Alessia Lenoci

Founder Junior

Il Maggio degli Alberi - 25. IL CARRUBO

2020-05-25 17:31:49

Oggi è il giorno dedicato ad un albero possente che sembra essere sempre più raro, eppure tipico del nostro territorio, il Carrubo.

L’albero di carrubo è una pianta da frutto sempreverde tipica del Sud Italia, della Sicilia e Sardegna. Importato dai fenici più di 3000 anni fa, in queste zone la pianta ha trovato l’ambiente arido e assolato che le serve per svilupparsi al meglio.
Viene utilizzato come specie ornamentale ma, specie nei terreni vocati, anche per scopi alimentari


Il carrubo (Ceratonia siliqua) è un albero sempreverde, imponente e longevo, tipico del clima mediterraneo.
Se alcuni esemplari presentano fusti di notevoli dimensioni con altezze che superano i 10 m di altezza, altri si sviluppano orizzontalmente a comporre formazioni cespugliose fuori dal comune.

  • In Italia vive spontaneo in ambienti miti, tendenzialmente aridi, in cui la temperatura non si avvicina mai allo zero, neppure in inverno.
  • Specie estremamente rustica, presenta un apparato radicale fitto e profondo, capace di recuperare acqua dagli strati meno esplorati del suolo, permettendole così di sopravvivere senza difficoltà anche in caso di siccità prolungata.

L’unico aspetto che potrebbe compromettere la salute dell’albero di carrubo è, come per la maggior parte dei vegetali, l’eccessiva presenza di acqua nel terreno, ecco perché bisogna assicurargli sempre un suolo ben drenato e profondo.
Il carrubo è coltivato anche come ornamentale, specie in ambienti meno vocati: in queste condizioni climatiche la pianta si sviluppa più lentamente ma senza particolari difficoltà. Di sicuro a queste latitudini non produrrà carrube, aspetto che in ambito ornamentale torna utile, dato che limiterà i lavori di pulizia causati dai frutti caduti a terra.


I FRUTTI

Le carrube sono frutti che l’essere umano ha sempre utilizzato per scopi alimentari propri o dei suoi animali, tanto che gli alberi di carrubo vennero importati dai Fenici in territorio italiano più di 3000 anni fa.

Se ne consuma il baccello essiccato, stando molto attenti a evitare di mordere i durissimi semi contenuti al suo interno. Al palato, la carrube hanno un sapore piacevolmente dolce e sono molti quelli che lo associano all’aroma di cacao.
In cucina la carruba viene utilizzata, dopo esser stata tritata, come surrogato del cacao, come sostituto del cioccolato nel caso le si aggiunga burro e in alcuni casi utilizzata pure nella preparazione di tisane simili al caffè.
La polvere ottenuta dalla sola polpa dei semi, invece, è uno dei migliori addensanti naturali che si possano trovare in circolazione, ve ne basterà veramente pochissima (circa lo 0,5% sul peso totale della preparazione) per rendere più consistenti le minestre, le zuppe, i budini, le creme e il gelato.
Dotate di elevate quantità di zuccheri naturali e fibre, le carrube sono invece prive di glutine e di sostanze attive (come ad esempio la caffeina), rappresentano quindi un’ottima alternativa nelle diete di chi soffre di celiachia o chi deve negarsi questi particolari nutrienti. Al contempo è un’ottima fonte di ferro e calcio, come pure presenta discrete quantità di vitamine del gruppo B, vitamina A, magnesio e potassio.





STORIA E MITOLOGIA

Si usa dire che il carrubo non invecchi con il passare dei secoli poichè diventa sempre più frondoso, robusto e imponente. Lo sviluppo di questo albero avviene in cinque periodi: improduttivo fino a dieci anni; di formazione fino a venti anni; d'incremento fino a trent’anni; di maturità da trenta ad oltre cento anni producendo ben 200 chili di frutti e ancora a duecento anni è considerato giovane e produce fino a trenta quintali di frutti; di vecchiaia o decadenza oltre i quattro secoli.
Col passare dei secoli in realtà il carrubo non invecchia, diventa più robusto, gigantesco, più chiomato, più possente e fruttificante. La pianta del carrubo può raggiungere anche i cinque secoli di vita e i quindici metri di altezza con la sua chioma sempreverde.  


In tempi antichi la carruba veniva affissa alle estremità delle fruste per meglio flagellare schiavi e delinquenti .

Solo dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente si provò a mangiarla e fu presto apprezzata come snack da viaggio, nonostante il suo consumo smodato provocasse fatali emorragie interne.
Su questo maestoso albero sono nate una serie di leggende e credenze popolari, si affermava che sotto le fronde dei carrubi si potevano trovare le abitazioni di fate e di streghe. Secondo un’antica leggenda greca il carrubo (Ceratonia siliqua) nacque dal corno di un toro che venne colpito da un fulmine. Tale leggenda ha lasciato il segno appunto nel nome Keronia, dalla contaminazione dei nomi greci keras (corno) e keraunós (fulmine).

Nel suo Vangelo, Luca si riferisce alle carrube quando nella “parabola del figliol prodigo” cita i “baccelli” che vengono dati ai maiali, che il giovane è incaricato di accudire, e con i quali avrebbe voluto riempire la sua pancia vuota.
Il carrubo è conosciuto anche come “il Pane di San Giovanni”, poiché, dice la leggenda, che Battista si nutriva nel deserto anche del frutto di questo albero.


Nella seconda metà del ‘700 interessanti notizie sulla coltura del carrubo in Sicilia vengono fornite dall'abate Sestini, il quale elenca tra le zone di maggiore produzione i territori di Modica, Ragusa, Scicli, Comiso, Noto e Avola. A quel tempo, la produzione siciliana di carrube era valutata in 60 mila quintali l'anno. Di questa enorme produzione, circa 40 mila quintali venivano esportati, mentre il resto era utilizzato come alimento per il bestiame e per la povera gente, oltre che per usi medicinali.

La produzione dei carrubeti nel ragusano e nel siracusano sono ancora attive e alcune industrie trasformano il mesocarpo del carrubo in semilavorati, utilizzati nell'industria dolciaria e alimentare. La provincia di Ragusa copre circa il 70% della produzione nazionale. Attualmente la coltivazione del carrubo è diffusa nella Spagna meridionale e nelle Baleari, nel Portogallo, nelle coste settentrionali dell'Africa (Algeria, Tunisia, Marocco), nella Palestina, nel Libano e in Italia, dove crescono carrubeti in Liguria, Lazio, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e soprattutto in Sicilia, che resta la regione italiana più ricca di carrubi.

Nel comune di Gallipoli tra gli oliveti della masseria Pacciana vive uno dei più antichi esemplari di carrubo d’Italia, certamente tra i più grandi ancora presenti nel Mediterraneo. Come riportano gli autori del libro “Gli alberi monumentali del Salento” questo patriarca arboreo può datare più di 500 anni; con poco meno di 14 metri di circonferenza alla base; nodoso e scavato, dalla chioma ormai sempre più rada presiede, austero ed imponente, un’area dove altre presenze arboree, frutto di vecchi rimboschimenti, rendono l’ambiente di grande interesse e carico di suggestioni.

Oggi gli alberi di carrube sono in serio pericolo a causa sia delle alterazioni subite dall'equilibrio ecologico che a causa della sua lentezza nella crescita; pertanto va protetto e tutelato.