Scuola & Istruzione
UN LUNGO POST PER I NOSTRI STUDENTI.
L'abbandono totale
Una interessantissima intervista a Ramana Maharshi
Una interessantissima intervista a Ramana Maharshi, uno degli yogi più famosi e prestigiosi del secolo scorso. La proponiamo a chiunque stia percorrendo un sentiero spirituale nel seno di qualsiasi religione. I concetti espressi dal grande yogi esprimono verità universali, a prescindere dalle fedi e credenze individuali. Maharshi parla di Dio. Bisogna cogliere il suo pensiero con una mente aperta, leggendo oltre le righe. Agli studenti e insegnanti di Alice consigliamo di ... prendere una piccola pillola di saggezza al giorno: un approccio graduale all' insegnamento del grande mistico non dualista. Ogni giorno, una domanda.
Ecco l' intervista.
D: Che cos'è l'abbandono incondizionato?
R: Se ci si abbandona non ci sarà nessuno a porre domande o a essere pensato. O i pensieri vengono eliminati aggrappandosi al pensiero radice “io”, oppure ci si abbandona senza condizioni al potere supremo. Questi sono i due soli modi per raggiungere la realizzazione.
D: L'abbandono totale o completo non richiede che non rimanga neppure il desiderio della liberazione o di Dio?
R: Il completo abbandono richiede che tu non abbia un tuo proprio desiderio. Devi essere soddisfatto di qualunque cosa Dio ti dà e ciò significa non avere desideri propri.
D: Ora che sono soddisfatto su questo punto, desidero sapere attraverso quali passi posso raggiungere l'abbandono.
R: Ci sono due modi. Uno è cercare la sorgente dell'”io” e fondersi in quella sorgente. L'altro è sentire: “Io sono impotente, Dio solo è onnipotente e non ho altra via di salvezza se non affidarmi completamente a Lui”. Attraverso questo metodo si sviluppa gradualmente la convinzione che Dio solo esiste e che l'ego non conta nulla. Entrambi i metodi conducono alla stessa meta. Il completo abbandono è un altro nome di 'jnana' o liberazione.
D: Trovo che il metodo dell'abbandono sia più facile. Ho intenzione di adottare questo sentiero.
R: Attraverso qualunque sentiero tu proceda, dovrai perderti nell'Uno. L'abbandono è completo quando raggiungi lo stadio “Tu sei tutto” e “Sia fatta la Tua volontà”. Lo stato non è differente da 'jnana'. In 'soham' (l'affermazione “io sono lui”) c'è 'dvaita' (dualismo). Nell'abbandono c'è 'advaita' (non dualismo). Nella realtà non ci sono né 'dvaita' né 'advaita', ma ciò che è. L'abbandono sembra facile perché le persone immaginano che, una volta che dicono con le labbra “Mi abbandono” e pongono i loro fardelli sul loro Signore, esse possono essere libere e fare ciò che desiderano. Ma il fatto è che non puoi avere attrazioni e repulsioni dopo il tuo abbandono; la tua volontà dovrebbe diventare assolutamente inesistente, venendo sostituita dalla volontà del Signore. La morte dell'ego in questo modo procura uno stato che non è diverso da 'jnana'. Così, attraverso qualunque sentiero tu possa procedere, devi arrivare a 'jnana' o unità.
D: Qual è il modo migliore per uccidere l'ego?
R: Il modo migliore è quello che a ogni persona sembra più facile o che l'attira di più. Tutte le vie sono ugualmente buone, dato che conducono alla stessa meta, che è la fusione dell'ego nel Sé. Ciò che il 'bhakta' (devoto) chiama abbandono, dall'uomo che pratica 'vichara' viene chiamato 'jnana'. Entrambi stanno soltanto cercando di ricondurre l'ego alla sorgente da cui è sorto e di farvelo immergere.
D: La grazia non può affrettare questa capacità in un cercatore?
R: Lascia questo a Dio e abbandonati senza riserva. Una delle due cose deve essere fatta. O ti abbandoni perché ammetti la tua incapacità e chiedi che un potere più alto ti aiuti, oppure indaga la causa della miseria andando alla sorgente e immergendoti nel Sé. In entrambi i modi sarai libero dalla miseria. Dio non abbandona mai chi si è abbandonato.
D: Attraverso il costante desiderio di abbandonarmi spero che venga sperimentato un aumento della grazia.
R: Abbandonati una volta per tutte e falla finita col desiderio. Finché si trattiene il senso di essere colui che agisce, ci sarà desiderio. Quello è anche la personalità. Se quello se ne va, il Sé viene scoperto risplendere puro. La schiavitù è il senso di essere chi agisce, non le azioni stesse. "Sii calmo e sappi che io sono Dio”. Qui la calma è totale abbandono senza ombra di individualità. La calma prevarrà e non ci sarà agitazione mentale. L'agitazione mentale è la causa del desiderio, del senso di essere chi agisce e della personalità. Se ciò viene arrestato c'è la quiete. Là “conoscere” significa “essere”. Non è conoscenza relativa che implica la triade conoscenza, conoscitore e conosciuto.
D: Può essere d'aiuto il pensiero “Io sono Dio” o “Io sono l'essere supremo”?
