Alessia Lenoci

Founder Junior

Il Maggio degli alberi - 26. IL GELSO

2020-05-26 17:10:02

Oggi omaggiamo un albero che sta fruttificando proprio in questi giorni, deliziandoci di dolcezza.

Pianta arborea dotata di notevole rusticità, che ben si adatta a condizioni pedoclimatiche assai varie; il Gelso è proveniente dall’Asia e presente in Italia da secoli, dove si è diffuso in passato per l’impiego tradizionale delle sue foglie come alimento del baco da seta.


Appartenente alla famiglia botanica delle Moraceae, dal latino mora = ritardo, per il tardivo risveglio primaverile rispetto agli altri alberi coltivati, quest’albero in base al colore dei suoi frutti è classificato in due specie: Morus alba Gelso bianco, Morus nigra Gelso nero.

Sembra sia stato il Gelso nero (Morus nigra) il primo ad essere adattato e coltivato per i suoi frutti, non solo a fini alimentari ma anche per scopi medicinali dai Greci e dai Romani (Bertelli Bargamaschi, 1994).

Il Gelso è un albero con chioma abbondante ed allargata, alto fino a 15 m.

Le sue foglie sono ovate e prive di lobi o cuoriformi e seghettate, con apice acuto; il colore è di un verde brillante e generalmente la forma è irregolare ed asimmetrica, per cui una metà non si sovrappone all’altra.

I rami sono di colore grigio-chiaro e, quando spezzati emettono un lattice biancastro.

I fiori maschili e quelli femminile si trovano sulla medesima pianta. Le infiorescenze maschili a forma di amento compaiono con le foglie; quelle femminili in agosto, dopo la fecondazione, maturano e subiscono una trasformazione, divengono carnose e costituiscono una infruttescenza simile alla mora, nella quale si trovano gli acheni.

Dai frutti si ricava uno sciroppo ad azione leggermente astringente (sciroppo di more) usato in farmacia, che è anche un ottimo collutorio in caso di mal di denti e di gengive infiammate. I frutti si sono dimostrati anche una buona fonte di tocoferoli e carotenoidi (altre molecole dotate di attività antiossidante). Diversi studi indicano che le antocianine contenute abbiano effetti benefici sulla salute, esplicando un’azione di protezione sull’endotelio vascolare, riducendo il rischio di disturbi cardiovascolari e infarto.

Le foglie, assunte sotto forma di infuso, sono efficaci contro il diabete; dotate di proprietà diuretiche, sono indicate per combattere mal di gola e tosse. Il decotto di foglie essiccate e bollite in aceto si presta a sciacqui contro il mal di denti. Rutina e quercetina, i principali componenti delle foglie, tengono sotto controllo i livelli dei grassi nel sangue.

La corteccia della radice essiccata del Gelso nero è considerata purgante e tenifuga, mentre quella del Gelso bianco è reputata lassativa e le foglie ipotensive e diuretiche.

Le foglie del Gelso bianco sono destinate all’alimentazione del baco da seta. Una ricerca commissionata dalla FAO (Benavides, 1995) ha però valutato il loro impiego anche come foraggio per altri animali (suini, bovini, ovini, animali da cortile) dal momento che si tratta di un cibo ben digeribile e appetibile, ma soprattutto sano e nutriente.


LEGGENDA DEL GELSO

Per i Greci il gelso era la pianta consacrata al dio Pan, ricca di simbologia, intelligenza e passione ed è proprio ai suoi piedi che si consuma il dramma d’amore di Tisbe e Piramo, come racconta Ovidio nelle sue “Metamorfosi”. I due giovani babilonesi, innamorati pazzamente, vennero rinchiusi in cantina dalle rispettive famiglie, contrarie al loro amore.

Una lieve fessura, però, permetteva loro di comunicare e così concordarono di attrarre i loro guardiani in una trappola, per poi fuggire e ritrovarsi nel bosco dove c’erano una fonte e un albero di gelso. La prima a darsi alla fuga fu Tisbe ma, mentre era nei paraggi della fonte, vide una leonessa con la bocca sporca di sangue che, evidentemente, aveva appena divorato una preda.

Spaventata, scappò via ma, nella corsa, perse lo scialle che l’avvolgeva. La fiera, visto l’indumento, prima di allontanarsi, si avventò su di esso lacerandolo e imporporandolo. Subito dopo giunse Piramo che, non vedendo la sua amata ma ciò che restava del suo scialle, pensò che Tisbe fosse stata uccisa. Preso dalla disperazione, estratto lentamente dal fodero il suo pugnale, si tolse la vita.

Mentre il giovane esalava l’ultimo respiro, ritornò Tisbe che, affranta e incredula, stringendosi al seno il suo amore e baciandolo prima di prendere il medesimo pugnale, si trafisse. Si dice che il sangue di Piramo, irrorando il terreno, nutrì il gelso il cui frutto, da quel giorno,  da bianco divenne nero.



Plinio il vecchio definiva il gelso: “Sapientissima arborum“, il più saggio tra gli alberi, perché con pazienza attende che siano scongiurate anche le gelate più tardive per emettere il fogliame. Sempre lo scrittore latino ne aveva appreso le proprietà e consigliava di mangiarne i frutti mescolati a miele, zafferano e mirra contro il mal di gola e i disturbi di stomaco.

Dioscoride, botanico e farmacologo greco, lo riteneva, anche, ottimo rimedio officinale contro ulcere e catarro. Il Gelso bianco, nome scientifico “Morus alba“, proviene dall’Estremo Oriente e fu Marco Polo a scoprirlo nel suo viaggio in Cina verso la fine del 1200; ma solo intorno al 1400 si diffuse in tutta Europa.  Negli statuti comunali del 1300 venne imposta la piantagione di “Morus alba” a tutti i proprietari terrieri e decretate gravi sanzioni a chi ne danneggiava le piante; il Gelso neroMorus nigra, invece, non mancava nei chiostri medioevali in cui veniva utilizzato dai frati o per la produzione di un vino detto “Vinum moratum” o per intensificare il colore del vino rosso.

Denominato impropriamente “mora”, in realtà è un sorosio, un falso frutto costituito da tante piccole sfere raggruppate e, a loro volta, formate dal frutto vero ricoperto da una polpa bianco-rosata commestibile. Amante del sole, sopporta sia il gelo che la siccità e una delle sue culle privilegiate è la nostra Sicilia. Oggi le ricerche scientifiche hanno confermato che le sue foglie, per i principi attivi che contengono, sono in grado di riequilibrare il metabolismo.

Chiudiamo con una riflessione: i muri di separazione sono sempre forieri di tragedie, così come gli impedimenti alla libertà. Historia, in questo caso Legènda, magistra vitae.