Alessandro Rebuscini

"Est modus in rebus".

ARTI MARZIALI E DANZA: due mondi (SOLO) apparentemente distanti tra loro.

2020-12-28 16:44:00

Breve approfondimento sul rapporto tra le danze tipiche di Okinawa e le arti marziali sviluppatesi sull'isola nel corso dei secoli. 

Ho il piacere di presentarvi l'articolo con il quale ho debuttato nel mondo delle riviste sportive. 
L'articolo che segue è infatti stato pubblicato, in due parti sulla rivista SAMURAI, nota agli appassionati di arti marziali. 
La rivista nata nel 1976 pubblica un'uscita mensile ha raggiunto le 50.000 copie.
Clicca QUI per collegarti al sito ufficiale.
Con grande entusiasmo ed orgoglio ho deciso di pubblicare anche in questa sede questo lavoro perché credo che la condivisione di informazioni di valore sia oggi più che mai necessaria.
Dividerò anche in questa sede l'articolo in due parti in modo da non risultare troppo impegnativo.
In questa prima parte troverete le considerazioni sui punti in comune tra queste due discipline.
Mentre nella seconda parte troverete un approfondimento sulla danza tipica dell'isola di Okinawa.
Buona lettura...

Cari lettori, oggi voglio usufruire, per introdurre il tema del quale ho deciso di parlarvi, di un video che sicuramente mi aiuterà ad addentrarmi in quella che è senza dubbio una questione abbastanza delicata e soprattutto parecchio complicata da esporre, in quanto non ci sono fonti storiche che possono testimoniare con assoluta certezza che le arti marziali e la danza di Okinawa si siano aiutate vicendevolmente a sopravvivere nel corso del tempo.

Vero anche, è il fatto che grazie a tanti studiosi e praticanti possiamo dire che ci sono sicuramente delle indiscutibili affinità tra queste diverse arti.

Il video è un breve trailer di un documentario intitolato "Warriors of Budo" che è possibile acquistare sul sito ufficiale del produttore: http://emptymindfilms.com. Nel breve trailer la protagonista, Taeko Ebata, praticante di danza okinawense, di kobudo e anche di karate illustra brevemente alcuni movimenti svolti nella danza che in realtà nascondono un significato applicabile al combattimento. Questo ci permette di avventurarci nella difficile ricerca dei fili che tengono legate danza ed arti marziali.


Ecco il video: (fonte YouTube)


Questo video ci ha brevemente dimostrato come un praticante di danza e di arti marziali okinawensi sia in grado di riconoscere  quali componenti esse hanno in comune.


Ho avuto modo di vedere dal vivo una dimostrazione di alcune delle diverse forme di danza tipiche dell'isola giapponese davanti al castello di Shuri.

Oltre ad avermi affascinato per l'apparente facilità di esecuzione che in realtà, nasconde un lungo studio ed un costante allenamento, sono rimasto molto colpito dall'osservare come alcuni movimenti mi ricordavano delle posizioni e delle tecniche presenti nei kata sia del karate, sia del kobudo.

Grazie alla macchina fotografica con la quale sono riuscito ad immortalare alcuni di questi movimenti, posso ora condividere con voi alcune considerazioni.


Prima considerazione: Fluttuazione

Ukiashi in lingua giapponese è un termine utilizzato per descrivere una posizione che prevede l'utilizzo della punta del piede, ma che ha anche altri significati in base al contesto in cui la parola viene utilizzata.

Nel nostro caso, visto che stiamo parlando di arti marziali, questo termine indica proprio una posizione nella quale uno dei due piedi non viene radicato a terra rimanendo appunto sollevato con solamente il calcagno e le dita del piede a contatto con il suolo.

A livello marziale questa posizione è stata molto criticata da alcuni grandi artisti marziali, e non posso non citarne due:

  • il primo a porre l'attenzione su questa posizione considerandola "da evitare" nel combattimento fu Miyamoto Musahi che in Giappone è considerato il miglior spadaccino della storia del Sol Levante. Nel suo famoso "Libro dei cinque anelli" il soldato e scrittore giapponese, nato nel 1584 e morto nel 1645, inserisce questa posizione insieme ad altre due in quelle che possibilmente sarebbe meglio non utilizzare per non rischiare di perdere un combattimento;
  • il secondo artista marziale che ha fortemente criticato questa posizione è stato Choki Motobu, 1870-1944, importante figura nel mondo del karate che attribuiva alla posizione in ukiashi un difetto per lui troppo importante, ovvero quello di non garantire stabilità. Per lui quindi chi la utilizzava aveva scarso equilibrio e sarebbe stato facilmente abbattuto. 

