un buco nero inizia a vibrare, possiamo "sentirlo" anche a miliardi di anni luce di distanza. Non percepiamo naturalmente alcun suono, ma possiamo captare le onde gravitazionali prodotte da quei mostri cosmici e tracciarne l'identikit. Lo sostiene un gruppo di ricerca americano, che in un nuovo lavoro ha studiato le onde gravitazionali prodotte in seguito alla fusione di due buchi neri. Gli scienziati si sono concentrati sul buco nero risultante dalla fusione, che vibra per alcuni istanti emettendo un pacchetto di onde gravitazionali. Studiando questa "coda" di onde gravitazionali è possibile ricostruire le proprietà del buco nero, come massa e velocità di rotazione. I ricercatori hanno sviluppato un metodo, descritto su un articolo in pubblicazione su Physical Review X, che consente di evidenziare i diversi modi di oscillazione di questi buchi neri neonati. Questa tecnica di analisi è stata poi applicata al primo segnale di onde gravitazionali, captato il 14 settembre 2015 dai rivelatori gemelli del progetto Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory (LIGO) negli Stati Uniti. I risultati dello studio, descritti su Physical Review Letters, mettono in evidenza i modi di oscillazione del nuovo buco nero, suggerendo un'ulteriore conferma della teoria della relatività e del teorema dell'essenzialità, fondamentali per descrivere le proprietà di questi misteriosi oggetti.

Campane nello spazio

In base ai dati in nostro possesso, gli scontri fra i buchi neri sono le principali sorgenti di onde gravitazionali. Queste onde, previste da Einstein oltre un secolo fa, sono state osservate per la prima volta il 14 settembre 2015 dai rivelatori LIGO e da allora hanno cambiato il nostro modo di studiare il cosmo. Queste perturbazioni nel tessuto dello spaziotempo si propagano alla velocità della luce e che hanno infatti origine da fenomeni violenti ancora in parte sconosciuti, come lo scontro e fusione fra buchi neri.