"L'arte della guerra", di Tzu Sun - Recensione

Ci sono dei libri che hanno la potenza di cambiare i nostri atteggiamenti e veramente aprirci la mente e cambiare la nostra vita. L'Arte della Guerra è uno di questi. Con ogni probabilità è il più antico manuale strategico della storia. 

I consigli al suo interno si devono a Sun Tzu, un leggendario stratega e filosofo dell'Antica Cina, probabilmente vissuto fra il VI e il V secolo a.C. L'opera di Sun Tzu è un insieme di insegnamenti che furono inizialmente tramandati oralmente e poi trascritti su astucci di bambù legati fra loro, che vennero poi ritrovati. 

E' un breve libro di circa 100 pagine. Ha una prefazione che consiglio di non saltare perché contiene una interessante introduzione e contestualizzazione dell'opera, scritta da Mauro Conti, che è anche colui che ha curato la traduzione, e in cui si trovano anche delle precisazioni filologiche. La traduzione infatti è stata fatta sulla base del lavoro dell'inglese Samuel Griffith, del '63. 

La prefazione permette di inquadrare l'autore, il periodo storico e il personaggio di Sun Tzu, che ha avuto un significativo impatto sulla storia cinese e asiatica, sia come autore dell’Arte della guerra che come figura mitizzata (c'è ad esempio un famoso aneddoto che viene riportato nell'Introduzione). 

Nei secoli più recenti questo libro ha ottenuto molta popolarità nella cultura occidentale trovando utilizzo in vari ambiti.

Infatti per "guerra" non si intende solo quella vera e propria, fatta da eserciti, come era all'epoca dell’autore, quando per un sovrano aveva vitale importanza; perché padroneggiarne bene l'Arte e i principi era una questione di sopravvivenza o meno per lo Stato. Con "guerra" possiamo intendere anche le nostre battaglie quotidiane, quelle che anche l’uomo più pacifico si ritrova a dover combattere durante la vita. Può essere una eccellente metafora per molte fasi della nostra vita, fatta di vittorie, conquiste, sconfitte e strategie. E così come la "guerra" anche un "nemico" può essere visto in senso metaforico. 

Credo sia uno di quei libri che debbano essere letti e riletti, anche in momenti diversi della propria vita, in modo da assorbire e rendere propri i concetti contenuti, che possono essere applicati in qualsiasi situazione, dal lavoro alla vita personale.
Trovo sorprendente come un testo scritto più di 2000 anni fa possa ancora oggi offrire spunti e suggerimenti così attuali per la vita di tutti i giorni.

L'opera si divide in capitoli e di fatto è un elenco di punti, di consigli e perle di saggezza, i quali potrebbero anche sembrare a volte ripetitivi, che il comandante deve seguire in battaglia per vincere nel modo migliore e più rapido possibile, e con la minor spesa possibile. Possibilmente senza lottare. Celeberrima è la frase, presa proprio da questo testo, "la miglior battaglia è quella che vinciamo senza combattere". 

Le guerre devono essere rapide, perché il logorio che consegue da conflitti troppo prolungati fa male a tutti. I punti elencati sono di estrema razionalità, pragmatici in modo machiavellico, lo stile è essenziale, le considerazioni sono lapalissiane, ma anche molto profonde, e derivano da una grande conoscenza dell'animo umano. L’abile generale deve essere rapido, lanciando attacchi devastanti proprio laddove il nemico è più vulnerabile, ma deve anche essere paziente e saper restare fermo trincerandosi e attendendo il momento più propizio per colpire. 

Sun Tzu dice che “Se conosci il nemico e te stesso di sicuro vincerai”, e che "il modo migliore per essere certi di vincere una guerra è assicurarsi la vittoria ancora prima di iniziare a combattere", e questo è probabilmente il principio fondante dell’Arte della guerra. 

A ciò il generale (o l'uomo) arriva (nella guerra o nella vita) studiando i punti di forza e di debolezza dell’avversario, ma anche conoscendo profondamente i propri punti di forza e i propri limiti, conoscendo il "campo di battaglia" e i suoi alleati, avendo fiducia nelle proprie potenzialità, e sorprendendo continuamente il "nemico". Vitale è il controllo delle informazioni, perché è grazie a queste che viene scritto il destino della battaglia, ancor prima di iniziarla. 

Non c'è una strategia valida in ogni occasione; il generale deve attaccare e difendere al momento giusto, analizzando la situazione in ogni momento e cambiando strategia quando necessario, deve essere come l'acqua, adattandosi, essendo imprendibile e devastante quando scatena tutta la sua energia. 

Fondamentale è la conoscenza: del proprio nemico, di se stessi, del campo di battaglia e del "cielo", ovvero gli eventi mutevoli nel tempo che possono avere ripercussioni sulle decisioni. Se ci si getta nella mischia senza sapere a cosa si va incontro si è perduti. Quando si sa di non poter vincere, è meglio evitare lo scontro e attendere un momento migliore.

Infatti la conclusione a cui si arriva è una delle cose più interessanti e spiazzanti, specie per la natura stessa dell'opera, e cioè quella anticipata sopra con la famosa citazione; non esiste vittoria migliore di quella che lascia il nemico intatto. 

Molti grandi strateghi di ogni tempo si sono ispirati a quest'opera, ad esempio i vietcong in Vietnam, come anche i creatori di manuali militari. Ma si può leggere e applicare, come detto, al di fuori del mondo militare in vari ambiti, comprendendo meglio le relazioni e il modo di vedere se stessi. 

Ne consiglio la lettura, anche più volte. 

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