Ovviamente dopo aver letto queste valutazioni da parte di due uomini famosi per le loro abilità in combattimento, sorge spontaneo pensare che effettivamente questa posizione sia effettivamente da non utilizzare.

Eppure ci sono esempi nei quali l'ukiashi ha in realtà dei punti di forza che possono rivelarsi invece utili durante un combattimento. Per quanto riguarda il karate fu soprattutto Anko Itosu, 1830-1915, ad utilizzare questa posizione che oggi è facile ritrovare nelle scuole di Shorin Ryu soprattutto quelle derivate dagli insegnamenti di Choshin Chibana, 1885-1969.

La posizione con il piede fluttuante ha in realtà diversi punti di forza tra i quali spiccano quello di permettere maggiore mobilità al corpo e quello di consentire un raggio di difesa ed attacco più ampio.

Ho trovato interessante sul libro "La potenza segreta del karate di Okinawa" di Kiyoshi Arakaki (dal quale ho scannerizzato anche la foto del maestro Chibana) la parte che parla della fluttuazione come il principio più importante per i lottatori di Sumo. Questo dimostra come questa posizione non sia del tutto sbagliata e controproducente. 

Osservando danzare quelle graziose figure sul palco davanti all'ingresso dell' antico palazzo del Re di Okinawa notai subito che questa posizione veniva utilizzata di frequente soprattutto prima di alcuni cambi di direzione che richiedevano uno spazio ristretto di movimento e che rendevano necessario un cambio di bilanciamento del peso sulle gambe. La gamba che prima poggiava con solo le punte dei piedi subito dopo diventava quella che reggeva la maggior parte del peso corporeo. Questo è sicuramente un pregio di questa posizione ed è un principio molto utile se usato in combattimento.

Ecco che danza ed arti marziali si incontrano


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Seconda considerazione: Scivolamento

Suriashi è un termine giapponese che indica un particolare modo di camminare. Nel libro "Karate-Do il mio stile di vita" di Gichin Funakoshi, l'autore nonché padre del karate moderno, nomina "questa sorta di passo scivolato"  (testuali parole) definendola come un'abitudine in voga durante gli anni della sua giovinezza ma che egli utilizzò anche in età avanzata.

Questa camminata è ancora oggi utilizzata nelle danze giapponesi e nelle forme teatrali tra cui spiccano la Noh per quanto riguarda il Giappone continentale e la Kumiodori tipica invece dell'isola di Okinawa. Questo modo di muoversi richiede molto allenamento, ed è caratterizzato da passi molto corti che prevedono un minimo se non nullo sollevamento del tallone in modo da far scivolare il piede parallelamente al suolo.

Per riuscirci più facilmente è consigliabile inclinare di poco il corpo in avanti e piegare leggermente le ginocchia in modo da permettere alle caviglie di muoversi nella maniera sopra citata. Cosa accomuna questo modo di camminare all'arte marziale? 

Chi pratica o ha praticato karate o kobudo sicuramente ha più volte sentito dire dal proprio maestro che negli spostamenti bisogna cercare di mantenere l'altezza del corpo sulla stessa linea evitando "sali e scendi" che modificano il baricentro e allo stesso tempo ci dovrebbe essere stato insegnato che il modo di avanzare ed indietreggiare o di muoversi in qualsiasi direzione in queste arti marziali dev'essere caratterizzato dallo scivolamento da un punto all'altro passo dopo passo evitando di sollevare troppo i piedi dal pavimento rischiando di perdere il contatto con esso e diventare in questo modo vulnerabili.

Il suriashi è sicuramente una caratteristica che accomuna la danza alle arti marziali okinawensi e giapponesi ed una pratica corretta di questa antica camminata può sicuramente migliorare l'efficacia del karate, del kobudo e di qualsiasi altra arte marziale.