R: ”Io sono quello che sono”. “Io sono” è Dio, non il pensare “Io sono Dio”. Realizza l'”Io sono” e non pensare “Io sono”. E' detto: “Sappi che io sono Dio” e non “Pensa che io sono Dio”. Tutti i discorsi sull'abbandono sono come pezzetti di zucchero presi da un'immagine di zucchero del Signore Ganesh per offrirli come 'naivedya' (offerta di cibo) allo stesso Signore Ganesh. Dici di offrire a Dio corpo, anima e possessi. Sono forse tuoi perché tu possa offrirli? Tutt'al più potrai dire solamente: “Finora ho immaginato falsamente che tutte queste cose che sono tue fossero mie. Ora realizzo che sono tue. Non agirò più come fossero mie.” Questa conoscenza secondo cui non c'è altro se non Dio o il Sé, che “io” e “mio” non esistono e che esiste solo il Sé, è 'jnana'. Perciò non c'è differenza tra 'bhakti' e 'jnana'. 'Bhakti' è 'jnana mata' o la madre di 'jnana'.
D: Da uomini mondani quali siamo, proviamo una forma o l'altra di angoscia e non sappiamo come uscirne. Preghiamo Dio e tuttavia non siamo soddisfatti. Come possiamo fare?
R: Confidare in Dio.
D: Ci abbandoniamo, tuttavia non c'è aiuto.
R: Sì. Se vi siete abbandonati, dovete essere in grado di conformarvi al volere di Dio e non lagnarvi di ciò che può non piacervi. Le cose possono risultare diverse da come possono sembrare in apparenza. Il dolore spesso conduce gli uomini alla fede in Dio.
D: Ma noi siamo uomini mondani. C'è la moglie, ci sono i figli, parenti e amici. Non possiamo ignorare la loro esistenza e affidarci al volere divino senza trattenere un po' della nostra personalità.
R: Ciò significa che non vi siete abbandonati come avete dichiarato. Dovete solo confidare in Dio. Abbandonatevi a Lui e conformatevi alla Sua volontà, sia che Egli appaia o svanisca. Aspettate il Suo piacere. Se gli chiedete di fare come piace a voi, non è abbandonarsi a Lui, ma un dare ordini. Non potete averlo ai vostri ordini e tuttavia pensate di esservi abbandonati. Egli sa ciò che è meglio, quando e come farlo. Lasciate ogni cosa interamente a Lui. Il fardello è Suo, voi non avete più alcuna preoccupazione. Tutti i vostri pesi sono Suoi. Tale è l'abbandono. Questa è la 'bhakti'. Oppure, scoprite 'a chi' sorgono queste domande. Tuffatevi profondamente nel Cuore e rimanetevi come il Sé. Una di queste vie è aperta per l'aspirante.
D: L'abbandono è impossibile.
R: Sì. Il completo abbandono all'inizio è impossibile. L'abbandono parziale è certamente possibile per tutti. Nel corso del tempo esso porterà al completo abbandono. Ebbene, se l'abbandono è impossibile, cosa si può fare? Non c'è pace di mente. Sei incapace di provocarla. Può essere creata solo con l'abbandono.
D: L'abbandono, di per sé, è sufficiente a permetterci di raggiungere il Sé?
R: E' sufficiente abbandonarsi. L'abbandono è affidarsi completamente alla causa originale del proprio essere. Non illuderti immaginando che tale sorgente sia un Dio fuori di te. La tua sorgente è all'interno di te stesso. Abbandonati a essa. Ciò significa che dovresti cercare la sorgente e fonderti in essa.
(…)
D: Swami, è bene amare Dio, non è così? Allora perché non seguire il sentiero dell'amore?
R: Chi ha detto che non dovresti seguirlo? Puoi farlo. Ma quando parli di amore c'è dualità; non c'è forse la persona che ama e l'entità chiamata Dio che è l'amato?L'individuo non è separato da Dio. Perciò amore significa che si prova amore nei confronti del proprio Sé.
D: Questo è il motivo per cui sto chiedendoti se Dio può essere adorato attraverso il sentiero dell'amore.
R: Questo è esattamente ciò che stavo dicendo. L'amore stesso è l'effettiva forma di Dio. Se dicendo: “Non amo questo, non amo quello” respingi ogni cosa, ciò che rimane è 'swarupa', cioè la reale forma del Sé. Quella è pura beatitudine. Chiamala pure beatitudine, Dio 'atma', o ciò che vuoi. Quella è devozione, quella è realizzazione e quella è ogni cosa. Se in questo modo respingi ogni cosa, ciò che resta è solo il Sé. Quello è amore reale. Chi conosce il segreto di quell'amore trova che il mondo stesso è pieno di amore universale. Solo l'esperienza del non dimenticare la coscienza è lo stato di devozione ('bhakti'), che è la relazione del reale amore imperituro, perché la vera conoscenza del Sé, che risplende come l'indivisa e suprema beatitudine stessa, si erge come la natura dell'amore. Solo se si conosce la verità dell'amore, che è la natura reale del Sé, verrà sciolto l'ingarbugliato nodo della vita. Soltanto se si consegue l'apice dell'amore verrà conseguita la liberazione. Tale è il cuore di tutte le religioni. L'esperienza del Sé è soltanto amore, che consiste nel vedere solo amore, udire solo amore, sentire soltanto amore, gustare soltanto amore e odorare soltanto amore, che è beatitudine.
Sri Ramana Maharshi
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