Alessia Lenoci

Founder Junior

Maggio degli alberi - 3. IL NOCE

2020-05-03 17:17:57

Oggi il protagonista è un altro albero a me molto caro. Ha rappresentato per me un tempio, un amico, un confidente, un vero e proprio maestro (proprio quello che vedete in foto!). Si tratta del NOCE.

L'albero di noce proviene dal continente asiatico e , in modo particolare, dalle pendici dell'Himalaya: si tratta di una pianta che è stata diffusa in modo particolare per via dei suoi frutti eduli, sopratutto nei tempi antichi.

L'albero di noce può vantare una diffusione in tutto il mondo e, ovviamente, è presente anche sulla penisola italiana: in Italia la coltura della noce da frutto, però, può contare una rilevanza di un certo tipo solamente all'interno della regione Campania.

Il noce è una pianta che si può coltivare anche per sfruttare questo albero per la produzione di legno, anche se ovviamente le colture da frutto sono più diffuse. Tra le principali caratteristiche del noce troviamo, senza ombra di dubbio, quella di essere un albero decisamente vigoroso, oltre al fatto di poter contare un valido e solido tronco, caratterizzato da un portamento maestoso.


Il noce, nonostante sia una pianta comunque in grado di svilupparsi all'interno di ambienti anche differenti tra loro, cresce nel migliore dei modi in media collina, che risulta situata in una posizione di riparo rispetto ai venti.

Si tratta di una pianta, ad ogni modo, che proprio per la sua grande resistenza ad ogni tipo di evento climatico, riesce anche a svilupparsi all'interno di zone caratterizzate da un clima tipicamente freddo. Ad ogni modo, la pianta del noce predilige tutte quelle zone che sono caratterizzate da un clima mite e non eccessivamente umido.


Piantare un noce, mai due

Dal Medioevo fino alla seconda guerra mondiale il noce segnalava la presenza di una casa, nelle campagne di tutta Italia, dove non mancava mai: forniva legna da ardere ma anche legname per mobili (veniva piantato d’abitudine tutte le volte che nasceva una figlia: tagliandolo al momento del matrimonio e vendendone il legno, se ne ricavava la dote per la ragazza); regalava una refrigerante ombra estiva, e donava i frutti; infine, con i gusci vuoti si accendeva il fuoco nel focolare.

L’albero era di norma uno solo: chi provava a piantarne un secondo nelle vicinanze, rimaneva presto deluso, perché il nuovo arrivato si seccava miseramente entro pochissimi anni dall’impianto, invariabilmente. Lo avevano notato già i Romani, che infatti non tenevano in grande considerazione l’imponente ma inutilmente solitaria pianta: le noci erano ritenute responsabili del colera e si davano ai maiali oppure si gettavano come fossero riso sugli sposi, per abituarli al fastidio delle nuove responsabilità assunte con il matrimonio. 



Noce, un albero allelopatico

Nel mondo vegetale, infatti, è relativamente frequente la capacità, da parte di alcune specie, di produrre sostanze in grado di inibire lo sviluppo di altre piante. Lo scopo è evidente: tenersi tutte per sé le sostanze nutritive, godere di maggiore spazio, di più ossigeno e della migliore illuminazione.

Questo fenomeno, chiamato "allelopatia", è determinato dalla produzione a livello radicale di sostanze metaboliche (le rizotossine) che risultano velenose per piante della stessa o di altre specie, inibendo la germinazione dei semi o intossicando le radici di esemplari già grandicelli che vengano trapiantati nella zona limitrofa. L’azione è efficace in un raggio variabile dai 40 cm delle piante erbacee fino ai 20 m nel caso degli alberi come, appunto, il noce.