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Terza considerazione: Stabilità 

Kosadachi è una posizione che possiamo trovare sia nel karate che nel kobudo ed è contraddistinta dall' "incrocio delle gambe" andando a ricordare una "X".

Una delle due gambe supporta la maggior parte del peso corporeo mentre l'altra rimane più libera di muoversi anche se aiuta a creare stabilità fornendo supporto alla prima.

Questa è una posizione di "transito" nel senso che difficilmente la si può utilizzare rimanendo statici. Possiamo dire che è indicata quando ci si trova in un contesto dinamico.

Nelle arti marziali lo studio, la pratica e l'utilizzo di questa posizione ha un importante obiettivo: quello di creare una struttura solida da utilizzare in un contesto movimentato, dove è necessario cambiare posizione e direzione in modo rapido (es. più di un avversario da cui difendersi).

Prendendo come esempio la tecnica eseguita nella foto del Maestro Chibana, che corrisponde al primo movimento che si esegue nel kata Itosu No Passai, da un punto di vista applicativo in quel preciso istante, immortalato, l'importanza della stabilità della struttura (corpo) è fondamentale per resistere ad un attacco, ma proprio grazie al fatto che la maggior parte del peso è sostenuto da una gamba è possibile utilizzare l'altra per effettuare uno spostamento del corpo (tai sabaki) con una buona velocità.

Osservando la danza okinawense mi sono accorto in più di un'occasione del frequente utilizzo di questa posizione e quasi sempre questa veniva assunta proprio prima di un cambio di direzione. Come dimostrato nella foto dove la danzatrice assume questa posizione, anche l'utilizzo delle armi (in questo caso un "eku" ovvero il remo tipico dell'isola) prevede lo stesso utilizzo del corpo e quindi le stesse posizioni che si possono trovare quando vi sono le sole mani nude e questo mi apre la porta per un'ultima considerazione.

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Quarta considerazione: Armi

Gli attrezzi utilizzati nelle mansioni quotidiane dalla popolazione dell'isola hanno un valore molto importante nella danza locale in quanto essi sono il simbolo di alcuni tra i lavori umili rappresentati dai danzatori e dalle danzatrici.

Nel caso della foto, da me scattata, che potete vedere appena sopra, è mostrato uno dei lavori più comuni sull'isola: il pescatore. Come possiamo vedere una delle due donne ha in mano un remo mentre l'altra (anche se nascosto in parte dal palo) tiene tra le mani un cesto in cui presumibilmente venivano messi i pesci pescati. 

Alcuni attrezzi di utilizzo quotidiano vennero trasformati, da chi ne aveva la competenza, in armi che potevano essere letali in combattimento.

Come ben sappiamo ad Okinawa vi furono diversi divieti di possesso ed utilizzo di armi quindi i cittadini che possedevano conoscenze marziali, in quanto ex nobili o guerrieri, trovandosi disarmati dovettero elaborare ed applicare i principi delle armi tradizionali a semplici attrezzi che potevano facilmente reperire e che spesso risultavano essere indispensabili per la vita di tutti i giorni. 

Osservando l'utilizzo del remo durante l'esibizione di danza ho notato alcuni movimenti molto simili ad alcune tecniche usate dai praticanti di kobudo mentre padroneggiano quest'arma molto particolare. 

Sicuramente il rappresentare l'utilizzo di alcuni di questi attrezzi, che nelle mani giuste potevano essere delle letali armi, utilizzando movimenti più lenti, tipici della danza, può nasconderne la pericolosità mantenendone vivi però i principi marziali. 

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Non sono in possesso di abbastanza informazioni e non conosco la danza di Okinawa abbastanza bene per poter con certezza dire che le riflessioni che mi sono permesso di fare siano accurate e in piena sintonia con quella che è la realtà, però sono abbastanza sicuro che le somiglianze che ho notato esistere tra danza ed arti marziali nate su quell'isola sono abbastanza evidenti.

Basandomi inoltre su alcuni studi fatti da esperti che sono riusciti a trovare delle connessioni tra queste due realtà posso dire che sicuramente karate, kobudo e danza hanno delle radici in comune e probabilmente tutte e tre esistono e si sono mantenute nel tempo grazie alle altre.

Fine parte 1

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GRAZIE!

Buona vita...


by Alessandro Rebuscini